Ieri sera al Cinema Eden di Termini Imerese ho seguito con grande attenzione la prima presentazione del film Il Giudice e il Boss di Pasquale Scimeca che dal 25 settembre sarà nelle sale di tutta Italia.

La sala era gremita e molto attenta. La proiezione è stata introdotta da Roberto Tedesco e si è conclusa con un interessante dibattito che ha coinvolto il pubblico. L’architetto e scrittore Roberto Tedesco ha dichiarato alla stampa: “ Il film di Pasquale Scimeca è la strepitosa narrazione di due eroi uccisi crudelmente dalla mafia. Cesare Terranova aveva avviato importanti indagini contro la mafia, ma venne lasciato solo, non soltanto dallo Stato, ma anche dalla società civile di quel tempo”.

Questo film dura 96 minuti è Vincitore del Premio del Pubblico del 70 Taormina Film Festival merita di girare per le scuole e le università, di fatto apre un dibattito su una storia che non è stata mai raccontata in maniera così chiara. Molte morti potevano essere evitate, molto dolore e molto sangue ha turbato le nostre vite. Il film segue una rigorosa ricostruzione storica e pone al pubblico delle domande precise, sin dall’inizio, con la testimonianza di un contadino che avrebbe voluto ribellarsi ai mafiosi, ma capisce subito che non c’è nessuno che lo tuteli, perché in quegli anni lo stato è assente ed è dalla parte dei delinquenti e non dei cittadini. Il cast attoriale ha fornito una prestazione al di sopra della media, bravissimi gli attori che hanno preso parte al film, ottime le musiche di Giovani Sollima, la sceneggiatura di Scimeca e Attilio Bolzoni. E’ un film da non perdere e che avrà sicuramente riconoscimenti e premi internazionali e che contribuisce alla crescita culturale del nostro Paese.

Qual è la storia del film?

Il Giudice e il Boss racconta la storia del giudice Cesare Terranova e del maresciallo di polizia Lenin Mancuso impegnati in una lotta epica contro il male, impersonato dal boss Luciano Liggio e dagli uomini corrotti delle Istituzioni.

Una storia del nostro tempo, culminata con il processo che, per legittima suspicione, si tenne a Bari nell’estate del 1969, e che vide dietro le sbarre i boss e i picciotti della spietata mafia dei Corleonesi. Se, il processo di Bari, istruito dal giudice Terranova, dopo dieci anni di indagini svolte assieme al maresciallo Mancuso, al vicebrigadiere Agostino Vignali e al colonnello dei carabinieri Ignazio Milillo, si fosse concluso con la condanna di Luciano Liggio, Totò Riina, Binno Provenzano e gli altri 62 picciotti del clan dei Corleonesi, quante morti innocenti, quante stragi si sarebbero potute evitare? Ma le cose sono andate diversamente e il giudice Terranova fu lasciato solo, umiliato e offeso, a combattere contro i mulini a vento…

Dichiarazione del regista Pasquale Scimeca

“Cesare Terranova non è stato un giudice qualsiasi. Ma un modello a cui si sono ispirati Gaetano Costa, Rocco Chinnici, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Il primo che ha avuto il coraggio di indagare sulla sanguinaria cosca dei Corleonesi. Il primo ad aver capito che la mafia era un’organizzazione criminale unitaria che agiva di concerto con elementi della politica, della massoneria, dell’amministrazione pubblica e dell’economia. Anche Lenin Mancuso, non è stato un poliziotto qualsiasi, “l’autista o il guardaspalle del giudice” come spesso viene, erroneamente e ingiustamente definito dalla stampa, ma uno dei migliori poliziotti di Palermo.

Amico fraterno di Boris Giuliano, è stato l’esempio a cui si sono ispirati Ninni Cassarà e gli altri poliziotti della squadra mobile (Beppe Montana, Lillo Zucchetto, Natale Mondo e Roberto Antiochia) che dopo di lui verranno uccisi dalla mafia. Altrettanto importante è la figura del loro antagonista il boss Luciano Liggio, per capire il ruolo dei Corleonesi nell’evoluzione della mafia da fenomeno rurale a quello urbano della speculazione edilizia, del traffico internazionale degli stupefacenti e della finanza, per finire con la stagione delle stragi ad opera di Totò Riina e Binno Provenzano, che di Liggio sono stati i gregari.

Un racconto visto attraverso gli occhi del giudice Terranova, che, come scriveva il suo amico Leonardo Sciascia, erano: “gli occhi e lo sguardo di un bambino. E avrà sicuramente avuto i suoi momenti duri, implacabili, quei momenti che gli valsero la condanna a morte: ma saranno stati a misura, appunto, del suo stupore di fronte al delitto, di fronte al male, anche se quotidianamente vi si trovava di fronte…”

Non si possono ricordare le vittime della mafia solo nelle commemorazioni ufficiali, ma bisogna creare un movimento culturale che le faccia conoscere alle nuove generazioni, come modelli di vita da seguire. Troppi film e serie tv, hanno come protagonisti i boss mafiosi, figure che contribuiscono a creare tra i giovani falsi miti in cui immedesimarsi. Al contrario la maggior parte delle vittime della violenza mafiosa viene ricordata solo nelle commemorazioni ufficiali, alle quali partecipano i parenti e qualche rappresentante delle istituzioni.

Tutte le vittime della mafia meritano lo stesso rispetto. Tutte meritano di essere raccontate, perché, come diceva Paolo Borsellino, “non basta l’azione repressiva della magistratura e delle forze dell’ordine per sconfiggere la mafia, ma è necessaria una presa di coscienza civile e una forte azione culturale.”

Biografia Pasquale Scimeca

Autore e produttore, indipendente, su Scimeca sono state scritte numerose tesi di Laurea nelle più prestigiose Università italiane. Con molti dei suoi film: “Placido Rizzotto”, “Rosso Malpelo”, “Gli Indesiderabili”, “Passione di Giosuè l’Ebreo”, “Malavoglia”, “Biagio”, “Balon” ha partecipato nelle selezioni ufficiali dei più importanti Festival Internazionali di Cinema: Toronto (3 volte), Venezia (5 volte), Locarno (2 volte), Pusan, Londra, Tokyo, Mar del Plata, Rio de Janeiro, L’Havana, Shanghai, Cape Town, Gerusalemme, Giffoni, Roma, Tallin, Torino. I suoi film sono stati distribuiti, oltre che in Italia, in Usa, Australia, Canada, Giappone, Iran, Spagna, Francia. È stato Direttore artistico delle “Verghiane” e ha ricoperto la carica di Direttore didattico del CSC – Sede Sicilia – specializzato nel Documentario.


Il Giudice e il Boss – Cast

  • GAETANO BRUNO – Cesare Terranova
  • CLAUDIO CASTROGIOVANNI – Luciano Liggio
  • PEPPINO MAZZOTTA – Lenin Mancuso
  • NAIKE ANNA SILIPO – Giovanna Giaconia
  • MARCO GAMBINO – Ciannuzzo Raia
  • RITA ABELA – Emilia
  • VINCENZO ALBANESE – Agostino Vignali
  • MARILÙ PIPITONE – Biagia
  • ROSARIO MINARDI – Ignazio Milillo
  • SERGIO VESPERTINO – Mister X
  • OMAR NOTO – Totò Riina
  • ANTONIO CIURCIA – Binno Provenzano
  • GIOVANNI AREZZO – Pubblico Ministero
  • con la partecipazione di ENRICO LO VERSO – Notaio

Di Maurizio Piscopo

Giuseppe Maurizio Piscopo (Favara 1953), maestro elementare, compositore e musicista, ha collaborato con Radio Rai Sicilia e attualmente scrive per diverse testate, tra le quali Ripost, Sicilia ON Press e Malgrado tutto. Ha pubblicato, tra gli altri, Musica dai saloni (Casa Museo Palazzolo Acreide, 2008), Merica Merica. Viaggio verso il nuovo mondo, con Salvatore Ferlita e le foto di Angelo Pitrone (Salvatore Sciascia Editore, 2015), Le avventure di Lino Panno (Qanat Edizioni, 2017), La maestra portava carbone, con Salvatore Ferlita (Torri del Vento, 2018), Il vecchio che rubava i bambini (Aulino Editore, 2019), finalista al Premio Racalmare, Raccontare Sciascia, con Angelo Campanella (Navarra Editore, 2021), Vitti ’na crozza. La storia e la musica dei fratelli Li Causi, con Antonio Zarcone (Lilit Books, 2021). Nel 2022 ha ricevuto il premio “Un Maestro per la vita”.