Sono trascorsi 14 anni dal ritrovamento dei corpi senza vita di Francesco e Salvatore Pappalardi, i due fratellini di Gravina in Puglia scomparsi il 5 giugno del 2006 e ritrovati solo nel febbraio del 2008, quando il piccolo Michele cade accidentalmente in una cisterna dentro a un casolare abbandonato mentre è intento a giocare con gli amici. Un incidente che permette ai suoi soccorritori di scoprire in quello stesso luogo i resti dei piccoli fratellini scomparsi anni prima.
“CICCIO E TORE. IL MISTERO DI GRAVINA” è il titolo del libro inchiesta pubblicato da Armando Editore del giornalista e scrittore Mauro Valentini e del generale Luciano Garofano, già comandante dei RIS di Parma e Generale dei Carabinieri in congedo, che ha lavorato sul caso come consulente tecnico poco dopo la macabra scoperta, effettuando i sopralluoghi all’interno dell’edificio fatiscente ribattezzato dagli abitanti del posto col nome “casa delle Cento Stanze”.
Una vicenda tragica e, come se non bastasse, un clamoroso errore giudiziario: nel novembre del 2007 Filippo Pappalardi, papà di Francesco e Salvatore, viene arrestato con l’accusa infamante di omicidio e occultamento di cadavere.
Documenti inediti e un’attenta ricostruzione dei fatti aprono la strada a nuove ipotesi investigative, mettendo in fila avvenimenti, testimonianze, incongruenze e domande che oggi meritano una risposta. Cos’è accaduto veramente la sera del 5 giugno 2006 ai due fratellini Francesco e Salvatore dentro la casa delle Cento Stanze? La famiglia di Francesco e Salvatore chiede da tempo la riapertura delle indagini sulla base di nuovi elementi che non possono essere ignorati.
Ne parliamo con il giornalista e scrittore Mauro Valentini in questa intervista
D: Quali sono le ragioni che l’hanno spinta ad occuparsi della drammatica vicenda di Francesco e Salvatore Pappalardi e a scrivere questo libro?
R: Certamente la figura del papà dei ragazzi: Filippo. In quegli anni quando prima con la scomparsa poi con l’accusa di omicidio sulla sua testa, sono sempre stato colpito dalla tenacia e dalla fermezza con cui si batteva per cercare di ritrovare i suoi figli. Un uomo che mi ha lasciato dentro un segno profondo. E quando Luciano Garofano mi ha chiesto di scrivere con lui questa storia non ho avuto dubbio alcuno.
D: Tra omissioni, testimonianze dubbie e ritrattazioni si può parlare di un vero e proprio depistaggio per deviare o rallentare le indagini allontanando gli inquirenti dalla casa delle Cento Stanze, luogo in cui poi sono stati ritrovati i corpi senza vita dei due fratellini di Gravina?
R: Sì. Senza mezzi termini c’è stata un’azione di depistaggio. E anche e soprattutto direi un convincimento ferale da parte degli inquirenti che hanno da subito cercato non tanto nei vicoli di Gravina dove i bambini si erano eclissati in un lasso di tempo di pochi minuti quanto nelle pieghe di questioni familiari che avevano come fulcro solo e soltanto la figura paterna. Un padre che solo pochi giorni prima di quella tragica scomparsa aveva ottenuto dal Tribunale dei Minori di Bari l’affidamento esclusivo dei ragazzi dopo una lunga battaglia legale. Era quindi ritenuto dai Giudici minorili come padre affidabile e dagli inquirenti come bieco assassino.
D: Il libro induce il lettore a porsi una serie di interrogativi, anche in merito agli atteggiamenti e alle scelte dei protagonisti coinvolti nella vicenda, ovvero alcuni dei compagni di gioco di Ciccio e Tore. Atteggiamenti e scelte che probabilmente hanno contribuito a determinare il tragico epilogo. Ciccio e Tore potevano essere salvati, come qualche anno dopo è avvenuto per Michele. Ma cosa può aver costretto al silenzio chi sapeva? Paura, indifferenza, crudeltà?
R: Noi siamo certi che Ciccio e Tore potevano esser salvati. Lo dice la perizia medico legale. E la logica delle circostanze. Siamo certi che i ragazzi non fossero soli quella sera. Siamo certi che non solo i loro compagni di giochi fossero a conoscenza di quella caduta, ma anche adulti. Siamo certi che se nessuno ha chiamato i soccorsi come è stato fatto per l’altro ragazzino, Michele, è perché c’era un motivo inconfessabile. Non solo un gioco. Non solo un incidente.
D: Sono tante le domande anche in merito alle indagini e alla scelta degli stessi inquirenti di perseguire una sola pista, fino a rinchiudere in carcere un uomo innocente, Filippo Pappalardi, papà di Francesco e Salvatore, accusato ingiustamente di aver ucciso i propri figli ed occultato i cadaveri. Dopo tutto questo calvario, in attesa ancora oggi di conoscere la verità ed ottenere giustizia, come sta Filippo Pappalardi?
R: Filippo ha ancora la forza per lottare. Per conoscere la verità. Questo libro noi lo abbiamo dedicato a Ciccio e Tore ma anche a lui. Alla sua paternità offesa. Al suo dolore da molti incompreso e vilipeso.
D: Poco più di un anno fa ignoti hanno profanato la tomba dove risposano i due piccoli fratellini. Un atto vile, ignobile, di cui non si conoscono ad oggi le ragioni ed i responsabili. Una macabra bravata o un messaggio preciso? Come si interpreta un atto simile?
R: È davvero una cosa atroce. Credo che se qualcuno si sia spinto così oltre, immaginando addirittura, come dimostriamo nel libro, che ci sia stato un tentativo di sequestro delle salme, allora c’è ancora un motivo importante per non far conoscere la verità. È stato un gesto che ha davvero trafitto l’anima di Filippo che non riesce a capacitarsi di tanta cattiveria contro di lui e contro i suoi adorati figli.
D: A distanza di 16 anni è ancora possibile fare luce su questa terribile vicenda? A fare la differenza potrebbero essere proprio quei ragazzini oggi diventati uomini, che probabilmente erano presenti nella casa delle Cento Stanze la sera del 5 giugno 2006. Qualcuno avrà mai il coraggio di raccontare come sono andate veramente le cose?
R: Noi crediamo di sì. Crediamo che se riascoltati i protagonisti noti di questa vicenda e confrontate le loro dichiarazioni dell’epoca, si potrà facilmente verificare le incongruenze e le omissioni. Riteniamo anche che Filippo Pappalardi, la mamma dei bambini e chi ha voluto bene a Ciccio e Tore abbiano il diritto di sapere. E che uno stato di diritto debba far tutto per concedergli questo. Lo dobbiamo a Ciccio e Tore. Alla loro agonia dentro quel pozzo. E alla verità.