Giuseppe Maurizio Piscopo (Favara 1953), maestro elementare, compositore e musicista, ha collaborato con Radio Rai Sicilia e attualmente scrive per diverse testate, tra le quali Ripost, Sicilia On Press e Malgrado tutto, Sicilia Buona. Ha pubblicato, tra gli altri, Musica dai saloni (Casa Museo Palazzolo Acreide, 2008), Merica Merica. Viaggio verso il nuovo mondo, con Salvatore Ferlita e le foto di Angelo Pitrone (Salvatore Sciascia Editore, 2015), Le avventure di Lino Panno (Qanat edizioni 2017), La maestra portava carbone, con Salvatore Ferlita (Torri del vento, 2018), Il vecchio che rubava i bambini (Aulino Editore, 2019), finalista al Premio Racalmare, Raccontare Sciascia con Angelo Campanella ( Navarra Editore 2021), Vitti ‘Na Crozza La storia e la musica dei fratelli Li Causi con Antonio Zarcone (Lilit Books 2021). Nel 2022 dal Liceo Internazionale Umberto di Palermo ha ricevuto il Premio Un maestro è per sempre. La sua ultima pubblicazione del 18 aprile 2023 si intitola La vita è un alfabeto pubblicato da Navarra Editore illustrato da Tiziana Viola- Massa con la prefazione di Salvatore Ferlita. Nel mese di luglio 2024 per i tipi di Navarra Editore ha pubblicato “Ci hanno nascosto Danilo Dolci” nell’anno del centenario del sociologo e scrittore triestino.
In questa intervista lo Scrittore esce allo scoperto facendoci conoscere più da vicino la sua sensibilità e la sua umanità, raccontandoci l’ispirazione e il percorso creativo che lo hanno portato a scrivere “Ci hanno nascosto Danilo Dolci“, un omaggio al pacifista e attivista italiano Danilo Dolci. Attraverso quest’opera Piscopo riesce a trasmettere un messaggio di pace, di tolleranza e di attenzione verso i più deboli, specialmente verso persone con disabilità, spesso trascurate, se non ignorate, dalla società.
Piscopo ci descrive Danilo Dolci come una figura poliedrica, attivista di pace e intellettuale di ampio respiro, il cui contributo, seppur riconosciuto all’estero, è stato trascurato in Italia sottolineando il grande impatto di Dolci su vari ambiti, dalla letteratura all’architettura.
Giuseppe Maurizio Piscopo e Antonio Zarcone – Foto di Angelo Pitrone
Piscopo riflette anche sul ruolo che l’insegnamento e la musica hanno avuto nella sua carriera e nella sua scrittura, ricordando le lezioni apprese durante la sua esperienza di Maestro nelle scuole di Palermo.
“Ci hanno nascosto Danilo Dolci” è un testo accolto positivamente dalla critica e dal pubblico e si propone di colmare un vuoto culturale facendo riscoprire, se non conoscere, questa figura straordinaria, in particolare alle nuove generazioni.
Intervista al maestro Giuseppe Maurizio Piscopo
D: Maurizio, cosa ti ha ispirato a scrivere “Ci hanno nascosto Danilo Dolci” e quale messaggio speri di trasmettere attraverso il libro?
R: Ho avuto sempre fame di libri. Da bambino non li potevo comprare e trascorrevo molte ore nella biblioteca del barone Antonio Mendola di Favara. Un giorno mi è capitato tra le mani un articolo sulla radio dei poveri cristi e rimasi turbato da questa storia che raccontava la prima radio libera in Italia, che ha avuto soltanto 27 ore di vita. Una radio dei poveri che protestavano per la difficile vita nelle baracche dopo il terremoto del Belice. Mille promesse dai politici e zero fatti. Il messaggio del libro è un messaggio di pace, di tolleranza, di rifiuto assoluto delle armi, di un mondo migliore a misura di bambino che dia grande attenzione agli ultimi e alle persone diversamente abili, alle quali viene negato ogni diritto di esprimersi in queste città senza regole.
D: Puoi raccontarci qualcosa di più su Danilo Dolci e perché ritieni che la sua figura sia stata nascosta o trascurata?
R: E’ stato un uomo di pace, dai molteplici interessi, ha viaggiato molto. Ha scritto due libri dal titolo: ”Scienza delle costruzioni con cemento armato”. Danilo non era laureato in architettura ma molti studenti continuano a studiare su questi testi. Ha progettato le case di Grosseto, si è occupato dell’università della pace di San Marino, ha condotto alcune inchieste in Svezia e in Danimarca per il giornale L’Ora di Palermo. Conosceva la musica, la botanica, la storia delle civiltà antiche, suonava il pianoforte e leggeva lo spartito all’impronta. Aveva letto moltissimi libri, i classici, Tolstoj, Seneca, Voltaire. Ha scritto circa 80 libri, di cui 25 di poesie con i più grandi editori italiani, Einaudi, Sellerio, Mesogea ed altri. Per me Danilo Dolci è stato volutamente oscurato per anni dai giornali, dagli editori, dalla radio, dalla televisione e dal cinema. Desidero precisare, che il libro “Chi gioca solo” pubblicato da Einaudi nel 1966 viene ancora letto in Inghilterra e in America e da noi questo libro è ancora sequestrato, sarebbe bello se l’editore Sellerio lo ripubblicasse nell’anno del centenario. La BBC fino al 1970 ha trasmesso due documentari interessantissimi in lingua inglese, nei libri della scuola elementare e media e dei licei non c’è traccia di Danilo Dolci. Spesso mi sono chiesto se tutto questo sia corretto in un paese come il nostro? Non dimentichiamo che Danilo è riuscito a portare la cultura del mondo a Partinico, sono passati da qui Italo Calvino, Gianni Rodari, Vittorio Gassman, Giorgio Capitini, Franco Alasia, Leonardo Sciascia, Ignazio Buttitta, Renato Guttuso, Michele Straniero, Carlo Levi, per citarne solo alcuni.
D: Come sei riuscito a coniugare le tue diverse passioni – l’insegnamento, la scrittura e la musica – nella tua carriera e nella scrittura dei tuoi libri?
R: Certe volte penso che ci sono tre cose che mi hanno salvato in questo mondo: quando a 18 anni sono scappato a Parigi perché l’acqua a Favara arrivava ogni 30 giorni e una ragazza non si poteva salutare nemmeno da lontano (la storia dell’acqua si ripete anche oggi), quando mi sono buttato mani e piedi sui libri e quando ho appreso i primi rudimenti della fisarmonica nel salone di un barbiere. In fondo, nei miei libri ho raccontato quello che ho appreso dai barbieri, che per me sono stati come lo studio all’università. Sono il solo in Italia ad avere la laurea dell’università della barba, ricevuta nel 2020 dalle sapienti mani di Franco Alfonso, barbiere del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Infatti, io non andavo da solo dal barbiere per tagliare i capelli, ma con il mio amico di infanzia Antonio Zarcone, con il quale abbiamo fondato il Gruppo Popolare Favarese. Dai barbieri ascoltavamo le perle di saggezza che esprimeva il principale e ascoltavamo con la massima attenzione le musiche eseguite con chitarra e mandolino dal mastro barbiere e il suo aiutante, quando si suonava dal vivo nei saloni, note allegre, struggenti che sembravano scendere dalle lunghe scale del paradiso. Per 40 anni ho fatto il Maestro nelle scuole difficili di Palermo. Ai bambini ho consegnato le mie esperienze, tutto quello che avevo appreso dai viaggi e dalle letture, che ho fatto in questi anni. I bambini con me sono stati felici. Spesso cantavamo e ci confrontavamo su tutto. Spesso mi sedevo insieme a loro e lasciavo la cattedra ai bambini…
D: Nel tuo libro su Danilo Dolci, hai unito alla narrazione storica elementi di fiction o di riflessioni personali?
R: Per il libro “Ci hanno nascosto Danilo Dolci” sento di ringraziare di cuore Amico Dolci, il figlio, che ha creduto in me sin dal primo momento, facendomi conoscere molte curiosità e molta storia di suo padre. Ci siamo incontrati molte volte e non nascondo che qualche volta mi sono sentito molto vicino a lui e di aver fatto parte della sua famiglia. Le mie riflessioni sono documentate, ho letto molti libri di Danilo, alcune tesi di laurea, ho sfogliato giornali, ho visto i principali documentari ho ascoltato molte persone che l’hanno conosciuto e i consigli della professoressa Anita Quartararo.
D: Quali sono state le principali sfide che hai incontrato durante la scrittura di questo libro e come le hai superate?
R: Le difficoltà e i dubbi nascono sempre, quando si scrive un libro. Molte domeniche sono rimasto a casa, certe volte ho saltato la cena e non rispondevo al telefono. Spesso ho chiamato Amico per avere le notizie certe e per fugare dei dubbi. Ho cercato le fotografie di Melo Minnella, di Peppino Leone, dell’archivio di Danilo Dolci, di Giuseppe Carta, di Leoluca Cascio. Devo dire che tutte le persone che ho contattato sono state disponibili e affettuose con me e non finirò mai di ringraziarle.
D: In che modo il tuo background come maestro di scuola elementare ha influenzato il tuo approccio alla scrittura e alla ricerca storica?
R: Noi Maestri siamo sempre insoddisfatti per quello che facciamo, vorremmo fare meglio, vorremmo saperne di più di ogni cosa. Molto tempo lo trascorriamo nella ricerca, nella lettura e nei viaggi. Sono stato un Maestro all’antica, mi preparavo le lezioni, rispondevo alle domande dei bambini e quando non sapevo rispondere chiedevo tre giorni di tempo. In classe i bambini venivano anche con la febbre, non volevano perdere la mia lezione di musica. Infatti in classe avevo costituito una banda di paese, con i bambini che suonavano gli strumenti a percussione. Io chiamavo l’elenco con la rima baciata e loro si divertivano un mondo e mi chiedevano di rifare l’appello, ma non sempre riuscivo a trovare la rima e a creare quella magia…
D: Il libro ha avuto un impatto sulla tua carriera musicale o su come vieni percepito come musicista?
R: Anche in questo libro, come in tutti gli altri c’è un brano musicale “Spine Sante”. Spine Sante è il quartiere più povero di Partinico. Il brano è stato trascritto da Gioacchino Zimmardi ed eseguito con due fisarmoniche, la mia e quella di Pier Paolo Petta. Non mi sento un musicista, sono solo un artigiano che fabbrica sogni con l‘uso di una vecchia fisarmonica che ha vissuto l’emigrazione dei primi del ‘900, comprata a New York per 350 dollari da un barbiere di Porto Empedocle.
D: Qual è stata la reazione del pubblico e della critica al libro finora?
R: Nel 2024 sono usciti alcuni libri su Danilo Dolci, il mio ha suscitato interesse e curiosità a partire dal titolo, per l’approccio narrativo,che mette in luce le testimonianze di coloro che hanno lavorato direttamente con Danilo Dolci. Tra questi, Don Nino Fasullo, Don Cosimo Scordato, Pino Lombardo, Maria di Carlo, Marco Simonelli, Giuseppe Carta, Gianluca Fiusco e Salvatore Di Marco. Il libro è impreziosito dalla prefazione di Salvatore Ferlita e della postfazione di Amico Dolci. Ha avuto moltissime recensioni dalla Rai, dalla carta stampata e dai giornali online e altre recensioni continuano ad uscire ogni giorno. Il pubblico ha reagito molto bene. Le presentazioni sono sold out e continueranno nel 2025, nelle librerie, in Prefettura, nelle scuole, nelle università e in diverse città italiane.
D: Hai ricevuto feedback particolarmente significativi?
R: Si molti. Mi hanno scritto dall’Italia e dall’estero. Mi hanno detto che ho fatto un buon lavoro e che ho colmato un vuoto culturale.
D: Ci sono progetti futuri o altre opere in cantiere che coinvolgano Danilo Dolci o temi simili?
R: Si. Ho tre testi in lavorazione. Ho proposto a Salvatore Ferlita, mio compagno di viaggio, di scrivere un libro sulla poetessa Maria Fuxa. Ci confronteremo in questi giorni. Un libro ha bisogno di essere pensato, amato, scritto e pubblicato.
D: In che modo speri che “Ci hanno nascosto Danilo Dolci” possa influenzare la comprensione e la visibilità di Dolci nella cultura contemporanea?
R: Ci sono degli uomini che non si possono dimenticare. Danilo Dolci profeta della nonviolenza, pacifista triestino, Maestro e digiunatore per protesta, teorico dell’agire e non solo del predicare, spalleggiato dall’Italia dei Bobbio e dei Calvino, un rivoluzionario anche del linguaggio, considerato il Gandhi italiano, accostato alle figure di San Francesco e Don Milani, occorre farlo conoscere alle nuove generazioni e a tutti quelli che non hanno mai sentito parlare di lui. La vita per Danilo Dolci è stata una grande partitura musicale e poetica, ha scritto rivolgendosi a tutti noi: ”Se l’occhio non si esercita, non vede. Se la pelle non tocca, non sa. Se l’uomo non immagina, si spegne”…
D: Posso definire questa intervista ispirata, appassionata, riflessiva?
R: Si.
Grazie Maurizio, aspettiamo il prossimo tuo lavoro.