La Capsula del Suicidio Assistito che Divide l’Opinione Pubblica, una nuova frontiera dell’eutanasia legale

Sarco, abbreviazione di “sarcofago”, è una capsula sigillata progettata per il suicidio assistito, ideata dall’imprenditore australiano e attivista per il diritto all’eutanasia Philip Nitschke. Si tratta di una macchina innovativa concepita per offrire un metodo rapido e indolore per porre fine alla propria vita, promuovendo il concetto di “morte con dignità”. La persona entra nella capsula, si sdraia e può avviare autonomamente il processo di morte tramite la sostituzione graduale dell’ossigeno con l’azoto, che porta alla perdita di coscienza e infine alla morte, senza sofferenza.

Dal suo debutto nel 2017, Sarco ha suscitato numerosi dibattiti etici e legali, con particolare attenzione al suicidio assistito e al diritto di decidere autonomamente il proprio momento della morte. Nonostante l’interesse suscitato, Sarco non è ancora stato utilizzato ufficialmente in un contesto pubblico o legale. Tuttavia, nel 2021, la Svizzera ha autorizzato l’uso del dispositivo nel contesto del suicidio assistito, legale nel Paese, anche se non esistono ancora resoconti pubblici del suo utilizzo.

Un caso controverso

Un episodio avvenuto nel Canton Sciaffusa, dove una donna americana di 64 anni, affetta da una grave malattia, ha utilizzato Sarco per porre fine alla propria vita, ha riacceso il dibattito. L’incidente ha portato all’arresto di diverse persone e all’apertura di un’inchiesta da parte delle autorità svizzere. Questo evento ha sollevato nuove domande sul rispetto delle norme in materia di eutanasia in Svizzera, dove la pratica è regolata da leggi molto stringenti.

Il creatore e le implicazioni etiche

Philip Nitschke ha concepito Sarco con l’obiettivo di dare maggiore autonomia a chi sceglie di morire, eliminando la necessità di interventi medici o l’uso di farmaci controllati. L’azoto utilizzato nella capsula induce la morte per ipossia, riducendo drasticamente l’ossigeno nel corpo senza provocare soffocamento, un processo che i sostenitori descrivono come rapido e indolore.

L’avvocato Fiona Stewart, membro del consiglio consultivo di The Last Resort, un’organizzazione svizzera che promuove l’assistenza al suicidio, segue da vicino le questioni legali e etiche legate all’uso di Sarco.

Problemi morali e legali

Sarco solleva numerose questioni etiche e legali. Tra i principali dubbi vi è il rischio che persone vulnerabili, come anziani o malati, possano sentirsi obbligate a scegliere la morte per non essere un peso. Inoltre, la disponibilità di un dispositivo così accessibile potrebbe rendere il suicidio assistito più comune, influenzando la percezione pubblica della gravità di tale scelta.

Dal punto di vista legale, Paesi in cui il suicidio assistito è vietato potrebbero vedere Sarco come un tentativo di aggirare le normative esistenti, con potenziali conseguenze penali per chi ne costruisce o distribuisce il modello. In nazioni come la Svizzera, dove il suicidio assistito è regolamentato, l’utilizzo di Sarco pone ulteriori interrogativi riguardanti la necessità di valutazioni psicologiche e l’autodeterminazione dei pazienti.

Un dibattito ancora aperto

La discussione su Sarco si muove in un terreno delicato, dove il diritto inviolabile alla vita si scontra con quello all’autodeterminazione. Mentre alcune culture e religioni vedono il suicidio come moralmente inaccettabile, altre voci sostengono che ogni individuo dovrebbe avere la possibilità di scegliere come e quando porre fine alla propria esistenza, soprattutto in caso di sofferenza insostenibile. Sarco rappresenta così una nuova sfida per la società, che dovrà confrontarsi con questioni legali, morali e filosofiche complesse, in un dibattito che è tutt’altro che concluso.