foto di Francesco PintaldiLa strage del pane - Palermo - commemorazione delle vittime - foto di Francesco Pintaldi

Con la deposizione di una corona d’alloro da parte del sindaco Roberto Lagalla, si è commemorata a Palazzo Comitini, la gravissima Strage del pane, avvenuta il 19 ottobre 1944 a Palermo, ricordata come strage del del pane, in cui morirono ventiquattro persone che pacificamente chiedevano aiuto.

All’evento hanno preso parte, oltre al sindaco, lo storico e giornalista Lino Buscemi, il superstite della Strage sig. Giovanni Ficarotta, il sig. Andrea Oliveri, nipote della omonima vittima, il presidente dell’ANPI-Palermo dott. Ottavio Terranova, il dott. Mario Ridulfo segretario della Camera del Lavoro di Palermo, il dott. Alfonso Lo Cascio presidente BC Sicilia, la signora Alice Gagliano, nipote del Comm. Gaetano Balistreri, ferito nella strage e recentemente deceduto.

Erano presenti ancora autorità civili e militari, oltre a un folto pubblico che ha seguito con attenzione e commozione. La manifestazione è stata arricchita dalla toccante testimonianza del Superstite, dalla lettura di un testo dal titolo “Lu misteru di la stragi di lu pani”, del poeta dialettale Francesco Billeci a cui è seguita la rappresentazione di una orazione interpretata con grande intensità emotiva su testo dello scrittore e regista Franco Carollo, dal gruppo teatrale “Per un teatro di impegno civile”.

Intervento del sindaco Roberto Lagalla

“L’evento che celebriamo oggi si ripete da tempo, e come sindaco ho voluto fortemente portare avanti questa tradizione. La strage di cui parliamo ci riporta con crudezza alla realtà delle guerre. Questo momento non deve essere solo una commemorazione, ma anche un’opportunità per riflettere profondamente. È un invito a discernere, soprattutto per coloro che hanno il destino dei popoli nelle proprie mani.

La Sicilia, più di altre regioni, ha vissuto sulla propria pelle il dramma della Seconda Guerra Mondiale, con bombardamenti che hanno devastato il nostro centro storico e la zona del porto. A pagare il prezzo più alto è stata, come sempre, la popolazione civile, proprio come i caduti che oggi onoriamo con la nostra memoria.

Dopo l’8 settembre 1943, gli americani presero il controllo della Sicilia. Ma troppo spesso, tutto veniva gestito con improvvisazione. Un esempio tragico di ciò è proprio la strage che ricordiamo oggi, quando la gestione della situazione fu affidata a un ufficiale inesperto e, probabilmente, terrorizzato. Fu un atto di straordinaria inciviltà, non solo dal punto di vista sociale e politico, ma anche umano. La guerra, infatti, è prima di tutto ‘ladra di umanità’.

I palermitani, in quel frangente, lottavano semplicemente per il diritto di sopravvivere. Non avevano alimenti né mezzi di sostentamento, mentre la ‘borsa nera’, l’intrallazzo, prosperava. Questo creava una disuguaglianza sociale ancora più drammatica, in aggiunta alle già enormi difficoltà causate dalla guerra. La popolazione era vessata dagli ‘intrallazzisti’, noti anche come ‘bavarisi’, veri e propri avvoltoi che si piazzavano nei pressi della stazione per approfittare della disperazione della gente. Un superstite raccontava che, quando viaggiava in treno verso Palermo, preferiva scendere alla stazione precedente per evitare questi avvoltoi.

Questi ‘intrallazzisti’ diventavano sempre più ricchi, mentre i poveri, già provati dalla guerra, sprofondavano nella miseria. Il 19 ottobre 1944 la folla chiedeva aiuto a uno Stato che, in quei giorni bui, ancora non era in grado di esserlo davvero. E ricevette in cambio morte”

Intervento avv. Lino Buscemi

“Quella che ricordiamo è una strage senza bandiera, nel senso che nessun partito, tra quelli che stavano nascendo all’epoca, se ne è fatto carico. La Sicilia, già da circa otto mesi, era sotto il controllo di una amministrazione straniera. Era stata occupata dagli anglo-americani, i quali avevano nominato prefetti, sindaci e rettori nelle tre università siciliane. Non si fidavano della lira italiana, così avevano persino stampato la loro moneta, le cosiddette AM-lire (Allied Military Currency, ovvero “Moneta Militare Alleata“). Quel re, rifugiato a Brindisi, non seguiva le direttive degli anglo-americani che gli chiedevano di dichiarare guerra alla Germania. Finché quella dichiarazione non fosse avvenuta, gli alleati avrebbero continuato a occupare la Sicilia. Era, quindi, un Regno del Sud monco.

Nel febbraio del 1944, quando finalmente il re si decide a dichiarare guerra alla Germania, la Sicilia viene restituita al governo italiano e le autorità vengono ripristinate. Tuttavia, nell’ottobre del ’44, la Sicilia si trovava in una situazione molto complessa: c’era il problema del banditismo e un forte movimento separatista. In queste condizioni era fondamentale definire il futuro politico dell’isola. Viene così nominato un alto commissario con il compito di gestire questa fase e preparare le condizioni per il riconoscimento della Sicilia all’interno dell’unità nazionale.

Questo periodo di transizione creò un vuoto amministrativo e una situazione di ordine pubblico molto critica. Le tensioni esplosero il 19 ottobre 1944. In questo periodo per la prima volta venne
coniata la parola “intrallazzo”. Gli intrallazzisti controllavano il mercato, mentre l’ordine pubblico non era garantito né dai carabinieri né dalla polizia, ma da una divisione dell’esercito regio, la Sabaudia. Questo esercito aveva già perpetrato gravi azioni a Palermo, come la brutale repressione della rivolta del Sette e Mezzo del 1866 o quella dei Fasci Siciliani, agendo con violenza contro la popolazione e causando gravi danni a persone e cose”.

Buscemi ricorda bene i danni causati dalla rivolta del Sette e Mezzo e dai bombardamenti degli alleati: 73 raid aerei che distrussero 70.000 vani nei quattro mandamenti della città. Palermo era ferita profondamente e tutto ciò dimostrava che la Sicilia era stata trattata come una colonia.

“Perché si è presa l’iniziativa di onorare questa strage del pane? Perché quei morti sono morti senza bandiera. Nessun partito, allora, si fece carico di rappresentare il dolore e i bisogni di quella gente. La manifestazione del 19 ottobre 1944 fu spontanea, e oggi, con altrettanta spontaneità e con un forte senso civico, ci ritroviamo qui a commemorare quel tragico evento. Le persone che partecipano lo fanno con passione, con l’intento di togliere dall’oblio quei morti. Questa strage è stata rimossa dalla memoria collettiva per motivi che ci sfuggono, non per indolenza, ma forse per una cinica interpretazione delle dinamiche sociali di quel periodo. Nei libri di storia, questo evento eclatante è stato sottovalutato, se non addirittura cancellato.”

Durante l’evento, è emersa una proposta condivisa: onorare i martiri con riconoscimenti significativi, affinché il loro sacrificio venga ricordato in modo duraturo

La “Strage del pane” avvenne il 19 ottobre 1944 a Palermo, un evento drammatico e simbolico delle difficoltà che la popolazione siciliana affrontava durante la Seconda Guerra Mondiale e nell’immediato dopoguerra. In quel periodo, Palermo e gran parte della Sicilia soffrivano per la fame, l’inflazione e la scarsità di beni di prima necessità, causate dal conflitto e dalle conseguenze della caduta del regime fascista.

La tensione sociale era altissima. Quel giorno, un gruppo di cittadini – principalmente donne, bambini e anziani – si radunò in Piazza Pretoria, davanti al municipio, per protestare pacificamente contro la mancanza di pane e chiedere provvedimenti urgenti alle autorità locali. Si trattava di una manifestazione spontanea, dettata dalla disperazione per la fame e la povertà crescente.

La protesta degenerò quando, dopo tentativi di contenere la folla, le forze dell’ordine, composte da soldati italiani e membri dell’esercito alleato, aprirono il fuoco sui manifestanti. Il bilancio fu tragico: morirono 24 persone e oltre 150 furono ferite. Tra le vittime c’erano donne, bambini e persone comuni che chiedevano semplicemente cibo per sopravvivere.

Questo episodio viene ricordato come uno dei più gravi della storia recente di Palermo. Esprimeva non solo la brutalità della repressione, ma anche il fallimento dello Stato nel rispondere ai bisogni elementari della popolazione. Fu una tragedia che scosse profondamente l’opinione pubblica e che lasciò una cicatrice indelebile nella memoria storica della città.

Oggi la “Strage del pane” è commemorata come un simbolo delle sofferenze patite dalla popolazione siciliana in quegli anni difficili e della lotta per la dignità e la giustizia sociale.

Le vittime della “Strage del pane” del 19 ottobre 1944 a Palermo furono in gran parte persone comuni, che parteciparono alla manifestazione spinti dalla disperazione per la mancanza di cibo. I nomi delle 24 persone uccise durante la repressione violenta della protesta, spesso citati negli studi storici e nelle commemorazioni, sono ricordati in questa lapide esposta a Palazzo Comitini.

Queste persone, appartenenti a diverse fasce d’età, rappresentano il volto umano di una tragedia scaturita da una situazione di grave disagio sociale. Le vittime sono ricordate ogni anno a Palermo, in particolare nel quartiere di Ballarò e in Piazza Pretoria, come simboli di un’epoca di sofferenza e sacrificio. Il giorno successivo alla strage il giornale di Sicilia pubblicò la notizia con un essenziale articolo.

Dal Giornale di Sicilia del 20 ottobre 1944 n. 130

Bombe sulla folla

Prima di mezzogiorno molte migliaia di scioperanti sono affluiti in via Maqueda ammassandosi presso il palazzo della Prefettura. la folla con alte grida ha chiesto insistentemente il pronto intervento delle Autorità per reprimere gli abusi. Del mercato annonario, che provoca insostenibili disagi tra le classi lavoratrici a reddito fisso. Poco dopo le forze di polizia che erano a guardia del Palazzo della Prefettura sono state rinforzate da reparti di soldati inviati di urgenza a bordo di autocarri. Il primo autocarro carico di soldati proveniente da piazza Vigliena si inoltrava in mezzo alla folla. Ad un tratto sono rintronate delle detonazioni. Ne è derivato un parapiglia. Molti dei presenti si sono rifugiati nei portoni e nelle strade e vicoli laterali. Il triste bilancio della giornata, almeno fino al momento in cui scriviamo, è di 16 morti, per la maggior parte di minori, e di centoquattro feriti di cui una decina gravissimi. A seguito dei luttuosi fatti, è stata decisa dalle autorità competenti, una rigorosa inchiesta, per accertare tutte le responsabilità.

L’articolo descrive lo sciopero sfociato in tragedia a Palermo, durante uno dei momenti più turbolenti della storia italiana, appena dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. La protesta, che avvenne in via Maqueda, fu probabilmente una delle tante manifestazioni di malcontento sociale che colpirono la città in quel periodo, segnato da carestie, disoccupazione e condizioni di vita insostenibili.

Nel contesto dell’ottobre 1944, Palermo e l’intera Sicilia erano appena uscite dal controllo fascista e dall’occupazione alleata. L’Italia era in piena transizione politica e sociale, con la monarchia in crisi e i movimenti socialisti e comunisti che acquistavano terreno tra i lavoratori, stanchi delle promesse non mantenute. Il mercato annonario, ovvero il sistema di distribuzione di beni alimentari regolamentato dallo Stato, era fonte di grande frustrazione, soprattutto per le classi lavoratrici e i cittadini a reddito fisso, che si trovavano spesso privi di accesso a beni di prima necessità.

L’afflusso di migliaia di scioperanti in via Maqueda, un’importante arteria cittadina, fu una chiara dimostrazione della rabbia popolare. Le “alte grida” citate nell’articolo riflettono l’esasperazione dei manifestanti, probabilmente esasperati dai prezzi elevati e dalla scarsità di generi alimentari. L’intervento delle forze di polizia e dei soldati inviati in urgenza segnala come le autorità cercarono di mantenere il controllo della situazione, ma il risultato fu tragico.

L’articolo menziona detonazioni che innescarono il panico tra la folla. Sebbene l’articolo non chiarisca chi abbia sparato, è probabile che le forze dell’ordine abbiano aperto il fuoco per disperdere i manifestanti, pratica non insolita in quel tempo. Il triste bilancio di 16 morti come inizialmente riferito nell’articolo, tra cui molti minori e oltre 100 feriti, di cui una decina gravemente, è un chiaro segnale di come le tensioni sociali potessero rapidamente sfociare in violenza.

Il fatto che la maggior parte delle vittime fossero giovani evidenzia la partecipazione dei ragazzi a queste manifestazioni, probabilmente per la loro esposizione diretta alle difficoltà economiche e alla fame. Le autorità aprirono una “rigorosa inchiesta” per accertare le responsabilità, ma è lecito interrogarsi su quanto questa inchiesta abbia portato a reali conseguenze. In quel periodo, le istituzioni italiane, già fragili per gli strascichi della guerra e le lotte politiche interne, non erano sempre in grado di rispondere in modo adeguato alle richieste del popolo.

Questo evento si inserisce in un quadro più ampio di scioperi e manifestazioni che attraversarono l’Italia del dopoguerra, dove i lavoratori e le classi popolari si scontravano frequentemente con le forze dell’ordine per migliorare le loro condizioni di vita. Palermo, come altre città meridionali, affrontava una combinazione di crisi economica, speculazione sul mercato nero e una lenta ripresa post-bellica, che alimentavano ulteriormente il malcontento sociale.

Inserendo questo articolo in un contesto storico più ampio, possiamo capire meglio la disperazione del momento e il ruolo cruciale che le tensioni economiche e sociali giocarono nel plasmare l’Italia del dopoguerra. Manifestazioni come questa anticipavano il tumulto politico che avrebbe poi condotto al referendum del 1946, alla fine della monarchia e alla nascita della Repubblica Italiana.

Onore ai martiri della strage del pane. Imploravano per sopravvivere e trovarono la morte

La strage del pane – trinacriaa