PER LA RUBRICA ASSAGGI D’AUTORE PUBBLICHIAMO LA FAVOLA INEDITA DAL TITOLO “IL SEGRETO DELLA PENTOLA D’ORO” DI MARIA GIULIA ARCORIA

Un giorno un simpatico scoiattolo, passeggiando per il bosco in cerca di qualche ghianda da mangiare per il pranzo, s’imbatté in un riccio dall’aria un po’ sconsolata, che se ne stava seduto su di un tronco tagliato. Lo scoiattolo, incuriosito, ma allo stesso tempo preoccupato, decise di avvicinarsi al riccio e i due iniziarono a parlare.

«Cosa ci fai qui tutto solo nel bel mezzo del bosco? Ti sei perso?»

Allorché il riccio, con gli occhi lucidi e la voce un po’ fioca, rispose:

«No, so benissimo dove mi trovo, ma preferirei essere altrove».

«Altrove dove?» chiese incuriosito lo scoiattolo.

«Vedi» proseguì il riccio «ho sentito dire che, quando spunta un arcobaleno nel cielo, bisogna raggiungere il luogo in cui finisce, perché è lì che si trova la pentola d’oro! Volevo intraprendere questo viaggio con i miei amici, ma loro non vogliono venire con me… è per questo motivo che mi trovo qui».

Ahimè, gli amici del povero riccio lo avevano preso in giro perché non credevano alla sua storia e si erano allontanati facendosi beffa di lui e ridacchiando.

«Vengo io con te!» dichiarò lo scoiattolo, che dopo aver sentito le parole del riccio voleva trovare un modo per tirarlo su di morale.

«Davvero verresti?» domandò il riccio, che istintivamente balzò giù dal tronco per l’entusiasmo.

«Certamente! Ci divideremo il bottino e, una volta tornati, rideremo noi alla faccia di chi non ha accettato la tua proposta; secondo me erano solo dei gran codardi, e pure presuntuosi!».

Da allora i due aspiranti avventurieri aspettarono diverso tempo in attesa che un arcobaleno facesse la sua comparsa sopra il bosco verdeggiante. Nel frattempo si incontrarono ogni giorno per conoscersi meglio e giocare insieme.

Finalmente, dopo quella che parve essere un’attesa interminabile, arrivò il grande giorno: in una fresca mattinata di pioggia a ciel sereno, ecco che un maestoso arcobaleno pieno di colori brillanti spuntò appena sopra le colline che si ergevano proprio alla periferia del bosco. Il riccio e lo scoiattolo, ciascuno dalla propria casetta, prepararono tutto il necessario per partire alla ricerca della pentola d’oro e si riunirono, come precedentemente stabilito, davanti allo stesso ceppo del loro primo incontro.

«Pronto per partire?» disse entusiasta lo scoiattolo.

«Assolutamente sì! Non vedo l’ora di far vedere ai miei amici che avevo ragione!»

Zampettando e canticchiando, i due animaletti si avviarono per il bosco seguendo la direzione indicata dall’arco dell’arcobaleno che splendeva con i suoi sette colori davanti ai loro occhi. Camminarono così per alcune ore, fianco a fianco, interrompendo il cammino solo di tanto in tanto per una sosta fra le candide primule appena sbocciate e un’altra per dissetarsi con acqua di ruscello. Lo scoiattolo aveva appena bevuto un sorso d’acqua fresca quando decise di immergere le zampette nel ruscello per rinfrescarsi un po’ e lavarsi il viso. Fu mentre strofinava gli occhi per pulirli che sentì qualcosa muoversi intorno a lui. Un sibilo lo fece raggelare di paura.

La prima cosa che vide riaprendo gli occhi furono… due denti aguzzi! Due inquietanti denti affilati dentro la bocca spalancata di un serpente che lo stava per mangiare!

Immobilizzato dalla paura, il povero scoiattolo pensò che non c’era più nulla che potesse fare per sfuggire al famelico serpente verdastro, ma improvvisamente vide una sfera scura frapporsi fra il suo corpo e la bocca del rettile, che si ritrovò inaspettatamente con gli aculei del riccio a pungergli la lingua biforcuta. Il serpente dal dolore mollò la presa liberando il piccolo riccio, che ancora tutto appallottolato rimase a terra di fronte all’amico scoiattolo.

«Riccio! Riccio!» urlò lo scoiattolo con la voce che gli tremava ancora dalla paura.

Il riccio rimase ancora qualche secondo chiuso nella sua corazza, poi da dentro si sentì la sua voce sussurrare

«Sono vivo? O siamo entrambi nella pancia del serpente?»

Lo scoiattolo scoppiò a ridere e intanto gridava dalla gioia:

«Siamo fuori dalla pancia di quel serpentaccio! Quel vigliacco è scappato via grazie a te. Sei il mio eroe, amico mio, grazie!»

Il riccio riemerse dal suo guscio pungente e diede uno sguardo nei dintorni per accertarsi che davvero il serpente non fosse più nei paraggi, poi vide lo scoiattolo saltargli intorno festante e felice come mai lo aveva visto. Quella felicità lo contagiò ed insieme ripresero il cammino con una sensazione nuova nel cuore: erano tanto felici di essere l’uno in compagnia dell’altro.

Nel cielo le nuvole si facevano sempre più piccole, leggere, lontane. Chissà quanto tempo era passato da quando lo scoiattolo ed il riccio avevano iniziato il loro viaggio verso la pentola d’oro. Certo era che le pance dei due amici cominciavano a brontolare per la fame. Si misero ognuno alla ricerca di qualcosa da mangiare, poi trovarono un luogo comodo e protetto, ai piedi di una grande quercia, e seduti sulle radici che affioravano dal terreno mostrarono l’uno all’altro quanto erano riusciti a trovare nei d’intorni per sfamarsi.

«Ecco qui!» disse soddisfatto lo scoiattolo. «Queste pigne ci daranno abbastanza semi per saziare entrambi. Tieni, mangiane a volontà!».

Il riccio, che non aveva mai mangiato semi di pigne e non aveva molta intenzione di iniziare a farlo adesso, cercò di declinare l’invito dell’amico con gentilezza

«Grazie scoiattolo, ma guarda quanti lombrichi ho trovato, non riuscirò a mangiarli tutti da solo, prendine pure quanti vuoi e fattene una bella scorpacciata con me!»

Lo scoiattolo guardò i lombrichi, che non aveva mangiato mai, e non gli sembravano affatto così appetitosi.

«Grazie Riccio, ma sarebbe uno spreco buttar via così tanti semi di pigne, dunque ognuno mangi quel che ha trovato e buon appetito amico mio!»

Dopo la scorpacciata, i due amici si addormentarono all’ombra della quercia. Quando lo scoiattolo si risvegliò, cercò subito con lo sguardo il riccio, ma lui non c’era più.

Dov’era finito? Cominciò a chiamarlo e a cercarlo lì intorno, ma niente, dell’amico spinoso non c’era traccia. Lo scoiattolo, sempre più preoccupato, si arrampicò sul tronco della quercia per osservare dall’alto il bosco. Dopo qualche minuto, i suoi piccoli occhi notarono più in là una grossa buca nel terreno; sembrava una di quelle trappole che facevano certi umani per catturare animali selvatici, una di quelle brutte trappolacce che aveva imparato ad avvistare dalle cime degli alberi ed evitare lungo le

sue passeggiate. Un terribile presentimento fece correre di fretta giù dall’albero lo scoiattolo che senza indugio andò in direzione della trappola.

Il riccio se ne stava chiuso nella sua corazza, tremante di paura, mentre si trovava in fondo alla buca su un tappeto di foglie, che probabilmente erano servite a camuffare la trappola. Aveva tentato di venirne fuori, ma alla fine non era riuscito a risalire le pareti ripide ed era stremato dalla fatica. Ma perché certi umani sono così vigliacchi da nascondere trappole per catturare gli animali del bosco? Il bosco appartiene a tutti, animali e umani, e non si è visto mai un animale del bosco costruire una trappola per catturare un umano. Dovrebbero ricambiare la cortesia, e invece…

Ma adesso lo scoiattolo doveva pensare ad un modo per liberare il suo amico. Lui poteva scendere nella buca e risalire abbastanza facilmente come faceva sugli alberi, ma come portare su con sé anche Riccio?

Lo scoiattolo si guardò intorno ed escogitò in pochi secondi una soluzione. Pensò di trasformare un paio di rami spezzati in uno strumento “salva riccio”. Trascinò i due rametti provvisti di foglie alle estremità e li calò giù nella buca. La fatica maggiore fu spostare una grossa pietra e posizionarla sulle estremità dei rami rimasti in superficie; ciò avrebbe garantito ai rametti di non sprofondare giù nella trappola per un tempo sufficiente a permettere al piccolo roditore di risalire dalla buca. Una volta predisposto tutto, Scoiattolo scese con attenzione all’interno della trappola e raggiunse il suo compagno in difficoltà.

«Riccio, amico mio, esci fuori dalla tua corazza, non aver paura, ci sono io. Fai come ti dico e sarai fuori di qui in men che non si dica.»

Il povero riccio, ancora tremante, udendo la voce rassicurante dell’amico si fece coraggio e seguì passo passo le sue indicazioni. Lo scoiattolo aggrovigliò alcune foglie fra gli aculei del riccio; una volta finito, veloce come mai, lo scoiattolo risalì le pareti della buca. Quanto erano ripide e scivolose, la terra si sgretolava sotto le sue zampette, ma lo scoiattolo era veloce e agile abbastanza da affrontare la sfida e riemergere in superficie giusto in tempo prima che il sasso si muovesse sotto il peso del riccio, rischiando di cadere anch’esso nella trappola e di peggiorare la situazione. Lo scoiattolo iniziò a tirare i rami con tutta la forza che aveva, dall’altra parte il riccio improvvisava la sua scalata sulla parete di terra umida.

Che emozione quando finalmente, dal ciglio della buca, emersero prima gli aculei di riccio, poi la sua faccia ancora incredule per avercela fatta. Appena il riccio fu completamente fuori e lontano dalla trappola esclamò:

«Grazie Scoiattolo! Stavolta sei tu il mio eroe, amico mio. Questo viaggio è un’avventura che non dimenticheremo mai.»

Il riccio e lo scoiattolo avevano così ripreso a camminare. Mai avrebbero immaginato di dover affrontare pericoli, né che sarebbero stati l’uno la salvezza dell’altro. In fondo erano solo un riccio ed uno scoiattolo in cerca di un tesoro nascosto. Se il viaggio di per sé era stato così emozionante, quanto lo sarebbe stato trovare finalmente la pentola d’oro?

Le nuvole si erano disperse quasi del tutto lasciando sempre più spazio all’azzurro e al sereno. Fu così che il sole, ad un certo punto, si riprese il cielo con tutto il suo splendore, scaldando il sentiero dei due avventurieri. Il riccio e lo scoiattolo si sentirono piacevolmente accarezzati dal tiepido sole di primavera, ma ben presto si accorsero che l’arcobaleno sbiadiva pian piano fino a scomparire.

«E adesso come faremo?» esclamò con preoccupazione il riccio.

«Questa davvero non me l’aspettavo…» commentò perplesso lo scoiattolo.

«Siamo stati troppo lenti! Forse non dovevamo fermarci così spesso per riposare e bere. Se io non fossi caduto nella trappola… O se non avessimo dovuto difenderci da quel serpentaccio…» sospirò con rammarico il riccio, che per la tristezza e la delusione scoppiò in un pianto inconsolabile. Lo scoiattolo, vedendo l’amico tanto affranto, stava per abbracciarlo nel tentativo di dargli conforto, ma si ricordò in tempo degli appuntiti aculei del riccio. Pensò, dunque, che lo avrebbe abbracciato con le sue parole.

«Ma come, amico mio, piangi? Non ti sei reso conto che il tesoro alla fine lo abbiamo trovato? Ed è stato proprio grazie all’arcobaleno che è successo.»

«Non capisco… dov’è l’oro? E dov’è la pentola che lo contiene?» chiese il riccio stropicciandosi gli occhi offuscati dalle lacrime.

«Anche io all’inizio non lo avevo capito» rispose lo scoiattolo, «ma ora lo so. Abbiamo trovato un tesoro che non può sbiadire e scomparire come l’arcobaleno, è nostro e lo è oramai per sempre. Nessuno ce lo può rubare.»

Il povero riccio ispezionò con lo sguardo tutto il perimetro intorno a loro; se il tesoro lo avevano davvero trovato, dov’era? Forse lo scoiattolo poteva vedere cose che i suoi piccoli occhi di riccio non riuscivano a vedere? Che strana magia era questa?

«No, no, caro riccio…» riprese a parlare lo scoiattolo intuendo le domande che tormentavano l’amico. «Oggi abbiamo scoperto di essere davvero amici. L’amico vero è quello che ha a cuore la felicità dell’altro. Gli amici affrontano insieme il viaggio, non tanto per la meta, non per una ricompensa, ma per stare insieme ed essere l’uno il conforto ed il sostegno dell’altro. Senza te sarei finito certamente nella pancia del serpente! Tu senza di me saresti rimasto in quella trappola, e chissà cosa sarebbe accaduto poi! Noi siamo diversi ed è anche questo a renderci perfetti l’uno per l’altro. Non vedi che tesoro è tutto questo? Non capisci che non avremmo mai potuto trovare tutto ciò senza l’arcobaleno? E di certo non lo avremmo trovato in una pentola d’oro. La nostra amicizia è la pentola d’oro!»

Il riccio guardava con gli occhi lucidi di commozione l’amico e si sentiva improvvisamente il riccio più ricco del bosco. Aveva ragione Scoiattolo. Erano partiti in cerca di un tesoro seguendo la rotta indicata dall’arcobaleno e perciò, quando lo avevano trovato, non serviva più ed era scomparso.

BIOGRAFIA MARIA GIULIA ARCORIA

M. Giulia Arcoria è una giovanissima studentessa siciliana con la passione per la scrittura. Ha imparato ad apprezzare il linguaggio ed il valore delle favole sin da bambina, leggendo i suoi autori preferiti, tra cui Jill Barklem,  scrittrice e illustratrice britannica, nota principalmente per la serie di libri per bambini Boscodirovo, e Gianni Rodari, noto scrittore, pedagogista e poeta italiano. Sogna di trovare la sua strada nel mondo e di lavorare con i bambini. Sogna, inoltre, di pubblicare presto le sue favole e di poter raggiungere con l’arte della parola l’immaginazione ed il cuore di tutti i bambini del mondo.

Di Maria Giulia Arcoria

Maria Giulia Arcoria, studentessa universitaria con la passione per la scrittura. Ha imparato ad apprezzare il linguaggio e il valore delle favole sin da bambina, leggendo i suoi autori preferiti, tra cui Jill Barklem, scrittrice e illustratrice britannica, nota principalmente per la serie di libri per bambini Boscodirovo, e Gianni Rodari, noto scrittore, pedagogista e poeta italiano. Scrive racconti per passione. Ha pubblicato per Sicilia Buona racconti, diversi articoli di approfondimento su temi di attualità e recensioni di libri. Sogna di trovare la sua strada nel mondo e di lavorare con i bambini. Sogna, inoltre, di pubblicare presto le sue favole e di poter raggiungere con l’arte della parola l’immaginazione ed il cuore di tutti i bambini del mondo.

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