“A Catania non c’è? Facciamolo noi!”

«Il Covid è stato una tragedia, ma a noi del Collettivo Casa Nostra ha permesso di capire come costruire il nostro futuro», ci dice il presidente del Collettivo, Simone Tomasello, laurea magistrale in Design dei servizi al Politecnico di Milano, sales manager per la Sicilia Orientale di un’azienda che commercializza auto elettriche.

Recentemente lo stilista Domenico Dolce ha affermato che i giovani siciliani “non hanno una dignità, stanno tutto il giorno su Facebook invece di andare lavorare”. È confortante sapere che non è sempre così, che in Sicilia ci sono anche giovani che agiscono, senza sterili lamentele, per cambiare le cose.

Il Collettivo è composto da nove soci attivi, con studi ed esperienze diverse: Economia, Design, Professioni Sanitarie, Architettura, Ingegneria e Belle Arti.

La fuga di cervelli è una delle piaghe del nostro Paese, in particolare del Sud, ma questi giovani catanesi non ancora trentenni hanno deciso di agire concretamente, senza arrendersi a quello che sembra un destino già scritto.

Ne parliamo con Simone e con Enrica Oliveri, laurea magistrale in Direzione Aziendale a Catania e master in Comunicazione per le industrie creative alla Cattolica di Milano, specialista in comunicazione ed eventi, con esperienza lavorativa prima presso terzi e oggi attiva con una propria società.

D: Qual è l’obiettivo del Collettivo Casa Nostra?

R: Vogliamo lavorare e crescere professionalmente nella nostra città, e aiutare altri a farlo. Catania ha grandi potenzialità ma ultimamente pochi le hanno sapute valorizzare. Abbiamo sentito parlare di “Modello Catania”, per indicare le buone pratiche adottate molti anni fa dal Comune per attrarre investimenti e facilitarne la realizzazione. Oggi Catania è un modello negativo e a questo noi ci ribelliamo, e vogliamo agire anziché lamentarci aspettando che le cose cambino da sole.

D: Come è nata questa voglia di cambiamento e cosa state facendo di concreto?

R: Durante la quarantena i fuori sede siamo tornati a casa e nelle conversazioni sui social sono emerse l’insoddisfazione e la stanchezza di vivere fuori. In molti abbiamo concluso che finita l’emergenza avremmo fatto il possibile per rimanere a Catania, mettendo a frutto gli studi e le esperienze fatte, senza accontentarci di un lavoro qualunque. Per questo è nato il Collettivo Casa Nostra, che già nel nome indica qual è il suo spirito.

D: Qual è questo spirito?

R: Collettiva è qualcosa che appartiene a tutti, come la propria città. Purtroppo a molti manca il senso del bene comune e l’appartenenza collettiva viene sentita solo sporadicamente. Per questo abbiamo scelto di chiamarci così, perché Catania è la casa di tutti e tutti dobbiamo prendercene cura, altrimenti rimarrà abbandonata a sé stessa.

D: Come operate?

R: Organizziamo eventi in ambito culturale (foto, architettura, paesaggio, pittura), ma senza schemi rigidi, per stimolare l’incontro e il confronto fra chi ha già un progetto ben definito o anche solo un’idea da sviluppare. L’impostazione è piaciuta e noi per primi siamo entrati in contatto con persone con interessi diversi e da questo sono nati progetti culturali o imprenditoriali. Si è creato un circolo virtuoso ed è capitato che chi aveva partecipato ci ha chiamati per avere un supporto ai suoi progetti.

D: Chi entra in contatto con voi cosa può fare concretamente per rimanere anziché emigrare?

R: Vogliamo spingere chi non vuole rassegnarsi ad emigrare a dirsi: a Catania non c’è quello che vorremmo? Facciamolo noi. Volevamo creare una rete dove persone con competenze diverse o affini fra loro potessero portare aventi le proprie iniziative. I nostri eventi servono a mettere in contatto fra loro e con noi i potenziali fruitori e far conoscere le competenze di ognuno. Vorremmo far riflettere sul fatto che a Catania le cose da fare ci sono e suscitare il desiderio di farle o di andarle a cercare. Come ha fatto una ragazza che si occupa di food design, cioè progettazione di alimenti, che ci ha cercati per aiutarla a realizzare un progetto: stava studiando proteine non animali per creare polpette vegane e al tempo stesso voleva farle conoscere. Noi le abbiamo dato dei consigli, e durante un evento abbiamo organizzato per lei la presentazione della sua attività. Un ristoratore l’ha contattata e da allora ha inserito nel suo menu il piatto di quella ragazza. Anche alcuni di noi, grazie a questo intersecarsi di competenze, hanno trovato lo spunto per avviare una propria attività imprenditoriale.

D: Qual è il prossimo evento in programma?

R: A fine novembre, una mostra fotografica: scelte dieci parole di un testo di Pasolini, bisogna tradurre in immagini i sentimenti che l’autore voleva esprimere.

CONTATTI: info@collettivocasanostra.it

Instagram: @collettivocasanostra

Di Salvatore Azzuppardi Zappalà

Salvatore Azzuppardi Zappalà, scrittore, è nato e vive a Catania. Dopo la laurea in Scienze Politiche ha lavorato come bancario e poi consulente finanziario indipendente. Specializzatosi in Diritto Bancario è anche consulente tecnico-legale su contratti di finanziamento e investimento. Ama le buone letture (i suoi pilastri sono Victor Hugo, Hemingway, Steinbeck, Conrad e Garcia Marquez), la buona musica italiana ed è appassionato di storia, in particolare della Seconda Guerra Mondiale. Su quel tragico periodo ha collezionato testimonianze di vita vissuta, che ha raccolto nell’antologia 1943-1945. Per non dimenticare. Nel suo primo romanzo – “Ti ricordi quella strada …​“, Algra Editore – l’Italia degli anni Settanta fa da sfondo alla storia di Lia e Francesco, in questo che non è solo un romanzo storico, di formazione e di sentimenti (non sentimentale, però), ma un tributo a uno dei periodi più controversi della nostra storia repubblicana. Non solo anni di piombo, ma soprattutto anni fertili, gli anni dell’impegno in politica e nel sociale, gli anni in cui si prese coscienza delle problematiche ambientali e dell’importanza della partecipazione.

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