Di Salvatore Azzuppardi Zappalà
Il cinquantesimo anniversario della nascita di una delle dittature più sanguinarie di tutto il XX secolo ci offre oggi lo spunto per un consiglio di lettura e per ricordare un evento glorioso dello sport italiano.
L’11 settembre 1973, in Cile, un colpo di stato guidato dal generale Augusto Pinochet rovesciò il governo democraticamente eletto del presidente Salvador Allende. Questi non era certo un rivoluzionario, ma con le sue politiche sociali, tendenti ad una migliore e più equa distribuzione della ricchezza, minacciava gli interessi delle classi dominanti.
Inoltre, con la nazionalizzazione o comunque con un severo controllo pubblico su alcuni settori strategici, minacciava anche gli interessi americani nel paese.
Questa esplosiva miscela di interessi locali e della potenza egemone nell’area, non poteva portare che ad una conclusione, quella già praticata in altri paesi centro e sud americani: un colpo di stato militare che “ristabilisse l’ordine”.
Nacque così una delle più sanguinarie dittature del dopoguerra, che avrebbe portato all’internamento di centinaia di migliaia di oppositori del regime, veri o presunti, e alla morte di decine di migliaia di persone.
Anni dopo, quei giorni di terrore furono rievocati in un bellissimo libro – di cui suggeriamo la lettura – dal titolo “Le avventure di Miguel Littin, clandestino in Cile”, testimonianza del ritorno clandestino di Miguel Littin nel suo paese, raccolta e firmata da Gabriel Garcia Marquez.
Littin era un famoso regista cileno, arrestato nei giorni del “golpe” ma aiutato a fuggire da un poliziotto suo ammiratore, che lo aveva riconosciuto. Espatriato in Spagna, nel 1985 rientrò sotto mentite spoglie nel suo paese, per dirigere tre équipes cinematografiche europee arrivate in Cile con coperture legali.
Oltre alle riprese consentite dai permessi ottenuti dalle autorità, ne furono girate molte altre clandestinamente, al fine di documentare le condizioni del paese dopo dodici anni di dittatura.
Il risultato fu un film per la televisione e soprattutto questo libro-testimonianza, scritto con lo stile ineguagliabile del grande Gabo.
Quanto allo sport, non si può non ricordare che tre anni dopo, nel 1976, proprio in Cile vi fu l’apoteosi del tennis italiano, grazie alla classe straordinaria di Adriano Panatta, che trascinò la nazionale alla conquista della Coppa Davis, contro la squadra di casa.
La partecipazione a quella finale fu osteggiata da quanti sostenevano che con i dittatori non bisognava avere rapporti di alcun genere, nemmeno sportivi, ma alla fine prevalse il partito favorevole alla partecipazione.
Nonostante le polemiche sulla partenza per il Cile, la partecipazione popolare fu grandissima, quasi da nazionale di calcio e le aspettative non andarono deluse.
Inoltre, come forma di silenziosa protesta e sana provocazione contro la feroce dittatura di Pinochet, in almeno una partita Panatta giocò indossando una maglietta rossa. Grazie, perciò, per quella vittoria, ad Adriano Panatta, uno dei più grandi campioni italiani di tutti i tempi e di tutti gli sport.