Il Tribunale dell’Unione Europea ha annullato la decisione della Commissione europea che negava al New York Times l’accesso ai messaggi di testo scambiati tra la presidente Ursula Von der Leyen e il CEO di Pfizer, Albert Bourla, nel periodo gennaio 2021–maggio 2022, durante il negoziato per la fornitura dei vaccini anti-Covid.
I giudici di Lussemburgo hanno rilevato che le motivazioni della Commissione — basate su “ipotesi” o “informazioni mutevoli e imprecise” — non erano sufficienti e che, secondo il regolamento UE, un semplice “non possediamo i documenti” non può bastare a escludere la loro esistenza.
La sentenza rappresenta un vero e proprio colpo politico per Von der Leyen, nel pieno del suo secondo mandato, e riafferma il diritto di accesso agli atti come principio cardine della trasparenza istituzionale. Pur non imponendo la pubblicazione forzata degli sms, il Tribunale Ue costringe la Commissione a spiegare dove e come ha cercato quei messaggi, se li ha archiviati e perché non li ha considerati rilevanti. Sullo sfondo, il sospetto che gli sms possano essere stati cancellati alimenta il caso, ribattezzato “Pfizergate”.
La Commissione europea ha ora due opzioni: presentare ricorso alla Corte di Giustizia entro due mesi e dieci giorni sulle questioni di diritto, oppure adottare “una nuova decisione con spiegazioni più dettagliate” per conformarsi al principio di trasparenza. L’eco politica della sentenza ha già scatenato le reazioni dei sovranisti europei, sottolineando l’importanza dell’integrità e della responsabilità ai vertici delle istituzioni UE.