Ci sono storie che proseguono in modo sotterraneo all’insaputa – forse – degli stessi protagonisti. Così è la storia degli Alchimia, rock band parmense nata a metà degli anni Ottanta, al culmine della wave italiana, e che dopo circa trent’anni decide di riunirsi nella per portare avanti un percorso originalissimo, musicale e intellettuale, che pone in parallelo musica rock e alchimia.
‹‹“Alchimia” è un nome piuttosto significativo per un gruppo rock che propone musica “esoterica”, vale a dire una musica finalizzata all’espressione di stati d’animo. Ma non è soltanto il nome del gruppo a colpire quando si viene in possesso della loro registrazione. Appare allora evidente come questi giovani musicisti siano riusciti a creare all’interno del loro gruppo una condizione psicologica alquanto simile a quella che una volta aleggiava intorno a certi laboratori alchimistici.››
A. Fratini, “L’ÂME-SON” DU ROCK n’ ROLL
È sorprendente e affascinante la prospettiva dalla quale l’autore dell’articolo citato in epigrafe, ci propone di osservare la costituzione psicologica ed emotiva che presiede alla formazione e all’attività di una band musicale; un’aggregazione di individualità da leggersi sia come dinamica di gruppo, sia come luogo all’interno del quale ciascuno soggettivamente può percepire e sperimentare occasioni particolarmente feconde all’emersione del sé, lungo il proprio cammino d’individuazione.
La fattispecie che rende questo discorso tanto più interessante, è che le osservazioni che Antoine Fratini affida allo sguardo accorto dello psicanalista si rivolgono al progetto musicale che lo vede direttamente coinvolto, come musicista e paroliere degli Alchimia. Ed è proprio lui, nel corso di una chiacchierata telefonica che gli ho chiesto per la realizzazione di questa recensione, a raccontarmi la storia di questo progetto; un racconto che, come tutte le narrazioni esemplari, raccoglie e amalgama elementi soggettivi e collettivi.
È il 1986 quando Fratini insieme a tre amici decide di dare vita ad una band musicale, in un periodo nel quale già ha intrapreso la formazione psicoanalitica di indirizzo junghiano. E certo Jung in quel momento preciso deve aver fatto valere, quantomeno archetipicamente, il peso della propria influenza nella scelta di un nome, Alchimia, certamente insolito per una band di ragazzi che aspiravano a comporre brani rock in una scena musicale qual era quella italiana a metà degli anni Ottanta.
Per capirne le motivazioni, occorre ricordare che era stato Carl Gustav Jung, nelle ricerche che lo hanno condotto a definire i concetti fondamentali della sua psicologia del profondo, a recuperare l’antica sapienza alchemica e a reinterpretarla all’interno di in un contesto teoretico e clinico di impostazione scientifica. Lo psicoanalista svizzero infatti aveva capito che la conoscenza insita nell’arte alchemica non poteva ridursi agli esperimenti mediante i quali oscuri operatori, talora tacciati come ingenui, tal altra come truffaldini, nel chiuso dei loro laboratori tentavano di realizzare concretamente la trasmutazione dei metalli vili in oro.
La crisopea, la pietra filosofale a cui i veri alchimisti ambivano, era in verità la realizzazione della propria natura spirituale, di cui il lungo e paziente lavoro condotto sulla materia, temprata sul fuoco e distillata negli alambicchi, costituiva una proiezione psichica e una ricapitolazione simbolica. Semplificando quanto Jung ci dice a proposito di tale processo, nel corso dell’esperimento l’alchimista si immerge in uno stato psichico profondo tale da consentirgli, attraverso le facoltà immaginative dell’anima (psyché), di proiettare sulla materia i propri contenuti inconsci; le operazioni concrete operate sulla materia pertanto costituiscono il correlato oggettivo del lavoro di trasformazione psichica che conduce il ricercatore a realizzare il proprio sé.
Grazie allo studio appassionato di questa disciplina, durato per molti anni, Jung era arrivato a scoprire nell’alchimia il corrispettivo storico della psicologia del profondo e del processo di individuazione. Proseguendo così lungo la catena delle analogie, si può dire che Fratini insieme agli altri ragazzi della band trovassero nell’alchimia il corrispettivo psicologico di quell’esperienza al contempo formativa e ricreativa che il suonare musica in gruppo ha offerto a generazioni di ragazzi. Come egli stesso scrive nell’articolo succitato: ‹‹[…] coloro che vogliono comporre e proporre brani originali scritti da loro stessi, non sfuggono all’interazione coi propri compagni, e dunque alla messa in gioco della loro vita inconscia ed emotiva››. In pratica si può dire che i musicisti utilizzano, al pari degli alchimisti, la musica come materia sulla quale proiettano i contenuti inconsci, impegnandosi così a realizzare integralmente la propria personalità.
Costituitasi la prima formazione del gruppo, gli Alchimia – il cantante Davide Cabassa, Serge Rizzi alla chitarra, Guido Pambianchi al basso, Antoine Fratini alla batteria – stabiliscono il loro “laboratorio alchemico-musicale” in una vecchia casa disabitata, in una zona isolata dell’appennino parmense, dove iniziano a comporre i loro brani. L’eterogeneità delle provenienze (Rizzi e Fratini sono di origini francesi, mentre il bassista è di madrelingua inglese e il cantante italiano) e delle influenze di genere (si va dal punk alla new wave, passando per il rock psichedelico e la canzone italiana) si fondono nel crogiuolo della composizione seguendo un intento preciso: trasformare i propri stati d’animo in musica – proprio come gli antichi alchimisti trasformavano i metalli vili in aurum non vulgi. L’esito di questa ricerca è un sound necessariamente duttile, capace di coprire un’ampia gamma dello spettro emotivo, che è quanto possiamo ascoltare nei tredici brani della demotape di esordio registrata nel 1987 col titolo Om.
Pur nella varietà delle atmosfere evocate, la proposta del gruppo si connota di tratti caratterizzanti fortemente personali. La trama essenziale dei brani è ordita dal dinamismo della sezione ritmica, dove le linee secche di basso, a tratti quasi strumento solista, e la batteria con le sue variazioni ritmiche disegnano orbite centripete che polarizzano l’ascolto; su queste si innesta il sound ricco di effetti e di rimandi al rock anni Settanta della chitarra, che improvvisamente sembra quasi infrangere i confini spaziali della percezione per aprire squarci su altri livelli dell’esperienza.
I testi – cantati rigorosamente in italiano, scelta controcorrente per l’epoca, in scia di gruppi come Diaframma e Litfiba – che dal punto di vista della strategia compositiva conseguono al lavoro di fissazione dell’emozione in musica, non hanno solo l’onere della coerenza con le tonalità emotive rappresentate, ma partecipano all’approfondimento delle tematiche sociali o psicologiche che nella realtà ne sono state la scaturigine.
Così, ad esempio, nel brano Om, uno dei più introspettivi della raccolta, le parole sembrano quasi risalire nel cantato da un deserto arido e febbricitante: ‹‹Om / Vieni, ti stavo aspettando / È da tanto tempo / Che ti stavo aspettando / Ora sono pronto / Ora…››. Il volto distorto e violento del potere viene denunciato in L’Inquinamente con un’attitudine che guarda più alla rabbia senza mediazioni di gruppi come i Clash: ‹‹Stai bene nel marciume / Vivi in noi / Ti nutri del Potere / Guardati / Allo specchio / Ti si gonfi a il cervello / Vedi / Stai impazzendo / Dammi la mano / E senza più angoscia sarai››. C’è spazio per la nostalgia nella cantautorale Melancolie: ‹‹Per questi nostri occhi / Che un giorno lontano / Luccicavano di gioia / Questa realtà è dura da accettare / È così difficile dimenticare / Quel nostro piccolo mondo / Di semplicità e di sorrisi››.
Lo stile espressionista del cantato trova la sua formulazione più dolente e compiuta nell’ipnotico vortice del brano Spinosi respiri: ‹‹Tu m’incanti / Pieno di me / Fiero di me /In possesso di me / Fumo e / Ben presto acqua e mare / In groppa sulla sirena / M’incollano le onde / Ma gli dei son furiosi /La tempesta mi getta…››. Infine, il testo più “junghiano” scritto da Fratini, Mysterium Coniunctionis, diventa la rappresentazione plastica dell’esperienza alchemica di questi ragazzi sull’athanor della creazione musicale: ‹‹Da solo non mi annoio più / Da solo non esisto più […] / Uno dopo l’altro / Ci scambiamo le menti / E dopo qualche giro / Ci ritroviamo ognuno a quattro cilindri / A mescolare sensazioni a sentimenti / E pensieri ad intuizioni››.
Ciascuno dei tredici brani contenuti in Om è una faccia smagliante del prisma, e allo stesso tempo una storia a sé. La demotape aveva ricevuto una recensione favorevole su Rockerilla, all’epoca una delle riviste musicali più autorevoli, dove la musica degli Alchimia era stata definita “musica terapeutica”, a riconoscere il lavoro di introspezione condotto in profondità dai quattro autori e interpreti.
La parabola compiuta poi dagli Alchimia li accomuna a tante delle band che all’epoca fervidamente nascevano e, spesso, altrettanto rapidamente si spegnevano. Dopo una promettente fase di espansione, successiva alla pubblicazione della demo, la band nel 1991 decide per lo scioglimento. Certamente devono avere pesato le difficoltà nel mantenere e promuovere una individualità così forte sulla scena italiana underground, che all’inizio degli anni Novanta sembrava propendere verso altre tendenze; sicuramente, ha giocato anche la fatica di riuscire a mantenere in armonia le conflittualità psicologiche di gruppo, avendo scelto di lavorare a così stretto contatto con l’essenza di stati emotivi al confine dell’inconscio.
Ma, come ormai si è palesato, gli Alchimia non sono un gruppo qualsiasi. Come recita un motto alchemico, solve et coagula; e anche una volta sciolti, il fuoco sotto il vaso alchemico di quella prima esperienza evidentemente non si è mai spento, se oggi, a distanza di trent’anni, i membri del gruppo si sono ritrovati per gioco e per destino a ricostituirsi.
Come primo atto, quest’anno la demotape Om è stata rieditata e ripubblicata. La migliore qualità ottenuta non ne attenua il fascino, e ci restituisce intatta l’atmosfera della musica suonata nei garage e nei locali. Inoltre, il gruppo ha ora autoprodotto un nuovo originalissimo CD dal titolo programmatico Dystopia, drammaticamente ispirato alla nostra attualità, di cui è possibile ascoltare qualche anticipazione sul canale YouTube del gruppo.
Dopo la pubblicazione dell’album, la speranza è di riprendere anche l’attività live. Altri contatti del gruppo sono il sito, sul quale è possibile leggere insieme alla loro storia anche i testi dei brani pubblicati: Alchimia Group.
La scelta della vendita diretta dei loro album appare assolutamente coerente con le scelte promozionali assunte dal gruppo. Chi è interessato alla loro discografia, può contattare direttamente gli Alchimia (formazionemercurio@libero.it – whatsapp 333 4862950).
Del resto, possiamo notare, in conclusione a questo articolo, come probabilmente siano stati profetici i quattro omuncoli raffigurati sulla copertina di Om, ciascuno dei quali custodisce e porta innanzi una torcia accesa con la quale illumina l’oscurità. È questa una delle immagini con cui si simboleggia la sapienza esoterica delle prime esperienze di contatto con la sfera del sacro, e di come questa sapienza cammina attraverso i secoli sulle gambe di quegli uomini, pochi e coraggiosi, che senza timore ascoltano e testimoniano.
Simone Santi