La Gurfa di Alia – Foto di copertina di Carmelo Montagna
Nel cuore della Sicilia interna, al confine fra i territori di Palermo, Agrigento e Caltanissetta, protetta dalle colline di Alia, si apre uno degli enigmi architettonici più affascinanti dell’isola: gli Ipogei della Gurfa. Non quindi una semplice “grotta”, ma un intero complesso rupestre scavato nell’arenaria rossa, dominato da una straordinaria sala campaniforme che da secoli attira studiosi, archeologi e visionari, anche per la suggestione di quel suo Oculus che tanto avvicina al Panteon di Roma.
Tra i pochi che ne hanno studiato con sapiente costanza la forma e l’essenza, spicca il professor Carmelo Montagna, architetto e docente- storico dell’arte, che ha saputo trasformare la Gurfa da “oggetto misterioso” a paradigma di un’architettura simbolica e cosmica.

Granaio o tomba-tempio di Minosse e santuario del Sole?
La Gurfa sembra fatta apposta per alimentare leggende. E’ stata identificata come opera preistorica legata al culto della Grande Madre e santuario del Sole; come paragonabile alle celebri tholoi micenee e, sulla base di questi precedenti come struttura residuale della mitica tomba del re cretese Minosse proprio da Carmelo Montagna. Le teorie si moltiplicano, ma è proprio con Montagna che si delinea una organica nuova visione: quella della Gurfa come “teatro di luce”, costruito non solo per contenere uomini o raccolti, ma per accogliere il sole nei momenti sacri dell’anno. Nel suo libro Il Tesoro di Minos, unico al momento disponibile presso Officina Studi Medievali Ed. con prefazione di A. Musco, Montagna propone un’interpretazione che unisce storia, mito, astronomia e geometria sacra, mostrando come la struttura della thòlos centrale sia allineata con precisione ai cicli equinoziali e solstiziali.
“Terra & Luce” nella thòlos della Gurfa – BCsicilia, considerazioni sui fenomeni di Luce osservati agli Equinozi ed ai Solstizi del Prof. Carmelo Montagna
Il rituale della luce
Oltre al resto di osservazioni ancora in corso, documentate con cura nella rubrica Terra&Luce che tiene su esperonews.it, due volte l’anno, al mezzogiorno degli equinozi, un raggio di sole penetra, come nella meridiana della Cattedrale di Palermo, da foro-gnomone angolato da parete meridionale della sala principale e colpisce quello che resta della fossetta del nadir sul pavimento, creando un evento unico: la luce che incontra il cuore della terra per l’arrivo della Primavera. Montagna, sulla scia di Mircea Eliade, chiama questi fenomeni “ierofanie”, ovvero manifestazione del sacro, che orientano con precisione di scopo nell’ambito della Storia delle religioni . Durante il solstizio d’estate, invece, un ovale di luce, definito mandorla, danza sulle pareti, creando un effetto visivo tanto preciso quanto suggestivo che, al mezzogiorno tocca il pavimento con “effetto magico di trasfigurazione sulla figura umana”. Le misurazioni rivelano un uso deliberato di proporzioni auree e del Triangolo Sacro (72°-36°-72°), elementi che rivelano una conoscenza geometrica avanzata da parte del progettista-costruttore, che Montagna definisce per questo “architetto dedalico”. Argomento questo che ci riporta a dimensioni protostoriche accertate proprio dalla sicura presenza egeo-micenea in questi territori della Valle del Platani, antichissima Chora di Kamikos, nella Saga di Dedalo-Minosse-Kokalos.
Alia, Grotte della Gurfa – video dal canale YouTube di Angelo Pellegrino
Un santuario antico o una fortezza medievale?
Sulla funzione originaria della Gurfa i pareri divergono. Alcuni, orientati forse da un affrettato giudizio dell’allora Soprintendente Vincenzo Tusa in forte polemica con la compianta Silvana Braida, ne ipotizzavano l’uso come granaio collettivo di epoca islamica, paragonandolo ai ghorfas berberi. Pochi altri, tra cui Montagna, vedono in essa ciò che resta di una Tomba-Tempio-Palazzo-Telesterion mediterraneo, una sorta di tempio iniziatico, dove si celebravano riti di morte e rinascita per la Figura del Minos-Sovrano-Re del Mondo di tradizione egeo-sicana. Questa interpretazione si fonda su indizi architettonici come la cripta funeraria con “pozzo di discesa”, il “vano ad utero”, la fossa centrale, le nicchie ad abside, la disposizione in carpenteria lignea delle tribune e l’effetto acustico della sala, oltre i simboli graffiti ed il Tridente che marca l’ingresso. Tutto concorre a costruire l’immagine di un luogo di culto arcaico, in cui l’uomo si confrontava con il cosmo.
Una ricerca tra rigore e contemplazione
Ciò che distingue Montagna non è solo l’acutezza analitica, ma la sua capacita di ascolto del luogo. Nei suoi scritti, la Gurfa non viene semplicemente descritta: viene interrogata. Ogni elemento architettonico diventa parte di un dialogo tra materia e spirito. Il suo approccio, al tempo stesso poetico e scientifico, ha restituito dignità sacrale a un sito che per decenni era stato ridotto a “magazzino medievale”, che è pure cosa importante.
Non stupisce che l’archeologa Marina De Franceschini, esperta di fenomeni di luce nei templi antichi, abbia definito la Gurfa un “Pantheon della protostoria”, proprio per i suoi studi importanti di ierofanie al Pantheon di Roma. Visitandola ne ha confermato le straordinarie proprietà ottiche, paragonando l’esperienza a un “bacio del sole” che trasforma la grotta in uno spazio epifanico.
Un patrimonio da custodire
Nel tempo, la Gurfa è quindi stata molto probabilmente necropoli, tempio, chiesa, moschea ipogea, monastero teutonico, granaio, rifugio, abitazione contadina, ogni civiltà che l’ha incontrata vi ha lasciato un segno, trasformandola senza mai cancellarne del tutto la possente sacralità. Oggi più che mai, grazie anche alla voce appassionata di Carmelo Montagna, possiamo vederla non solo come un bene archeologico, ma come testimonianza viva di una cultura mediterranea profonda, che parla attraverso la luce, il mito e la geometria.
Per saperne di più aspettiamo la imminente uscita di due nuovi suoi testi di sintesi: Gurfa Aurea e La Via della Thòlos.