L’intervista alla poetessa Gabriella Maggio ci conduce in un viaggio affascinante nella poesia attraverso il mondo degli Haiku, una forma poetica che, pur radicata nella tradizione giapponese, parla una lingua universale. Nelle sue parole emerge non solo l’amore per questa forma d’arte, ma anche una riflessione profonda sulla connessione tra la poesia, la natura e il silenzio che ci circonda. Il racconto della poetessa prende vita nel momento in cui ci presenta Basho, uno dei maestri indiscussi della tradizione Haiku.

È stato attraverso di lui che ha scoperto la bellezza essenziale e la delicatezza di questa poesia, un’arte che cattura l’effimero in una manciata di sillabe. Ma per lei Basho non è soltanto una guida: è l’inizio di un percorso personale, un invito a osservare la natura con occhi nuovi, trasformando ogni dettaglio in un dialogo interiore. La natura, infatti, non è mai un semplice sfondo negli Haiku secondo la Maggio, ma una protagonista viva e pulsante. Ogni immagine, ogni frammento catturato nei suoi versi è intriso di emozione, rivelando una profonda consapevolezza di ciò che i giapponesi chiamano mono no aware, l’intima comprensione della bellezza fugace delle cose. È come se attraverso questi brevi componimenti si potesse afferrare l’essenza di un momento, rendendolo eterno nella sua transitorietà. La poetessa insiste sull’importanza della forma tradizionale: i 17 suoni distribuiti in tre versi di 5-7-5 sillabe non sono un limite, ma una cornice che permette di distillare emozioni complesse in una forma pura ed essenziale.

Scrivere un Haiku, racconta, è un esercizio di disciplina e al contempo una forma di meditazione. Ogni parola, ogni sillaba, viene scelta con cura, in un processo che riflette la ricerca costante della perfezione artistica e spirituale. Centrale nella sua visione è il concetto di impermanenza, un tema che permea la cultura giapponese e che trova piena espressione negli Haiku. La filosofia del wabi-sabi, che celebra l’imperfezione e la caducità, si intreccia naturalmente con questa poetica, trasformando ogni verso in un omaggio alla bellezza del momento presente, anche quando si tratta di accettare la sua fugacità. E poi c’è il silenzio. Per la professoressa Maggio, il silenzio non è un vuoto, ma uno spazio fertile, una pausa che prepara e accoglie la creazione poetica.

Gli Haiku, dice, nascono dal silenzio e vi ritornano, come un soffio di vento o il canto di un uccello che per un attimo interrompe la quiete e poi la lascia intatta. È in questo silenzio che le parole trovano il loro significato più profondo, diventando un invito per il lettore a fermarsi, a riflettere, a contemplare. Non meno importante è il legame tra gli Haiku e le stagioni, espresso attraverso il kigo, una parola che richiama un elemento naturale specifico di un periodo dell’anno. Questa scelta radica ogni componimento nel ciclo della natura, creando un senso di continuità tra il frammento poetico e il grande respiro del mondo. Scrivere un Haiku diventa così un modo per ricollegarsi ai ritmi ancestrali della vita, spesso dimenticati nel frastuono della modernità. Nelle sue riflessioni, la professoressa descrive la scrittura degli Haiku come un atto meditativo. Questo processo non solo arricchisce la comprensione del mondo, ma offre anche una possibilità di introspezione e pace interiore, rivelando il potenziale terapeutico di questa pratica poetica.

La poetessa conclude con alcuni suggerimenti per chi desidera avvicinarsi a questo mondo: leggere poesia, ascoltare musica, immergersi nella natura. Il suo racconto ci ricorda che gli Haiku, pur nati in un contesto culturale specifico, sono una forma poetica universale, capace di adattarsi a sensibilità diverse e di offrire uno spazio di riflessione e bellezza. In un’epoca dominata dalla fretta e dal rumore, questa piccola, grande poesia ci invita a riscoprire il valore del silenzio, della natura e della caducità dei momenti preziosi che attraversano la nostra vita.

Chi è la professoressa Gabriella Maggio

Gabriella Maggio ha conseguito la Laurea in Lettere con lode, è ideatrice ed organizzatrice di eventi culturali tra cui La poesia è parola; è giurata nel Premio Mignosi; presidente del Premio letterario Ibn Hamdis. Ha pubblicato con la casa editrice Il Convivio due libri di poesia , “Emozioni senza compiacimento” nel 2019 e “Echi” nel 2022. Le sue recensioni di testi in prosa e in versi sono pubblicate su riviste e magazine letterari. È direttrice di Vesprino Magazine (www.lionspalermodeivespri.it) per cui è stata insignita del Melvin Jones Fellow e del Magazine dell’Associazione Volo (www.associazionevolo.org).

L’intervista

D. Professoressa Maggio, cosa l’ha avvicinata alla poesia di genere Haiku? Quali sono state le sue prime influenze o fonti di ispirazione?

R. Un articolo di giornale che riportava alcuni haiku del poeta giapponese Basho del XVII sec.

D: Che ruolo ha la natura nei suoi Haiku e come sceglie le immagini che poi compongono i suoi versi?

R. Amo la natura e la osservo con attenzione. Isolo l’immagine che mi emoziona.

D. Il tradizionale Haiku giapponese segue una struttura rigorosa (5-7-5 sillabe). Qual è il suo rapporto con questa regola? La segue sempre o preferisce una forma più libera?

R. La seguo sempre.

D. L’Haiku tende a catturare un momento fugace? Come riesce a condensare emozioni complesse in poche parole, mantenendo intatta l’intensità del messaggio?

R. Questo è molto difficile. Scrivo e riscrivo fino a che il testo mi pare in sintonia con la mia
emozione.

D. Nella cultura giapponese, l’Haiku spesso veicola un senso di impermanenza e riflette il concetto di wabi-sabi (la bellezza dell’imperfezione e della transitorietà). Quanto è importante per lei questo aspetto?

R. Soprattutto la transitorietà per me è fondamentale.

D. Quanto pesa il silenzio nei suoi Haiku e come lo considera nella costruzione del suo linguaggio poetico?

R. Nascono dal silenzio e si circondano di silenzio.

D. Ha un processo creativo particolare quando compone Haiku o nascono spontaneamente da momenti vissuti e osservati?

R. Dipende . Alcuni Haiku nascono spontanei. Altri mi assillano, vogliono esprimersi, ma stento a trovare le parole. La composizione a volte richiede giorni.

D. Gli Haiku giapponesi includono spesso un kigo, una parola che suggerisce la stagione. Come sceglie i suoi kigo e quanto è importante per lei la connessione stagionale?

R. Dall’osservazione della natura.

D. Molti considerano l’Haiku un genere meditativo. Trova che scrivere Haiku abbia un effetto terapeutico o riflessivo sulla sua vita?

R. Sì. Sono l’esito di una meditazione sulla vita.

D. Che consiglio darebbe a chi si avvicina per la prima volta alla scrittura di Haiku? C’è qualche lettura o esercizio che suggerirebbe per comprendere meglio la profondità e la semplicità di questo genere?

R. Leggere Haiku , ma anche poesia , quella dei poeti ritenuti grandi, ascoltare musica, stare all’aria aperta

D. Chi è il poeta giapponese Basho del XVII sec a cui faceva riferimento?

R. Matsuo Bashō (1644-1694) è uno dei più grandi poeti della tradizione giapponese, celebre per aver perfezionato l’arte dell’Haiku, una forma poetica composta da tre versi di 5, 7 e 5 sillabe. Nato nella città di Ueno, nella provincia di Iga (attuale prefettura di Mie), Bashō è noto per aver elevato l’haiku da semplice gioco letterario a un’espressione di profonda contemplazione della natura e della condizione umana. Bashō si interessò alla poesia fin da giovane e studiò la forma poetica renku (o renga), che consisteva in poesie collaborative. In seguito, si dedicò all’haikai no renga, un’evoluzione più umoristica e innovativa del renga tradizionale. Abbracciò uno stile di vita umile e ascetico, influenzato dalla filosofia zen, che gli permise di immergersi nella natura e trovare ispirazione. Nel corso della sua vita, Bashō intraprese numerosi viaggi attraverso il Giappone, camminando per villaggi, montagne e foreste. Questi viaggi non solo influenzarono la sua poesia ma lo portarono a scrivere prosa poetica di grande raffinatezza, come nel suo famoso diario di viaggio “Oku no Hosomichi” (Lo stretto sentiero del Nord profondo). Le sue opere sono note per la loro semplicità, profondità e capacità di catturare l’essenza di un momento effimero. Bashō vedeva la poesia come uno strumento per fondersi con il mondo naturale, evitando l’artificio e raggiungendo un’espressione autentica.

Un famoso Haiku di Bashō:

Furu ike ya
kawazu tobikomu
mizu no oto

(Un vecchio stagno / una rana si tuffa / il suono dell’acqua)

Questo componimento esprime un istante di pura semplicità e armonia tra natura e poesia, incarnando lo spirito del wabi-sabi, l’estetica giapponese che celebra l’impermanenza e l’imperfezione. Bashō è considerato il maestro indiscusso dell’haiku e ha influenzato profondamente la poesia giapponese e mondiale. Il suo lavoro non solo continua a essere letto e studiato, ma ha
spirato artisti e scrittori in tutto il mondo per la sua capacità di trasformare la quotidianità in arte sublime.

Grazie professoressa Maggio