È il 12 luglio del 2001. Nella Plaza de Toros, a Siviglia, si danza. Ecco il torero: la sua figura perfetta è decorata dall’abito tradizionale, i ricami elaborati color oro sembrano volerne evidenziare la personalità fiera, il coraggio e la consapevolezza, preziose virtù che dentro all’arena non possono mai mancare.
Sotto agli occhi degli spettatori la maestria del matador, quella innata e quella acquisita in anni di allenamento, entrambe stampate nel tempo sul suo giovane volto, espressione di rigore e fatica. Lì davanti ai suoi occhi il toro, pronto a battersi per la propria sopravvivenza con i suoi 500 chili di peso. L’ultima opportunità di vita, di gloria, di morte: ecco la corrida.
Il torero è Eva Florencia Bianchini. Ha solo 23 anni quando debutta in una delle arene più importanti dell’Andalusia, davanti ad un pubblico certamente più severo che mai. Una donna torero, per di più straniera, un’italiana arrivata da Firenze col sogno di toreare, sfidando tutto e tutti, pregiudizi e ostilità.
Una passione che Eva non reprime, un sogno per il quale non cerca consensi, ma che la porta a mettersi totalmente in gioco e a sfidare la disapprovazione di molti intorno lei.
Una sfida vinta a giudicare dagli applausi e dall’apprezzamento del pubblico nella Maestranza di Siviglia che esulta per la grazia e lo stile della donna matador italiana.
Una storia più unica che rara, comunque la si pensi sulla corrida, è un esempio di forza e determinazione, specie in un mondo particolarmente discriminante nei confronti delle donne.
INTERVISTA A EVA FLORENCIA BIANCHINI
D:Il suo sogno è nato in Italia, in una terra lontana dalla cultura della tauromachia, forse proprio per questo, è da considerare ancora più autentico perché non condizionato dall’ambiente circostante o ereditato da tradizioni familiari. Aveva tutti contro. Quando e come è nato il sogno di diventare torero?
R: A 13 anni incominciai ad interessarmi alla Spagna, ma solo a livello turistico. Era un paese che mi attraeva molto per la sua cultura e le sue tradizioni, eccetto la corrida. Sì, perché anch’ío amo gli animali, e all’inizio, avevo tutti i pregiudizi negativi contro la tauromachia. Un giorno, sfogliando una rivista con notizie sulla Spagna, mi ritrovai davanti l’ennesima foto di toro e torero nell’arena, ma questa volta, a parte il sangue, le due figure si fondevano insieme in un bellissimo “pase de pecho”, e fu attraverso quell’immagine che percepii qualcosa di molto più profondo che dentro di me accese la scintilla della “afición”.
Poi, leggendo libri di Hemingway, come “Fiesta”, “Un’estate pericolosa” o “Morte nel pomeriggio” cominciai a capire come funzionava questo spettacolo. E, successivamente, leggendo le cronache taurine nei giornali spagnoli, iniziai a sperimentare il desiderio di provare cosa si sente davanti a un toro.
D: I suoi genitori non comprendevano e non approvavano il suo desiderio di intraprendere questa strada, ma la sua determinazione è stata fondamentale per la realizzazione del suo sogno. Il successo che ha ottenuto, poi, ha dissolto la disapprovazione della sua famiglia? Come hanno reagito le persone a Lei care nel vederla raggiungere i suoi obiettivi?
R: Io sapevo che avevo tutti contro, nessuno mi capiva, ma sentivo che dovevo andare via e cercare in tutti i modi di realizzare il mio sogno, anche se mi fosse costata la vita…una vita senza sogni non ha senso.
Con questa filosofia e tanta determinazione, pian piano mi guadagnai un nome nel mondo dei toreri.
I miei genitori, col tempo, si resero conto che per capire la corrida bisogna entrare nel “mundo del toro”, che non si può giudicare qualcosa senza prima capire cos’è e come funziona. Dal momento che, attraverso di me, conobbero la vita del toro, gli allevatori, ed altre persone che hanno dedicato la loro vita alla tauromachia, compresero che tutti coloro che partecipano direttamente o indirettamente nella corrida provano una grande ammirazione e rispetto verso il “toro de lidia”.
Mentre prima pensavano che coloro che vanno alla corrida fossero tutti dei sadici assetati di sangue che si divertono torturando un animale, si resero conto che la realtà è ben diversa. Conobbero toreri, aficionados, allevatori, scrittori, filosofi, persone molto colte…tutte persone normali, educate, amanti degli animali e dell’arte. La corrida non è dunque una barbaria. Nostra figlia, dunque, non è una sadica assassina, ma una persona molto coraggiosa e tenace, capace di interpretare la difficile “arte del toreo” con una spiccata sensibilità. Si resero conto che ero valorizzata ed ammirata per ciò che facevo. Così, davanti all’evidenza finirono per accettare la mia scelta. Non tutti i miei familiari condividono la mia passione ma, per lo meno, adesso mi rispettano.
D: Esistono delle differenze oggettive fra un torero uomo e un torero donna nella lunga strada fatta di studio, perseveranza e allenamento per diventare matador?
R: La vita del torero è fatta di tanti sacrifici. Ci vuole molta disciplina, tanto fisica come psichica. Bisogna allenare il corpo varie ore al giorno e preparare la mente per superare la paura e l’istinto naturale di conservazione … ”La mente fría y el corazón caliente”.
É una professione molto dura per un uomo ed è durissima per una donna. A livello fisico la donna è più svantaggiata perché ha bisogno di allenarsi più ore per raggiungere un livello di resistenza sufficiente per toreare. Abbiamo corpi diversi. Durante una corrida c’è molta pressione: forma fisica e agilità sono fondamentali, non basta solo il coraggio.
Il toro, però, non fa distinzione. Per lui il torero è un nemico da abbattere, uomo o donna che sia.
D: L’arena è il luogo dello spettacolo, dell’incontro, della vita che guarda in faccia la morte. Una metafora dell’esistenza stessa, un’esperienza intima, ma condivisa con una platea variegata e sconosciuta. Ci descriva quel luogo visto con gli occhi del torero, quel momento in cui ci si trova a toreare, lì, davanti al pubblico pieno di aspettative, ma sola difronte al toro.
R: Il torero interpreta il ruolo del sacerdote di un’antica religione, scaturita dalle stesse leggi naturali, nel quale viene sacrificato un animale che rappresenta l’indomabilità e ha un valore trascendentale per la comunità, perché rappresenta il mistero, il destino immediato e incontrollabile della fragile esistenza umana di fronte alla forza della natura.
I fedeli (gli “aficionados”) affrontano a loro volta il destino immedesimandosi nel torero e il toro diviene un animale sacro mediante il quale si può alimentare la vita attraverso la sublimazione della morte. La corrida non è un semplice spettacolo, ma una filosofia rappresentata con tutta la sua crudezza. Non è teatro…è verità, sangue, morte, dolore ed estasi. La consapevolezza della mortalità è ciò che rende così speciale la corrida.
Quando si è davanti al toro ci si sente più vivi che mai, corporei, ma allo stesso tempo si è alla ricerca dell’espressione spirituale. L’adrenalina ti farebbe schizzare via come se uno avesse delle molle ai piedi, ma il coraggio e la determinazione ti fanno restare lì fermo, lasciandoti sfiorare dalle corna come fosse un gioco. Ogni passaggio è una lotta costante fra istinto e sentimento. Toreare è sfruttare l’istinto violento del toro per affrontare sé stessi attraverso la sua carica. É un guardarsi nudi nello specchio dei suoi occhi neri e accesi, è l’ansia di riuscire a superare le limitazioni umane.
La violenza del toro viene addolcita dalla destrezza del torero che culla la sua carica nel panno rosso. Entrambi si fondono armoniosamente in una specie di balletto mortale creando figure di una bellezza plastica straordinaria. Quando il pubblico percepisce questa bellezza si crea un triangolo di connessione emozionale tra spettatore, torero e toro.
D: La corrida ha offerto per secoli un’immagine di per sé eloquente dell’uomo forte che affronta e vince il toro, mentre la figura femminile è stata a lungo relegata alle tribune in qualità di spettatrice, al pari di un elemento coreografico, considerata non abbastanza forte e adatta a toreare. Oggi le donne matador sono ancora in minoranza. In un’ambiente che sembra ancora il palcoscenico ideale dal quale esibire la forza maschile, quante e quali sono le difficoltà maggiori per una donna che vuole entrare a far parte del mondo della tauromachia da protagonista?
R: Il mondo della corrida è molto chiuso ed è difficile accedervi per tutti, a meno che uno non abbia già dei parenti all’interno di questo mondo. Evidentemente non era il mio caso e il fatto di essere donna e di essere straniera complicava ancor più le cose…ma la volontà fa miracoli.
Come ho già detto, il toro non fa distinzione e ciò che conta alla fine è il merito che ogni torero si guadagna nell’arena, mettendo in gioco la propria vita.
Il fatto che ci siano poche donne torero, ai giorni nostri, non dipende tanto dal “machismo” ma più da un fattore fisico, proprio perché è difficile per una donna sopportare la durezza degli allenamenti e del toreo. Vuol dire dedicarsi e vivere solo per quello e dimenticarsi di tutto il resto.
Anche se, visto da fuori, sembra che il torero stia giocando col toro come in una specie di balletto leggiadro, in realtà sta facendo uno sforzo fisico molto pesante. La stessa cappa che il torero fa svolazzare come fosse un fazzoletto pesa 3 chili e il cuore può arrivare alle 200 pulsazioni per minuto. Penso semplicemente che il fisico di un uomo si adatta meglio a questo tipo di sforzo che quello di una donna.
Comunque sia, la volontà è il motore principale per raggiungere qualsiasi obbiettivo e una donna può arrivare a toreare bene quanto un uomo, però, in questa professione, si deve sforzare un po’ di più perché il fisico non l’aiuta.
D: Il numero degli spettacoli nelle arene è diminuito negli ultimi anni, alcuni eventi in certe aree della Spagna sono state abolite. Gli animalisti si oppongono alla corrida e molti considerano lo spettacolo una tortura brutale dell’uomo contro un essere vivente costretto a battersi per la sopravvivenza. Cos’è realmente la corrida?
R: Organizzare una corrida è molto costoso, per via di permessi, tasse, assicurazioni, medici specializzati, veterinari, tori, cavalli, toreri e una lunga lista di persone ed elementi imprescindibili al funzionamento dello spettacolo…tutto ciò si ripercuote nel prezzo del biglietto. Con la crisi economica e l’incremento del costo della vita, tante persone fanno fatica ad arrivare a fine mese e non si possono più permettere il lusso di pagare per andare a vedere una corrida…di conseguenza anche il numero degli spettacoli è diminuito.
Nel caso dell’abolizione delle corride in Catalogna, il motivo è principalmente politico. Le corrida è uno spettacolo molto tradizionale che si identifica con la Spagna. Dal momento che tanti catalani non vogliono sentirsi spagnoli e il loro governo è principalmente di idee separatiste, respingono qualsiasi cosa che li identifichi col resto della Spagna. Io personalmente non lo ritengo giusto perché conosco toreri e “aficionados” catalani che per poter vedere una corrida devono fare molti chilometri per uscire dalla regione.
In un paese realmente democratico le persone dovrebbero essere libere di scegliere di andare o non andare alla corrida e i politici non dovrebbero prendere posizioni unilaterali.
É vero che in tutta la Spagna ci sono sempre dei gruppi di animalisti che si manifestano contro le corride, ma non hanno argomenti validi sui quali basare la loro protesta. Corrida = allevamento di “toros de lidia” = grandi estensioni di terreno dove pascolano, mantenendo un equilibrio ecologico di flora e fauna selvatica (difatti, gli allevamenti di tori sono spesso situati in parchi naturali). Abolizione della corrida = estinzione della razza del “toro de lidia” = deforestazione e condizionamento del terreno per agricoltura intensiva = perdita di habitat per altre specie selvatiche.
In Spagna 540.000 ettari (5.400 chilometri quadrati) sono dedicati all’allevamento del toro bravo. La Tauromachia dà lavoro a 200.000 persone e produce un beneficio annuale di 3.560 milioni di euro.
D: Quando e perché ha smesso di toreare?
R: Ho smesso di toreare nel 2006. Decisi di smettere a causa della mancanza di opportunità. Per una persona come me, senza manager e senza un importante aiuto economico era praticamente impossibile andare avanti. Gli unici contratti che avevo erano senza retribuzione e, evidentemente mi era impossibile affrontare personalmente tutti i costi della “cuadrilla” e dei viaggi. Fu una decisione molto dura. Il mio cuore mi spingeva a continuare, ma avevo davanti un muro senza prospettive.
D: Si è congedata affrontando per l’ultima volta un toro, nuda, alla sola luce della candida luna piena, in una notte di inizio settembre. Cos’ha provato?
R: In quel 7 settembre 2006 decisi di toreare per l’ultima volta in un modo molto diverso da come l’avevo sempre fatto. Fu verso l’una di notte, in pieno campo aperto, senza recinti. Non portavo il pesante “traje de luces”, quindi non sentivo la pressione psicologica che esso rappresenta…non avevo responsabilità verso un pubblico pagante, ma ero solo io e il toro immersi nella natura, sotto la luce della luna piena, affrontandolo nel suo habitat. Fu, un’esperienza molto intima, indimenticabile…non esisteva più nessuna barriera (per quanto fina potesse essere) tra la sua pelle e la mia. Era come una fusione, una dichiarazione d’amore, un abbandonarsi ai sentimenti.
Ci sono 3 momenti nella vita di una persona nella quale la nudità è imprescindibile: quando si nasce, quando si ama, e quando ci si mette davanti a noi stessi…toreare è tutte queste tre cose…toreare è affrontare sé stessi, fare l’amore e rinascere.
D: Oggi si dedica alla pittura, ma i tori sono ancora i grandi protagonisti delle sue tele, come lo sono stati nella sua vita da torero. Cosa rappresenta oggi l’immagine del toro per Lei?
R: Il toro è una parte importante ed inscindibile della mia vita, proprio perché gli ho dedicato tanti anni della mia esistenza e gliel’ho letteralmente offerta in tante occasioni. É un animale che amo, ammiro e con il quale tutti i toreri ci sentiamo identificati. É il nostro totem.
Spesso sogno ancora che toreo e per me dipingere tori é come restargli vicino, é sentire ancora la loro forza e il loro misticismo.
D: Quali sono i prossimi progetti e i nuovi sogni di Eva Florencia Bianchini?
R: Sento il bisogno di continuare a creare e ad esprimere ciò che ho dentro. Non ci sono scadenze professionali all’orizzonte ma vivo alla giornata. Si può dire che in questo momento la mia vita trascorre in tre fasi: quella della pittura, quella della scrittura e quella del toreo. Cerco di compaginare le tre cose, anche se a volte faccio fatica a staccare da una per dedicarmi all’altra. Dipingo nei momenti di ispirazione e allo stesso tempo continuo ad allenarmi toreando “de salón”. Da un’altra parte sento il bisogno di scrivere qualcosa, di trasmettere i miei sentimenti e la conoscenza acquisita attraverso la tauromachia.
Durante l’anno scorso il mio impegno più importante è stato il rodaggio di un film, che non ha ancora visto la luce ma che stanno presentando mediante trailer durante il Mercato Internazionale Audiovisivo (MIA) che si sta svolgendo a Roma il questo momento. Si tratta di un documentario biografico titolato “EVA”.
(intervista rilasciata da Eva Florencia Bianchini ad Anna Lisa Maugeri nel 2020)