Ritratti: giornaliste/scrittrici del nostro tempo Maurizio Piscopo incontra Anna Lisa MaugeriRitratti: giornaliste/scrittrici del nostro tempo Maurizio Piscopo incontra Anna Lisa Maugeri

RiPost -Ritratti: giornaliste/scrittrici del nostro tempo Maurizio Piscopo incontra Anna Lisa Maugeri

Serve tempo,

servono ferite,

servono ombre e buio

che esistono perché

da qualche parte

splende luce.

Benedico gli errori.

Benedico il dolore.

Benedico lo scalpello della vita

che scava e toglie pezzi

scolpisce corpo e anima

e resta l’essenziale…

Sono i versi per introdurre Anna Lisa Maugeri una grande risorsa della nostra terra, una persona molto impegnata che ha moltissimi interessi culturali e di impegno civile. La prima persona che mi ha parlato con entusiasmo di lei è stato il giornalista di Sciacca Accursio Soldano che mi ha posto una precisa domanda, mi ha chiesto se conoscevo il blog Sicilia Buona. Ho risposto di no, ma la notizia mi ha incuriosito e sono andato a visitarlo in rete. Sono rimasto affascinato dalle notizie culturali, dall’impostazione grafica e dalle curiosità letterarie, scritte con garbo e delicatezza. Ho chiamato Anna Lisa e le ho fatto i complimenti. Ho avuto modo di conoscerla telefonicamente. Anna Lisa è un personaggio multitasking. Si occupa di cultura, di scrittura, di musica, di giornalismo attivo quello che vuole cambiare la Sicilia, la terra a cui è profondamente legata da tenerissima età… Tra le sue passioni c’è il disegno e la musica. E’ legatissima alla sua famiglia. Penso che per molti anni dovrò ringraziare Accursio Soldano per avermela fatta conoscere. E’ stato uno degli incontri più belli del 2023. Ma andiamo a conoscere Annalisa da vicino.

D: Quando inizia la tua passione per la scrittura e qual è il potere di un libro, può cambiare la vita di una persona?

R: Sui banchi di scuola, divoravo i testi scolastici di antologia. Sfogliavo le pagine anticipando di mesi le lezioni, leggendo poesie e brani di autori per me ancora sconosciuti. Ero capace di perdermi per ore e dimenticare il resto dei compiti da svolgere. Leggendo sperimentavo la potenza delle parole, quelle che leggi e che sembra ti stiano leggendo dentro. I libri fanno magie, riescono a condurti in luoghi mai conosciuti, rendono familiari vite e vicende che non ti appartengono, o a sorprenderti narrando con parole adeguate ed efficaci situazioni, emozioni e sentimenti che conosci bene ma che non sapresti raccontare. Un libro può costringere il lettore a scoprire i propri limiti e a superarli. Quando parlo di limiti mi riferisco, ad esempio, a pregiudizi o sentimenti di intolleranza che impediscono di avere un pensiero critico verso determinati argomenti. E’ necessario esercitare mente e cuore per oltrepassare la superficie, guardare nel profondo delle cose e vedere il mondo che ci circonda e le vite “degli altri” da punti di vista mai contemplati prima. Ancora oggi, al di là delle grandi innovazioni tecnologiche e dell’avvento dell’intelligenza artificiale con le sue molteplici applicazioni e potenzialità, i libri restano lo strumento migliore per questo genere di “allenamento”. In quest’ottica, credo sia facile comprendere quanto le parole siano importanti, quanto possano cambiarci. E cambiare se stessi significa fare il primo passo per cambiare il mondo.

D: Che bambina sei stata ?

R: Ero un po’ un maschiaccio e andavo matta per i giocattoli elettronici, per i robot e le macchinine. Distruggevo bambole e Barbie tagliando loro i capelli e colorandole con i pennarelli, e questo provocava pianti disperati nelle mie sorelle maggiori. Dal mio punto di vista, stavo solo conferendo ad ognuna di esse maggiore personalità! Ero allo stesso tempo una sognatrice, non di principi azzurri, ma di viaggi avventurosi. Ero sempre troppo distratta, curiosa, fiduciosa, anche se con il tempo sono diventata più timida e prudente nei confronti degli altri, ma poi mi sono “addomesticata” alla prudenza.

D: Secondo te sono felici i bambini di oggi?

R: I bambini sono felici in ogni epoca se sono amati, rispettati e compresi. Sono gli adulti a non esserlo in nessuna epoca, se non nei propri ricordi, perché tendono ad idealizzare tutto ciò che non hanno e che non sono, soprattutto idealizzano il passato, rischiando così di non godere del presente, cosa che i bambini sanno fare benissimo.

D: Le parole sono pietre. Qual è la forza delle parole e quanto è importante l’uso della parola nel mondo in cui viviamo?

R: A giudicare da come vanno le cose, sembrerebbe che l’immagine stia prendendo il sopravvento sulle parole e i contenuti. Inoltre viviamo in un’epoca in cui quasi tutto sta perdendo la propria autenticità, perché tutto si può vendere e comprare, siamo dentro ad una enorme bolla in cui tutto è marketing e gli addetti alla comunicazione si limitano a creare slogan. L’umanità si sta impigrendo e la pigrizia va a braccetto con la banalità.

Lo sperimentiamo tutti, ogni giorno, lo verifichiamo ancora di più noi che operiamo nel mondo della comunicazione e dell’informazione. Il “sistema” dei social, ad esempio, è sviluppato in modo tale da mettere in evidenza e “premiare” immagini oppure testi molto brevi. Ma la maggior parte delle notizie e degli argomenti di interesse pubblico richiedono tempo, nonché un livello di attenzione maggiore per comprendere e analizzare.

Questa è la ragione per cui molta gente applaude Chiara Ferragni che indossa una costosissima e griffatissima stola con la scritta “Pensati libera”. Un’accozzaglia di immagini e concetti contrapposti: la donna ricca e dall’immagine stereotipata, schiava dei brand e dei loro canoni estetici, essa stessa un marchio vivente e che ha trasformato anche i propri figli in una occasione di business, che fa parte di un’élite e pretende di non essere contestata ma solo applaudita parlando di libertà a donne che affrontano quotidianamente problematiche e ostacoli non risolvibili con la semplice forza del pensiero. Questo è il modello di donna che la televisione pubblica osanna mentre si presta ad essere il set della prossima serie “The Ferragnez” firmata Netflix. In questo contesto anche le più belle parole perdono di significato. Serve credibilità. Per restituire valore e peso alle parole dovremmo anzitutto interrogarci sul concetto stesso di “valore” ai giorni nostri.

D: Hai mai pensato di trasferirti al nord?

R: Le persone che amo di più al mondo sono andate via dalla Sicilia da diversi anni, hanno creato la propria famiglia e si sono realizzate professionalmente altrove. Mi sento un po’ una superstite, lo ammetto, mi mancano tanto e se non fosse per i miei figli e mio marito, probabilmente sarei andata via anche io anni fa. Ho amici che vivono nel Lazio, in Toscana e in Lombardia. Molti mi consigliano di lasciare la Sicilia perché, a detta loro, avrei più possibilità di intraprendere una carriera nel mondo del giornalismo in qualche altra grande città del nord Italia. Sento spesso amici siciliani raccontare meraviglie della vita stupenda che i propri figli farebbero da quando sono andati via, ma chiacchierando ed approfondendo è facile capire che non si tratta affatto di una vita idilliaca: nella maggior parte dei casi, lavorano tutto il giorno e quel che guadagnano basta appena a sopravvivere e ad affrontare le spese per l’affitto. Una dimensione in cui si vive letteralmente per lavorare. Malgrado ciò, abbandonare il sud Italia per vivere e lavorare al nord oggi è considerato da molti sinonimo di successo. E’ un po’ come quando si partiva per l’America il secolo scorso: spesso chi emigrava all’estero si ritrovava a fare lavori faticosissimi, a vivere una vita difficile, tra discriminazioni ed enormi sacrifici, ma per chi restava era già una leggenda, era uno che ce l’aveva fatta. Per quel che mi riguarda, ho nostalgia di casa anche quando mi sposto da Catania verso altre province siciliane e non vedo più l’Etna all’orizzonte! Malgrado le tante criticità della nostra terra, la sento parte inscindibile di me. E’ proprio qui che voglio vivere.

D: Ti ho sentito suonare e cantare. Hai una bellissima voce. Quali sono le canzoni che canti, sono tue composizioni?

R: Suono la chitarra perché era lo strumento a me proibito da bambina. Mio padre aveva comprato da ragazzo, con i soldi del primo stipendio, la sua prima e unica chitarra acustica. Anche se non aveva mai studiato musica, suonava a orecchio. Custodiva quella chitarra gelosamente. La teneva in alto sopra ad una piccola libreria, che però da bambina mi sembrava gigante. Era il posto più sicuro che aveva trovato per evitare che noi bambini potessimo maneggiarla e rovinarla. Era diventato il mio desiderio proibito, per questa ragione chiesi di avere una chitarra tutta mia in occasione del mio tredicesimo compleanno. Mi accontentarono. Imparai a suonarla da autodidatta servendomi di un testo scolastico di musica. Cantare è stata una conseguenza naturale, oltretutto mi è sempre piaciuto. Passavo intere giornate ad ascoltare i brani musicali del momento e a riprodurli. Bisognava arrangiarsi, ascoltare bene e più volte ogni brano, non avevo spartiti e non esisteva internet con i migliaia di siti e tutorial che oggi permettono di trovare qualsiasi cosa velocemente. Parliamo della seconda metà degli anni ‘90, quindi suonavo la musica di quell’epoca, Oasis, The Cranberries, Radiohead, Vasco Rossi, ma anche Eric Clapton, Supertrump e molto altro. Mi divertivo anche a comporre brani miei, testi rigorosamente in inglese perché faceva più figo! Creavo e poi, quando ero soddisfatta del risultato, registravo i pezzi in una audio cassetta che conservo ancora per ricordo. Per qualche anno ho suonato in un gruppo musicale ed è stato il periodo più divertente! Oggi suono e canto di tanto in tanto perché è una sorta di mia esigenza personale; c’è chi fuma, chi ama cucinare, chi va in discoteca… io suono e canto. Condivido raramente sui social le mie “performance”. Quando lo faccio è perché per me ha un significato preciso e mi sento particolarmente legata ad un determinato brano o cantautore. Non mi aspetto complimenti, consapevole di non fare nulla di eccezionale, ma c’è chi, come te, apprezza e questo mi fa certamente piacere.

D: Hai ricevuto premi importanti Premio della Giuria – Seconda classificata Concorso Letterario Donna Semplicemente Donna nov 2011 Romanzo inedito “Respira”, Premio della Giuria nov 2010 Racconto inedito “Iris in bianco e nero”. Cos’ hai provato nel ricevere questi riconoscimenti?

R: Ricevere un premio è certamente emozionante e gratificante, ma questi due premi hanno avuto un significato particolare per me. A quell’epoca cercavo di riappropriarmi della mia identità e delle mie passioni. Ho scelto di sposarmi e di diventare mamma a vent’anni, uno dei periodi più belli ed emozionanti della mia vita, malgrado tutta la fatica e le responsabilità che comporta diventare genitore. A quella età l’entusiasmo, la fiducia nel domani ed un pizzico di incoscienza sono ingredienti fondamentali e ti permettono di sfidare il mondo a testa alta e di affrontare con grande spavalderia qualsiasi timore. Oltretutto, la maternità ha un effetto inaspettato: sei madre dal primo istante in cui percepisci una nuova vita crescere e muoversi dentro di te. E’ un’esperienza che sconvolge tutto dentro e fuori di te. Ti scopri improvvisamente guerriera pur di proteggere e difendere una nuova vita. Mi sono dedicata esclusivamente ai miei figli e alla mia famiglia per tanti anni, ma non avevo mai abbandonato il desiderio di lavorare e di realizzarmi professionalmente. Ad un certo punto, però, mi sono accorta che tutti intorno mi vedevano solo come moglie e madre, i miei sogni ed i miei progetti non venivano mai presi sul serio.

Più il tempo passava e più mi sembrava di vivere una vita “per delega”: ero diventata solo “la moglie di” o “la madre di”, il mio nome e cognome ormai non erano più così rilevanti. Ero quella a cui parlavano di ricette, di pranzi o cene da organizzare, di figli e di impegni familiari, di lavatrici e ottimi detersivi, mentre io tendevo l’orecchio ai discorsi su politica e attualità, finendo per intrufolarmi e dire la mia.

Non sapendo da dove cominciare per riprendere in mano la mia vita di individuo, ho fatto ciò che amavo fare: scrivere. Non avevo mai partecipato a concorsi letterari prima e ho inviato i miei racconti senza aspettarmi nulla, quasi per rompere la noia.

Vincere il Premio della Giuria per il racconto “Iris in bianco e nero” è stata un’emozione particolare. Per la prima volta dopo tanto tempo il mio nome bastava ad identificarmi e il mio scritto era stato letto, compreso, ritenuto degno di ricevere un riconoscimento. Da allora ad oggi ne sono accadute di cose. Per carattere, non amo essere al centro dell’attenzione, i complimenti mi imbarazzano. Per queste ragioni non ho mai fatto pubblicità dei miei piccoli successi in questi anni, né dei premi ricevuti né dei traguardi raggiunti. Non è questione di umiltà, piuttosto è la necessità di non perdere di vista l’obiettivo crogiolandomi troppo nell’entusiasmo del momento. Il mio obiettivo è crescere professionalmente e umanamente.

D: Oggi per strada non canta e non sorride più nessuno. Dove sta andando la nostra società? Comunicare è diventato sempre più difficile. Ci sono uffici dove le persone non si parlano più…

R: E’ vero, oggi si condividono gli stessi spazi mantenendosi distanti gli uni dagli altri, immagino accada per prudenza. Allo stesso tempo, ci si sente meno soli e più vicini agli altri condividendo a distanza qualsiasi cosa, pensieri, ricordi, immagini e parole… Empatie, simpatie e antipatie virtuali!

C’è chi scrive sui social qualunque cosa, anche la più inutile, come il fatto di essere in fila alla posta; chissà se poi queste persone, tornate a casa, riescono a chiedere con reale interesse ai propri familiari com’è andata la giornata e a raccontare qualcosa di significativo di sé…

Tutti con i capi chini sui propri smartphone. Preferiamo dialogare con chi non ci conosce e non conosciamo. Accade perché chi ci sta accanto non ci ascolta veramente? Non ci sentiamo compresi? Oppure è semplicemente più facile essere “splendide persone” con chi non sa nulla di noi, se non quello che vogliamo raccontare? E se qualcuno osa contraddirci o ci mette di fronte ai nostri errori e limiti, basta bloccarlo e cancellare tutto. Una bella comodità!

Ecco cosa siamo diventati: maschere che vogliono solo essere celebrate ed applaudite continuamente, per pura vanità. Siamo già pronti ed addestrati per il Metaverso e se non ci decidiamo a tornare alla realtà, a parlare, confidarci e confrontarci con chi ci è accanto, ad occuparci delle persone a noi più care, saremo destinati a vivere un’esistenza virtuale fantastica, ma una vita reale sempre più vuota.

D: Tu e le donne. Cosa sfugge agli uomini delle donne del nostro tempo?

R: Come si fa a non essere affascinati dalle donne! L’universo femminile è incredibilmente complesso, difficile da raccontare, straordinario, sorprendente e ammaliante. Per queste ragioni capisco quanto possa essere difficile per alcuni uomini comprenderle senza sentirsi sopraffatti. Ho l’impressione, però, che anche le donne abbiano faticato negli ultimi decenni ad accettarsi per ciò che sono e che si siano sentite costrette a rinunciare spesso a qualcosa di sé, senza vivere mai pienamente la propria identità. Accade ancora oggi in un mondo che, in molti ambiti, è fatto a misura d’uomo. Si cade in errore, però, se si pensa che sia necessario assomigliare agli uomini per avere una vita sociale piena e soddisfacente e fare carriera nel mondo del lavoro. Per abbattere davvero ostacoli, pregiudizi e seppellire modelli di donna e stereotipi credo sia indispensabile affrontare il mondo a testa alta, armate delle proprie qualità e della propria unicità, senza farsi dettare più da nessuno le regole del successo.

D: La Tv continua a proporre un ruolo poco chiaro della donna moderna. Le leggi non seguono i cambiamenti della società, nella politica c’è una ricerca folle di cercare i voti, per creare ingiustizie e disuguaglianze …

R: Per quanto la politica si prodighi ad imporre le proprie ideologie, a prescindere che si tratti di ideologie di destra o di sinistra, la realtà del Paese va verso il futuro e la fisiologica evoluzione sociale e culturale rispetto a certi temi, come ad esempio per i diritti civili, riconoscendone l’importanza. Il cambiamento e il progresso non possono essere evitati, al massimo rimandati nel tempo. Per questa ragione è importantissimo che i governi si alternino, soprattutto che non siano governi tecnici, ma democraticamente eletti dai cittadini.

Anche la televisione italiana, pur continuando a proporre donne stereotipate, labbra a cannotto, seni super siliconati su fisici anoressici, non ha più la forza di imporre dei modelli come accadeva un tempo. Da questo punto di vista, sono più abili e purtroppo pericolosi i social. La conoscenza e la consapevolezza sono le uniche armi per difendersi. Infine, noi italiani dovremmo imparare ad essere più coraggiosi quando c’è da protestare e scendere nelle piazze, dovremmo essere solidali con chi soffre e subisce ingiustizie anche quando non ci riguardano direttamente. Un popolo che subisce, si abitua a tutto e tace non è il sintomo di una democrazia in buona salute, ma di un potere che vince comunque senza dover imporre dittature.

D: A chi si rivolge Sicilia Buona e quanti e chi sono i lettori che la seguono?

R: Ho creato Sicilia Buona pensando alle persone comuni, a tutti coloro che attraverso la propria arte o il proprio ingegno, in diversi ambiti, cercano di illuminare questa terra, di riabilitarla agli occhi del resto dell’Italia e del mondo, e lo fanno nel rispetto di principi e valori imprescindibili. Ma Sicilia Buona è anche il megafono per tutte quelle persone che vogliono denunciare ingiustizie e soprusi, per quanti si trovano in difficoltà a causa delle eterne problematiche della nostra terra e delle criticità economiche e sociali di questi tempi. Chi mi segue sa che su Sicilia Buona non troverà gossip o articoli acchiappa clic. Tutti gli argomenti trattati, dai più impegnativi a quelli un po’ più leggeri, rispondono all’esigenza di conoscere, approfondire e a volte anche celebrare il bello e il buono che esiste e resiste in Sicilia. Preferisco pubblicare pochi contenuti, ma buoni. I lettori di Sicilia Buona lo hanno compreso bene e apprezzano questa linea editoriale, cosa non scontata in un mondo dove sempre più spesso anche le grandi testate giornalistiche si adeguano a pubblicare articoli spazzatura pur di racimolare sui social visualizzazioni, generare reazioni e condivisioni. Della mia scelta sono orgogliosa, non paga a livello economico, ma posso guardarmi allo specchio ogni giorno con orgoglio.

D: Gesualdo Bufalino a proposito della Sicilia ha scritto che esistono cento Sicilie. Cosa pensi in proposito?

R: Gesualdo Bufalino ha ben descritto la complessità della Sicilia e la sua identità. Siamo la terra desiderata, conquistata, abbandonata, punto di approdo, salvezza per i naufraghi, ma non solo terra di passaggio. Qui tante culture e civiltà hanno messo radici forti e determinato la fioritura di tradizioni, sapori e bellezze architettoniche mozzafiato. La Sicilia è fatta di tanti colori accesi e di poche sfumature, esagerata in tutto e sempre, generosa, fiduciosa, a volte credulona, sfacciata e prepotente, determinata ma anche autolesionista, troppe volte dedita all’autocommiserazione e vittima del proprio vittimismo. Ma non si può fare altro che amarla, difenderla, credendo sempre nella sua rinascita, laddove muore di povertà e altre miserie.

D: Cambia qualcosa se Dio si mette a scrivere?

R: Non so se esista un Dio da qualche parte, ma se così fosse, sarebbe certamente uno scrittore e noi i suoi romanzi. A volte, però, scrive libri che non vorrei mai leggere, troppo tristi, dolorosi e senza nemmeno una morale che possa giustificarlo.

D: Perché in Italia si legge così poco?

D: Perché la lettura richiede tempo, attenzione e non risponde alle esigenze attuali degli individui moderni. Anche l’aspetto economico è rilevante: in un Paese dove persino i lavoratori non precari sono sempre più poveri, bisogna scegliere tra 20 euro per un libro o per la spesa. Poi, c’è da dire che molti italiani trovano più utile trascorrere due ore in palestra a sudare e gonfiare muscoli, o pomeriggi interi a girare e rigirare come trottole per i centri commerciali, piuttosto che leggere un libro. Se vai in palestra la gente lo noterà al primo sguardo. Se indossi abiti nuovi e scarpe di tendenza se ne accorgeranno. Ma se leggi libri? Chi se ne accorgerà a colpo d’occhio? Il valore dell’ultimo libro che hai letto lascia segni profondi in termini di arricchimento intellettuale e umano, ma non immediatamente visibili. I libri si leggono in luoghi tranquilli ed appartati, non sono il miglior modo per socializzare, almeno non se stai leggendo. Meglio una moto e un giro per i locali più alla moda. Oggi non è più figo leggere.

D: Cosa cambierà il mondo, la bellezza, la letteratura, la musica, il cinematografo?

R: L’arte in tutte le sue forme ha un potere indiscutibile e un forte ascendente sull’animo umano. L’arte può scuotere dall’indifferenza, accendere l’indignazione contro tutti i mali della nostra epoca, allenare gli individui e la collettività al pensiero critico, promuovere ideali giusti come la solidarietà e il rispetto altrui. Ma purtroppo questo mondo funziona in un altro modo e l’arte non basta. Abbiamo consegnato il mondo a pochi individui, tutti ricchi e potenti, una vera e propria élite, gente che non sa nemmeno quanto costa fare oggi la spesa per una famiglia di quattro persone (…loro mangiano nei migliori ristoranti…), e di qualunque spesa o incombenza che li riguardi se ne occuperà qualcun altro per loro, tanto hanno ottimi stipendi e zero problemi economici!

Loro, intanto, decidono a chi e cosa/quanto sottrarre per far quadrare i bilanci delle nazioni. Questo perché ormai la politica ragiona e calcola gli equilibri del mondo solo per sottrazione: diminuire la spesa pubblica, sottrarre risorse alla sanità, alla scuola, ai lavoratori, ai pensionati… persino sottrarre diritti. Se le persone ed il loro stato di benessere fossero considerati la priorità, e non il denaro, allora cambierebbero le scelte politiche e tutto il resto di conseguenza. Ma evidentemente, non è una priorità funzionale alla sopravvivenza e al benessere delle élite.

D: La violenza sulle donne è uno dei più gravi problemi della società in cui viviamo. Cosa si può fare per fermarla?

R: Argomento assai delicato e difficile da affrontare. Mi sono interrogata e confrontata in merito a questo fenomeno in molte occasioni, sia con donne che con uomini. Spesso, a seguito di notizie di cronaca che raccontano casi di femminicidio, diamo frettolosamente spiegazioni facili al riguardo. Per alcuni anni abbiamo pensato che gli uomini non riuscissero a stare al passo con l’emancipazione femminile, che in particolare quelli più adulti e con un livello di istruzione più basso fossero sopraffatti dai cambiamenti sociali e culturali perché ancora imprigionati in una mentalità retrograda, maschilista e misogina. Ma in realtà assistiamo anche a delitti commessi da uomini molto giovani e con un buon livello di istruzione, o addirittura ragazzini che tormentano e annientano psicologicamente le fidanzatine, in alcuni casi arrivando ad ucciderle in maniera brutale. E’ un fenomeno molto più complesso di quello che vorremmo credere. Le leggi sono importanti ma non bastano, è necessario un intervento più incisivo dal punto di vista culturale ed educativo sentimentale, rivolto non solo agli uomini ma anche alle donne.

Inoltre, il sistema, sin dalla denuncia, non sempre funziona: a volte quando una donna decide di denunciare assiste ad un rimbalzo di competenze tra uffici, forze dell’ordine, presidi sanitari, medici, psicologi, e associazioni che operano in questo ambito. Questo genera confusione, non fa sentire la vittima di violenze protetta e tutelata. C’è il rischio concreto di mettere ulteriormente in difficoltà chi ha bisogno di aiuto. Tutto è perfettibile, ma dobbiamo arrivare al cuore del problema, capire bene le dinamiche del fenomeno e mettere in atto tutte le strategie possibili per debellarlo.

D: Chi sono i tuoi scrittori di riferimento?

R: Devo dire che io mi affeziono al singolo libro più che agli autori in generale. Ho letto molti libri di Andrea Camilleri, ad esempio, e quelli che ho preferito non hanno niente a che fare con il Commissario Montalbano, anzi il libro di Camilleri che preferisco in assoluto non ha nemmeno a che fare con la Sicilia, s’intitola “Un sabato, con gli amici”. Non elencherò ovviamente tutti i titoli dei libri che amo e che per me sono esempio per contenuto e stile, ma solo alcuni degli autori che mi hanno sempre affascinata, oltre al Maestro Andrea Camilleri: Luigi Pirandello, Erri De Luca, Antonio Tabucchi, Luciano De Crescenzo, Susanna Tamaro, Maria Grazia Calandrone, Paolo Giordano, Mauro Valentini, e poi Paulo Coelho ed Ernest Hemingway con il suo “Il vecchio e il mare”…

Ultimamente leggo libri inchiesta e saggi, oppure libri di autori ancora poco noti che tentano di farsi spazio nel panorama letterario. Poi c’è la poesia che non si dovrebbe mai sottovalutare e alla quale nessuno dovrebbe mai sottrarsi. Anche nel caso della poesia per me valgono più i singoli componimenti che i poeti. Il fatto è che, in fin dei conti una poesia, così come un romanzo, una volta venuta al mondo, appartiene a tutti noi, non importa più chi l’ha scritta, perché parla di noi e rende chiaro alla mente e al cuore ciò che è davvero molto complesso da comprendere e spiegare. Il poeta è l’interprete dell’animo umano, delle gioie e degli affanni determinati da vicende ordinarie e straordinarie, senza tabù né paura nel raccontare luci, ombre e contraddizioni.

D: Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

R: Progetti? Ne ho un paio, ma me la cavo meglio con i sogni. La strada è lunga, intanto mi godo, passo dopo passo, il tragitto.

BIOGRAFIA

Anna Lisa Maugeri nasce nel 1983 in Sicilia, a Catania. Sin da piccola è affascinata dal mondo della comunicazione in tutte le sue forme, dalla carta stampata al mondo radio televisivo e in seguito l’universo del web.

Dopo aver dedicato la sua vita alla famiglia come madre e moglie, decide di seguire le sue passioni, prima fra tutte la scrittura creativa. In seguito partecipa ad alcuni concorsi letterari ed ottiene diverse soddisfazioni.

Nel 2019 scrive il suo primo articolo, un’inchiesta sul costo sostenuto dalle famiglie italiane per garantire terapie adeguate ai propri figli affetti da sindrome dello spettro autistico, proponendone la pubblicazione ad una rivista online. Da quel momento decide di intraprendere un nuovo percorso e dedicarsi al mondo dell’informazione. Ad affascinarla è ancora una volta la potenza delle parole, non più solo strumento per narrare storie verosimili e scrutare l’animo umano con le sue contraddizioni, ma arma efficace per raccontare la realtà che ci circonda senza retorica, denunciando pubblicamente soprusi ed ingiustizie.

E’ così che inizia a lavorare per passione nel mondo della comunicazione e dell’informazione sul web realizzando articoli ed interviste su diversi temi: attualità, economia, scienza, medicina, politica e tematiche sociali.

In questi anni ha lavorato per il canale YouTube CRESCERE INFORMANDOSI realizzando video interviste ed altri contenuti.

Ha collaborato con il giornalista STEFANO PIETTA e la sua web radio STERADIODJideando e realizzando la rubrica MONDO DONNA dedicata al mondo delle donne di oggi con ospiti di rilievo, tra cui la giornalista Tiziana Ferrario e la scrittrice e poetessa Maria Grazia Calandrone.

Ha collaborato con CLAUDIA BALDINI ed il suo canale L‘ARTE DEL COMUNICAREideando la rubrica RELAZIONIAMOCI per approfondire la complessità delle relazioni sociali e dei rapporti umani ai giorni nostri, epoca caratterizzata dall’avvento dei social e delle nuove tecnologie, nonché da paure e cambiamenti determinati dalla pandemia 2020.

Contemporaneamente ha creato il progetto editoriale Sicilia Buona (www.siciliabuona.com).

Di Maurizio Piscopo

Giuseppe Maurizio Piscopo (Favara 1953), maestro elementare, compositore e musicista, ha collaborato con Radio Rai Sicilia e attualmente scrive per diverse testate, tra le quali Ripost, Sicilia ON Press e Malgrado tutto. Ha pubblicato, tra gli altri, Musica dai saloni (Casa Museo Palazzolo Acreide, 2008), Merica Merica. Viaggio verso il nuovo mondo, con Salvatore Ferlita e le foto di Angelo Pitrone (Salvatore Sciascia Editore, 2015), Le avventure di Lino Panno (Qanat Edizioni, 2017), La maestra portava carbone, con Salvatore Ferlita (Torri del Vento, 2018), Il vecchio che rubava i bambini (Aulino Editore, 2019), finalista al Premio Racalmare, Raccontare Sciascia, con Angelo Campanella (Navarra Editore, 2021), Vitti ’na crozza. La storia e la musica dei fratelli Li Causi, con Antonio Zarcone (Lilit Books, 2021). Nel 2022 ha ricevuto il premio “Un Maestro per la vita”.

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