Giuseppe Giaconia di Migaido discende da nobile famiglia le cui origini risalgono ai primi dell’anno 1000. È laureato in Economia e Commercio ed è un grande appassionato di automobilismo storico e sportivo e, tra gli incarichi ricoperti, è stato presidente e fondatore del “Bridge Team Palermo”, presidente del Ferrari Club Sicilia e consigliere del Ferrari Club Italia. È Presidente dell’Associazione culturale “La Sicilia dei Florio” e Past President di ARACI-ITALIA, la fellowship che accomuna i Soci Rotary appassionati di automobilismo.
Ha pubblicato i romanzi Utopia Mediterranea, Vita di un Gattopardo, Dossier Atlantic, La stirpe di Draghi, Il pozzo della vita, Caleidoscopio di racconti; in collaborazione con lo storico Francesco Cuva, il volume Giaconia Baroni Di Migaido. Ha vinto i premi “Sicilia letteraria” e il “Premio Internazionale della Cultura” in Spagna per la sezione romanzi. Collabora con diverse riviste di automobilismo ed è direttore responsabile della rivista bimestrale “Notizie”, organo d’informazione dei Soci del Circolo Bellini di Palermo, fondato nel 1769 con la precedente denominazione di “Circolo di conversazione della Nobiltà”. (www.giuseppegiaconiadimigaido.it)
Nel corso dell’intervista realizzata da Michele Giacalone per Sicilia Buona, il Barone Giuseppe Giaconia di Migaido, oltre a parlarci della mitica Targa Florio e a raccontarci qualche particolare aneddoto, ci parla del suo ultimo libro dal titolo Il Principe di Roccabianca, edito da Edizioni Ex Libris.
Il Principe di Roccabianca, di Giuseppe Giaconia di Migaido
Il Principe di Roccabianca è un romanzo storico ambientato ad Erice, in Sicilia, tra il 1460 ed il 1530. La storia narra le vicende che il protagonista deve affrontare nel corso della vita e che si intrecciano con gli avvenimenti del periodo.
Il Principe Don Giacomo Roccabianca, la cui famiglia risale alla civiltà degli Elimi, popolo proveniente dall’Italia centrale che si insediò nei territori ad ovest della Trinacria, fu un nobile illuminato in quanto a differenza dei tanti nobili siciliani che, proprietari di grandi feudi, disdegnavano ogni attività imprenditoriale, diede corso a quanto i suoi predecessori avevano intrapreso: dalle saline all’agricoltura, dall’estrazione di marmi alle tonnare, per finire con una flotta navale suddivisa in due sezioni, la prima di carattere commerciale e la seconda di guerra per contrastare le continue azioni dei pirati barbareschi che terrorizzavano e depredavano le popolazioni rivierasche.
Don Giacomo Roccabianca effettuò nei propri feudi delle colture innovative con produzioni provenienti dalle recenti scoperte di Cristoforo Colombo nei territori delle Americhe. Si impegnò anche in politica, essendo stato nominato per ben due volte Viceré di Sicilia, ma il suo grande sogno di rendere la Sicilia uno stato indipendente non poté mai realizzarsi in considerazione delle politiche internazionali delle quali egli ne fu anche protagonista; un progetto non portato a compimento che avrebbe fatto dell’Isola una perla nel panorama mondiale.