SPETTACOLO, MARKETING E NUDO FEMMINILE: È DAVVERO FEMMINISMO? @SiciliaBuonaSPETTACOLO, MARKETING E NUDO FEMMINILE: È DAVVERO FEMMINISMO? @SiciliaBuona

Perché per affermare idee, promuovere libertà e diritti occorre spogliarsi? E perché questa strategia è utilizzata dalle donne molto più frequentemente che dagli uomini?

Spesso le donne del mondo dello spettacolo, dopo la pubblicazione di servizi fotografici o selfie che le ritraggono nude, parlano di una scelta tirando in ballo femminismo e diritti delle donne.

In una recente intervista pubblicata su Sky Tg24 la cantante Elodie, che secondo diversi media avrebbe generato scandalo e polemiche a seguito del suo ultimo lavoro discografico corredato da immagini fotografiche e video che la ritraggono nuda, ha affermato:

Non ho nessun pudore del corpo, tutt’al più sui pensieri che facciamo deve esserci pudore”.

Un concetto interessante ma ambiguo. Elodie ha dunque detto che è al pensiero e alle idee che occorre mettere veli e censure? Le idee non condivise e ritenute inaccettabili vanno censurate, mentre il corpo (femminile) può essere sempre esibito? Nell’ambito della lotta ai diritti delle donne è davvero una strategia necessaria ed efficace?

Le donne invecchiano e diventano acetose mentre gli uomini migliorano come il buon vino

Ma l’equivoco sulla concezione che Elodie ha delle donne e del loro valore si rafforza quando poco dopo, nella stessa intervista, alla domanda “Ci sono molti riferimenti agli anni Ottanta e Novanta: a chi ti ispiri?”, Elodie risponde incomprensibilmente iniziando così: “Le donne hanno il problema che diventiamo âgé prestissimo, le donne invecchiano e diventano acetose mentre gli uomini migliorano come il buon vino”.

A questo punto si fa veramente fatica a considerare Elodie una attivista per i diritti delle donne. La cantante fa affermazioni che sembrano tradire la missione di paladina delle donne, poiché sembrano piuttosto alimentare una serie di stereotipi contro di esse, oltre a fare molto spesso un utilizzo strumentale e iper sessualizzato del corpo femminile.

Nude per i diritti delle donne o per strategia di marketing?

La vera rivoluzione oggi sarebbe non accettare che per affrontare il tema dei diritti e della libertà sia necessario “esibire” il corpo, oltretutto riducendolo ad una immagine fortemente sessualizzata.

Rappresenterebbe una piccola rivoluzione anche la sincerità, ovvero mostrarsi libere di ammettere che dietro ad uno scatto c’è solo vanità, voglia di esibire la propria bellezza, l’intenzione semplice di piacersi e piacere, senza dover necessariamente giustificare il tutto con la storia dei diritti da tutelare o da conquistare, immolandosi per una causa di cui non si ha nemmeno chiari gli obiettivi.

Molto meglio riconoscere che spesso si ricorre all’immagine del corpo femminile, alla nudità e alla sessualità per colmare lacune dal punto di vista della qualità del “prodotto” offerto al pubblico, che si tratti di musica, cinema, spettacolo ecc…

Abbiamo molti esempi di donne italiane estremamente talentuose che non hanno usato tali strategie per diventare icone internazionali. Per fare alcuni esempi possiamo citare Mina, Laura Pausini, Giorgia, ma anche le giovanissime e pluripremiate Madame e Annalisa, che quest’anno hanno scalato le classifiche diventando protagoniste indiscusse nella scena musicale, senza mortificare la propria bellezza, e senza spogliarsi.

Bisogna ammettere che coloro che negli ultimi decenni hanno usato il proprio corpo e la nudità per affrontare tematiche e lanciare, a loro dire, messaggi forti alla società, sono tutte donne con un corpo da modella, conforme a certi canoni estetici odierni. Casualità!

Ricorderete ciò che è accaduto sul palco di Sanremo 2023, quando la co-conduttrice Chiara Ferragni ha mostrato il proprio corpo nudo. Informo doverosamente chi si è perso questo “evento” e non sa di cosa parlo, che Ferragni non era realmente nuda, indossava un abito che è stato chiamato “abito senza vergogna” sul quale, molto realisticamente era raffigurato il corpo nudo dell’influencer.

Lei stessa lo ha voluto precisarlo, subito dopo aver percorso la famosa scalinata sanremese, dicendo: “questo vestito non è trasparente ma è un disegno del mio corpo” e ha concluso affermando che “il corpo di noi donne non deve mai generare odio o vergogna”.

Mi sono chiesta se una cosa del genere sarebbe potuta accadere al maschile. Oggi nessun uomo usa allo stesso modo il proprio corpo per rivendicare diritti. Eppure il corpo maschile è censurato molto più di quello femminile ed il dress code per loro è molto più severo. Ammettiamolo, desterebbe molte più polemiche un uomo che conduce il Festival di Sanremo con il “pantalone senza vergona”. Non trasparente, specifichiamolo, ma con il proprio pene realisticamente disegnato sul tessuto.

Divieto di critica. Tutta colpa delle favole

Ricorderete anche l’undicenne Giulietta Dedola, campionessa di equitazione, che pagò con la chiusura del proprio profilo sportivo IG l’affronto di aver commentato una foto dell’influencer seminuda così: “Qual è il messaggio per noi ragazzine? Che per farci notare dobbiamo metterci nude?”

La risposta di Chiara Ferragni: “Ci hanno insegnato che le donne non possono osare e questo è il modo che io utilizzo per prendermi la libertà che TUTTI dovremmo avere. Faccio incazzare i puritani? Missione compiuta allora!”

Così la trentenne Chiara elude la domanda sul valore dei suoi contenuti e l’undicenne Giulietta si becca l’etichetta di puritana.

E’ un destino segnato per le donne: non possono esprimere le proprie critiche in merito alle altre donne, devono sempre applaudirle, essere in perfetta sintonia di vedute, altrimenti si ritroveranno addosso l’etichetta della strega invidiosa.

Tutta colpa delle favole! Per ogni Biancaneve c’è una strega e ogni Cenerentola ha le sue sorellastre cattive. L’invidiosa è l’equivalente del complottista, la prima etichetta però è riservata solo alle donne ma è altrettanto efficace per screditare l’interlocutrice e troncare così il dibattito.

L’argomento dell’uso strumentale che si fa del corpo delle donne è impegnativo, richiede maggiore tempo e spazio, ma soprattutto un dibattito pluralista, un confronto senza pregiudizi e censure, come piace a me. In un articolo, invece, c’è solo un punto di vista e tante domande: dove finisce la vera lotta femminista e inizia la spietata logica del marketing? E’ quest’ultima può generare confusione e rivelarsi a volte controproducente per la battaglia femminista?

Di Anna Lisa Maugeri

Anna Lisa Maugeri, blogger, web writer, moderatrice, lavora da anni per passione nel mondo della comunicazione e dell’informazione sul web scrivendo articoli, realizzando interviste e contenuti video su temi di attualità, cronaca, tematiche sociali, economia, medicina, salute e benessere. Ha creato e dirige il blog www.siciliabuona.com e il canale YouTube "Sicilia Buona". Ha lavorato per il canale YouTube di informazione ed approfondimento CRESCERE INFORMANDOSI realizzando video interviste ed altri contenuti.