MARCO PAPA – DIVINA TENEBRA. GIACOMETTA MARRONE D’ALBERTI, CORPO SACRO. MUSEO SAN ROCCO, TRAPANI

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Liborio Palmeri, Direttore del Museo San Rocco: “Marco Papa ha da poco inaugurato al piano terra del Museo San Rocco la sua enorme installazione di carta, un vero labirinto di cellulosa, che rappresenta quella sua “prima pagina” in cui da bambino ha cominciato a disegnare la sua arte e la sua vita.

Questa pagina bianca racconta il complesso rapporto con sua madre attraverso un piccolo ritratto di lei dipinto dall’artista bambino e più volte rotto e ricomposto, e, via via, attraverso altri disegni, oggetti e sculture, che riempiono di stupore per la loro bellezza. In questo modo Marco Papa condivide con il visitatore il suo percorso esistenziale, nel quale c’è tanto dolore, ma anche una luce interiore crescente, che nell’installazione corrisponde alla crescita della grafite nera sulla bianca carta, fino al raggiungimento di un’oscurità totale, dentro cui l’artista presenta al visitatore la scoperta di una luce metafisica che è stata balsamo al suo dolore.

La “composizione ad anello” (ring-composition) dell’installazione trova nel cosiddetto Crocifisso danzante il punto di partenza e di arrivo di questo percorso.

Dunque, mentre Marco Papa squaderna la sua carta in tutto il piano terra del Museo San Rocco, la pianista Giacometta Marrone d’Alberti, da poco rientrata in Sicilia dalla sua patria adottiva, la Germania, sente il bisogno di esprimere se stessa anche nella sua inquietudine, ma i tasti non le bastano, la forma non la soddisfa; e allora si allontana dai tasti e dalla forma. Entra nella cassa armonica del suo pianoforte e senza creare nessun spartito, ma ricorrendo ad un registratore, si scatena in una composizione improvvisata, frenetica, che nasce da un’alba di «suono grave e risonante» e finisce in una «luce crepuscolare e tenue che si spegne lentamente nel pianissimo mormorante di suoni sempre più lontani, inattingibili, lancinanti» (Guido Barbieri).

Anche qui una “composizione ad anello” dentro cui si scatenano sonorità così potenti da riuscire a creare un vuoto dentro cui l’artista trova pienamente se stessa. «Le mie mani danzano per accarezzare, percuotere, strisciare, pizzicare, vibrare, entrando in armonia con il mio corpo sacro», così dice lei stessa, e
questa danza diventa danza cosmica, in cui “corpo sacro” è l’universo intero.

E un giorno il direttore del Museo San Rocco, don Liborio Palmeri, viene invitato ad ascoltare questa musica. Insieme, lui e Giacometta Marrone d’Alberti, decidono di fare ascoltare il pezzo musicale a Marco Papa. Questa è la prima annotazione della sua reazione: «Assonante il brano di Giacometta. Vibrazioni, forze e intenzioni sono all’orizzonte del mio paesaggio. Che lei abbia vissuto esperienze simili alla mia? Il suo “Corpo Sacro” collima con la mia “Divina Tenebra’, accompagnando chi entra a vivere la salvezza e gloria di mia Madre». L’opera di Marco Papa cosi si arricchisce di un nuovo livello sinestetico gradevole al visitatore.”

Rolando Bellini “A piedi nudi nella Divina TENEBRA”

Divina Tenebra, l’installazione al Museo San Rocco di Trapani dell’artista Marco Papa, raccoglie e unisce differenti momenti e opere in un unicum, è la narrazione per figure o forme ora poetica e allusiva, ora cruda e materica, ma pur sempre simbolica, perché artistica, di una ricerca di sé, una sfida con sé stesso, ma per gli altri, una vita d’artista spesa per la comunità degli uomini.

Marco Papa racconta attraverso relazioni significanti tra forme, segni, colori, materie, presenze e assenze, luci e ombre, ma anche parole, una vita artistica concepita come superamento e riscatto della banalità del male. È al tempo stesso un viaggio tra bianco-carta e nero-grafite che svolge una autobiografia e una installazione sospesa tra due mondi intrecciati, quello del proprio vissuto esistenziale e quello del proprio vissuto artistico: facendone l’esperienza puoi scoprire con l’artista la sua stessa arte.

L’artista, non certo per caso, ha invitato e ospita in Divina Tenebra, una composizione realizzata di getto nella cassa armonica del pianoforte da Giacometta Marrone d’Alberti, Corpo Sacro: la musica dialoga con le stazioni della installazione e ne esalta la sequenza spaziotemporale, la somma del passato e del futuro nel presente, le recondite armonie, le distonie, gli scarti stupefacenti, dall’incontro preliminare col Cristo danzante, i polsi, i piedi inchiodati da tre blocchetti di grafite neroargentea che si sono consumati disegnandolo. Segue la lacerazione della carta bianca che dà accesso alla prima stanza luogo onirico, la grafite nero argentea a terra lascia le impronte dei piedi nudi di Marco, frontale un piccolo ritratto a olio (l’unico mai realizzato, età di 9 anni), Rosanna, ritratto della madre, dissotterrato e ricomposto, riconciliazione col padre e con sua mamma, da cui un filo, un tracciato di grafite che procedendo si ispessisce e conquista le pareti-carta guida cove, segnando il bianco col proprio nero: attrae-sorprende Fiorenti Cristalli secchio di sapone + acqua di mare di Trapani, equilibrio fragileforte, dove fioriscono cristalli di sale = “Energia” viva. A fronte L’Infinita Sorgente Perpetua una “Agenda” (2010) – raccoglie il diario di un viaggio, luoghi e città differenti.

Ritratte, i volti delle donne amate il cui comun denominatore era l’instabilità, quella stessa di cui il grovigliosegno filante che le ritrae è figura.

A seguire altra stanza “Il sole su Trapani tra cielo e mare” (2018), ricorda la scultura omaggio al Pensatore di Rodin Sommo Uomo con seduta frontale: sedendoti potrai osservare il golfo che fronteggia Trapani, la scultura, il territorio che la accoglierà definitamente, un luogo di bellezza abbandonato ai vandalismi autolesivi, ma che ha generato, tramite Associazione Uomo sulla Terra, dal 2017, un laboratorio creativo ecologico con le scuole, recuperando detriti plastiche quant’altro. L’intramontabile Tramonto – alias lo stato di sospensione spaziotemporale in cui si ritrova Marco in fase “creativa” – torna a dare rilevanza alla bellezza della natura sicula, questo frammento della magica Trinacria che chiamano Trapani. Allo stesso modo, impone una riflessione sui luoghi-da-abitare per essere: segna il sito che sarà definitiva dimora della scultura.

Nel percorso fronteggia una porta occultata da carta bianca, oltre la quale è una stanza, ma intanto la traccia-guida in grafite neroargentea sta divorando il biancocarta che veste le stanze. Oltre quella porta ci sarà Quello che Faccio e Farò non è Mio stanza segreta-atelier dell’artista: luogo di lavoro, oggetti, strumenti, memorie: dovrebbe’essere attivata durante l’esposizione, liberando la stanza (metafora e metonimia di una realtà urbana e paesaggistica e dunque, un suggerimento: “Contro il degrado”?), ma ancora non è accaduto. Quando accadrà, una mano – l’impronta o calco della mano di una artista con le unghie dipinte con micro-vedute di 5 luoghi di vita vissuta, Seul, New York, Londra, Buenos Aires e Trapani – lacererà la carta per poter entrare con il solo sguardo e assistere Marco al lavoro. Questa mano che tamburella facendo suonare le unghie dipinte con pennini inchiostro da Marco (luoghi romani significativi per lui: Termini, Piramide, Castel Gandolfo, Fori imperiali, via Panisperna) è stata una performance videoregistrata che si tenne presso la galleria Autoricambi, di Matteo Boetti, nel 1999, a Roma: Wher’s love.

Altra presenza abbagliante che evoca a sé la “Meta Gondola” in procinto di viaggio di pace sul Danubio (l’opera avvenimento Pace Meta Gondola Fisica Redentore) è una scultura in fibre di carbonio ripiegata su di sé, appartiene al ciclo Oggetti dipinti, modellati sulle dimensioni dell’uomo, intellettive, fisiche, spirituali. L’incontro-scontro tra delicatezza e ferocia genera due morti dolorose, quella della Tigre e quella del Roller Pigeon, dal sangue di entrambi nascerà – mito moderno, direbbe Roland Barthes – Piccione Tigrato.

L’opera ha comportato un incontro e un contratto con Mike Tyson: simbolico parallelismo e l’avvento di altri lavori già in nuce e prossimi alla pubblicazione, già pubblicati e viventi, immaginati. Ma non si è ancora usciti dal labirinto: altra stanza in gran parte nerovestita, vibrante di grafite neroargentea, ultima opera “incompleta”, dichiara Marco, un assemblage “multilegno” – ispirato dalla “scultura sociale” di Joseph Beuys – composto di scarti di falegnamerie diverse, Essere Opera. L’ultima stanza è “Tenebra”: la salvezza è rivelazione, accade immergendosi nell’oscurità per uscirne rigenerati e in grado di rincontrare il Cristo danzante, le fattezze corporali di Marco Papa.

Marco Papa “Divina Tenebra”

Divina Tenebra accolgo in me, un’umanità scalza e pellegrina. Bianca carta, olii, grafite, sapone, mare, carbonio, bronzo, legno, unghie dipinte di una donna amata graffiano e aprono il varco al raggio “dell’Intramontabile Tramonto”. Le mie prime opere, le mie motivazioni, la mia energia, il mio dolore, la mia visione… Sorge la mia opera, il mio riscatto, la mia etica, la mia eternità in un costante stato precario ma incorruttibile, è On The Verge.

Assonante il brano di Giacometta, vibrazioni, forze e intenzioni, sono all’orizzonte del mio paesaggio, che lei abbia vissuto esperienze simili alla mia? Il suo Corpo Sacro collima la mia Divina Tenebra, accompagnando chi entra, a vivere la salvezza e gloria di mia Madre.

Guido Barberi “Corpo Sacro e Divina Tenebra”

Ciò che unisce il Corpo Sacro di Giacometta Marrone d’Alberti e la Divina Tenebra di Marco Papa è il concetto di origine. E la ricerca comune di una genesi. Nel primo caso la genesi del suono, nell’altro la genesi – tout court – dell’esistenza. L’anabasi sonora di Giacometta principia con una voce primitiva, ctonia, che a fatica sembra liberarsi e prendere forma da un grumo sonoro indistinto e mormorante. La catabasi di Marco (percorso apparentemente opposto, ma in realtà coincidente) ha origine al contrario nel bianco della carta, in un candore apparente assoluto e intoccabile, che si percorre a piedi nudi, ma poi si inabissa alla ricerca dei due grandi archetipi del “principio di vita”: l’epifania della Terra e la rivelazione della Madre.

I percorsi paralleli e contrari delle due opere si muovono dunque nel territorio incerto e vagabondante del sogno, della visione, della ricerca dubitosa di un “fine” che non può concludersi con una “fine”. Corpo Sacro e Divina Tenebra sono infatti strutturate come opere aperte, circolari che non possiedono né un punto di inizio, né un termine ad quem: nel primo caso il veicolo della circolarità è il modus operandi dell’improvvisazione che per sua natura non possiede una direzione determinata e orizzontale, ma segue le vie spiraliformi della composizione istantanea, nel secondo lo strumento è quella della performance, dell’opera che vive solo nell’ hic et nunc del suo incontro con il visitatore/spettatore e che non si cristallizza mai, dunque, in una forma stabile e definita. I due artisti, confondendo e sovrapponendo il suono e l’immagine, gli echi sonori e quelli visivi ed esperienziali si confrontano entrambi, quindi, con le proprie ombre e cercano di trasformare il buio in luce, rappresentando un viaggio interiore verso la rinascita e la liberazione artistica e personale. Nella presenza interiore e nel silenzio, entrambi cercano di accedere alla casa dell’essenza, al vuoto che è la terra dell’anima. Il vuoto, il silenzio, la luce e le tenebre diventano così elementi che si intrecciano per dar vita ad un’esperienza artistica unica e profonda.

Giacometta Marrone d’Alberti, Corpo Sacro, composizione – improvvisazione sonora

Nel mio itinerario artistico il pianoforte non è solo un mezzo, bensì un confine da esplorare e oltrepassare. Corpo Sacro dalla impellente necessità di superare la rigidezza e i limiti della tastiera per esplorare altre vie, altri strumenti che possano risuonare in una dimensione più profonda e autentica: arpe, percussioni, fiati, corde, voci. E così mi immergo nella molteplicità dell’Uno.

Oltre la tastiera del pianoforte, il vuoto si fa scultura dell’anima. Tra i silenzi della dimora dell’essenza, ascolto chiaramente ciò che sono. Le mie mani danzano per accarezzare, percuotere, strisciare, pizzicare, vibrare, entrando in armonia con il mio corpo sacro. Altri strumenti si aggiungono al rito sacro del cosmo, trascendendo spazio e tempo.

Il Corpo Sacro, la dimora dell’essenza cosmica, rappresenta il vuoto assoluto, la mancanza di punti di riferimento. Il vuoto non è il nulla, ma piuttosto la terra dell’anima, il destino che ci attende. Nella quiete interiore, mi immergo dentro di me e cerco di essere il vuoto, di lasciare che l’assenza di parole mi permetta di percepire la profondità dell’essere, la mia anima. E nel silenzio che posso veramente sentire di trovarmi nella dimora dell’essenza e dare forma a ciò che sono.

Giacometta Marrone d’Alberti è una rinomata pianista. Ha conseguito il diploma presso il Conservatorio Vincenzo Bellini di Palermo sotto la guida di Antonio Fortunato ed Eliodoro Sollima. Successivamente ha proseguito i suoi studi con maestri quali Edith Picht Axenfeld e Boris Petrushanskij. In Germania, ha ottenuto la laurea come Pianista Solista, Camerista e Liederista alla Staatliche Hochschule für Musik di Trossingen con il Maestro Wolfgang Wagenhäuser. Il suo talento e la sua dedizione sono stati riconosciuti nel 2000 con il prestigioso Premio Unesco per la Cultura e l’Arte. Ha avuto l’onore di collaborare con artisti di fama internazionale come Maria Joao Pires, Bruno Giuranna, James Creitz, Sadao Harada del Quartetto Tokio, Federico Agostini e Vincenzo Marrone d’Alberti. Le sue esibizioni hanno conquistato importanti palcoscenici in tutto il mondo, da Amici della Musica a BBC Music Magazine, da Bankhaus Lampe KG a Börse Frankfurt aM, da Cambridge Concert Hall al Conservatorio Rimsky-Korsakov. Come direttrice artistica e fondatrice dell’Associazione Musicale Trapani Classica e del Concorso Pianistico Internazionale Domenico Scarlatti, Giacometta promuove giovani talenti emergenti nel campo della musica classica. Attualmente, ricopre il ruolo di Professore Ordinario di Cattedra di Pianoforte presso il Conservatorio Alessandro Scarlatti di Palermo, continuando a diffondere la bellezza e l’arte della musica attraverso la sua maestria e passione pianistica.

Di Michele Giacalone

MICHELE GIACALONE, Ingegnere, appassionato studioso di storia locale e di vela. Ha realizzato numerosi contributi video dedicati all’approfondimento di aspetti inediti della storia di Trapani.