Alessandro GalloAlessandro Gallo

Nato a Napoli nel 1986, figlio di un affiliato camorrista, Alessandro Gallo è oggi scrittore, attore teatrale e regista. Il suo esordio nel 2011 con il romanzo autobiografico Scimmie, liberamente ispirato a Giancarlo Siani, edito da Navarra Editore, riscuote un grande successo e porta alla luce il suo talento e la sua storia.

Alcune persone si adeguano, volenti o nolenti, ad un percorso che sembra già programmato. Altre, riprendono in mano la propria vita, facendone un foglio bianco da scrivere e colorare a proprio modo. Alessandro Gallo scrive, così, la sua vita e la fa nuova. Ci saranno pagine dalle quali non si può cancellare la parola camorra, ma impara lungo il tragitto che quella parola deve restare, sarà necessaria per scriverne altre di parole.

Seguono nel 2014 Andrea torna a settembre e Tutta un’altra storia nel 2017. Riceve numerosi premi per i suoi scritti e la Medaglia d’argento al valor civile Premio Carlo La Catena per l’attività editoriale e per il teatro di impegno civile nel 2014.

Dal 15 ottobre di quest’anno torna nelle librerie con il suo ultimo libro Era tuo padre, edito da Rizzoli per la Collana Ragazzi.

D: Alessandro, quando e come hai avuto la consapevolezza del peso del cognome che porti e della famiglia dalla quale provieni?

R: Ho chiare due situazioni, due avvenimenti distanti quattro anni circa l’uno dall’altro, ma la loro distanza mi è servita a costruire consapevolezza e ribellione:

La prima volta, accadde in strada, avevo circa 14 anni, stavo rientrando a casa, decine di volanti della Polizia sfrecciarono davanti ai miei occhi.

Elicotteri che giravano su sé stessi come impazziti, sentinelle e spacciatori che si nascondevano. Pensai al solito arresto, ma girato l’angolo di un palazzo, pochi metri dal portone di casa, vidi un enorme furgone blindato sotto casa: arrivò a casa mia cugina da circa dieci anni in galera, venne a salutare sua madre che stava molto male, colpa di una leucemia acuta.

In quei giorni pensammo che sarebbero stati gli ultimi e a mia cugina, in carcere al 41 bis, fu data la possibilità di salutarla. Di ritornare in casa scortata e restarci per otto ore.

In quelle otto ore vidi negli occhi di tutti i miei vicini di rione ammirazione per quella passerella armata, per quel passaggio forzato di una ragazza che io credevo fosse una delinquente e nient’altro e invece iniziai ad essere curioso e a scrivermi finalmente la storia giusta, quella vera: mia cugina era Nikita, la prima donna-capo della camorra.

La seconda volta avevo compiuto da poco 18 anni, percorrevo in metro la strada per la scuola ed il mio volto cadde sulla prima pagina di un giornale: mio padre era là, il suo volto, un po’ sgranato un po’ grigio, appariva sulle cronache di Napoli, un giornale che leggevamo spesso al bar, in casa e a scuola, curiosi delle imprese sanguinarie della camorra.

Mio padre era uno di loro e il giornale era chiaro nel raccontarlo: “affiliato camorrista”.

D: Nella storia della tua vita, cosa ha realmente fatto la differenza rendendoti abbastanza forte e libero da scegliere che tu, con quel mondo, non volevi avere nulla a che fare?

R: Il teatro e quella mia dannata ossessione di fare nella vita il narratore.

Raccontare, qualsiasi cosa, pur di intrattenere o meglio ancora aiutare a capire, ma capii da subito che per farlo bisognava essere credibili e allora dovevo fare una scelta: prendere le distanze da quel mondo.

D: Sei andato via dalla tua città per andare a vivere lontano. Perché questa decisione? È stata una scelta obbligata?

R: Anche si o anche no, ancora devo capirlo: sono scappato con la scusa del teatro, forse era solo voglia di andare via senza salutare nessuno, portandomi dietro l’abbraccio più tenero di mia madre.

D: Il Teatro, la scrittura e il tuo ruolo di educatore e di formatore ci mostrano l’uomo che sei diventato, la vita che hai scelto e la persona che sei e che vuoi essere. Oggi ti relazioni con molti adolescenti da nord a sud Italia. Guardando indietro, come descriveresti il ragazzino che eri? Chi era l’Alessandro adolescente?

R: Allegro, sempre sorridente e un po’ camaleontico: capace di vestire abiti diversi, quelli giusti ad ogni occasione.

D: La camorra, come tutte le mafie, è un’eredità che spesso i figli di camorristi si ritrovano a gestire, un filo ad essi consegnato perché se ne continui a tessere le maglie. Nel tuo caso la catena è stata spezzata, ma per molti altri non sempre va così. Perché è difficile sottrarsi?

R: Nel mio caso credo sia accaduto di peggio: nessuna catena ci legava materialmente ma al contrario la strada presa da mia cugina, così come da mio padre, è stata percorsa da entrambi in piena autonomia giocando sul fattore della riconoscenza verso i loro confronti per non aver mai coinvolto nessuno. La camorra è sottrazione, ma loro non hanno mai sottratto nulla alla nostra vita, al contrario hanno più spesso favorito la nostra ricchezza materiale e sociale: il senso di appartenenza da usare come credito che ci ha resi tutti corpi grigi tra due mondi; quello del bianco, del bene, che non evitavamo ma non stimavamo e quello del nero, del male che non imitavamo ma non lo evitavamo. Un pericoloso gioco di colori che ci ha segnati.

D: Cos’è la camorra?

R: Quello che faccio io tu non lo devi fare.

Quello che fai tu lo fai solo grazie a me, ma lo devo fare prima io.

D: La camorra e le mafie in genere, si servono dei più giovani per reclutare manovalanza, specie per lo spaccio di sostanze stupefacenti. Perché è il mondo degli adolescenti quello più adatto per tale scopo? Perché è pieno di spazi vuoti, è un mondo in costruzione e, dunque, duttile?

R: ‘A creatura (il bambino) è un corpo liquido: sa scivolare e spesso fai fatica a tenerlo fermo e, nel caso dovessi riuscirci, riesce ad essere più omertoso dello stesso boss che lo ha istruito perché sa che in galera non ci metterà piede e la sua fedeltà porterà premi in casa sancendo tra le mura domestiche la sua figura di figlio, fratello, nipote, eroe.

Credono di vivere in un film epico, ma stanno vivendo un inferno a tempo determinato.

D: La mafia di oggi è molto più sfaccettata e subdola della mafia che abbiamo conosciuto noi nati negli anni ottanta, si occupa dei propri affari e traffici economici da dentro i Palazzi, indossando i propri colletti bianchi. Noi abbiamo conosciuto, invece, la violenza delle mafie attraverso le immagini forti degli attentati ai giudici Falcone e Borsellino. Quando arrivi in una scuola media e interagisci con i ragazzi che hai di fronte, che grado di consapevolezza trovi in loro riguardo alla delinquenza organizzata?

R: Trovo ci sia tanta consapevolezza storica: davanti ai miei occhi mi ritrovo giovani che se dovessi mettere un voto ad una materia sul tema della memoria e dell’esercizio al ricordo sarei costretto a mettere tutti voti alti. Il presente, invece, i meccanismi di oggi che riguardano i loro ambienti virtuali e non, sono ancora territori inesplorati, confusi, distanti e poco conosciuti.

La storia è importante ma lo è anche l’attualità e la cronaca che, se letti ed interpretati nel miglior dei modi, anche la storia più passata si trasforma in qualcosa di nuovo e di stimolante.

D: Quando ci si relaziona con i giovani si vestono sempre i panni dell’adulto che, grazie alle proprie competenze e all’esperienza, insegna, ma spesso ci si ritrova ad imparare qualche lezione proprio da loro, dai ragazzi e dalle ragazze che non sono come spesso vengono negativamente descritti dagli adulti. In questi anni in giro per le scuole a formare ed educare le nuove generazioni, c’è un episodio che ti è rimasto impresso?

R: Qualche giorno fa durante una presentazione di Era tuo padre un ragazzino di nome Filippo, età 12 anni, mi ha descritto la vita come un foglio bianco sul quale tutti noi, portatori di un colore che ci disegna l’anima, siamo chiamati a colorare questo foglio.

Le mafie, mi ha voluto sottolineare Filippo, sono quel fuoco che da sotto a quel foglio, ancor prima che si colori del tutto, tentano di volerlo bruciare a tutti i costi lasciando così le nostre vita in un cumulo di cenere.

Ho trovato questa riflessione così poetica che ho promesso che me la porterò dietro con me custodendola con amore e condividendola ad ogni occasione, tipo questa!

D: Parlaci del tuo ultimo libro Era tuo padre.

R: Dalle paranze dei quartieri del centro storico al nord dei colletti bianchi, attraverso la storia di una famiglia camorrista, di un padre che emigra in Emilia e dei suoi tre figli chiamati a fare una scelta: ereditare l’impero criminale del boss oppure rifiutarlo.

Sarà Camilla, la più piccola di casa a ribellarsi mettendo sotto sopra i piani del padre e dei suoi fratelli.

D: La tua storia e la tua vita ci raccontano un Alessandro Gallo che più che essere un tipo da sogni, è un uomo da progetti da realizzare, provvisto della tenacia e della perseveranza necessarie per concretizzarli. Ma ti chiedo lo stesso: cosa sogni per il tuo futuro?

R: Poter festeggiare uno scudetto del Napoli con i miei figli ma ormai ogni anno ci diciamo sempre “anche quest’anno vinciamo l’anno prossimo, mannagg’a mort!”

Siamo Noi – Alessandro Gallo, il cugino di Nikita

Di Anna Lisa Maugeri

Anna Lisa Maugeri, blogger, web writer, moderatrice, lavora da anni per passione nel mondo della comunicazione e dell’informazione sul web scrivendo articoli, realizzando interviste e contenuti video su temi di attualità, cronaca, tematiche sociali, economia, medicina, salute e benessere. Ha creato e dirige il blog www.siciliabuona.com e il canale YouTube "Sicilia Buona". Ha lavorato per il canale YouTube di informazione ed approfondimento CRESCERE INFORMANDOSI realizzando video interviste ed altri contenuti.

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