Da RiPost – Ritratti: giornalisti del nostro tempo Maurizio Piscopo incontra Stefania Parmeggiani
Ho letto con enorme piacere il libro di Stefania Parmeggiani “Fellini, Rimini e il Sogno”, pubblicato da Zolfo Editore e sono rimasto rapito. Ho finito a mezzanotte, trascurando un testo che sto scrivendo da alcuni anni. E’ un libro straordinario scritto con il cuore. E’ una sorta di viaggio onirico nella Rimini città del cinema, che vive d’inverno, un ritorno nei sogni di Fellini con i suoi luoghi e i suoi personaggi: i pescatori, le baffone, il maestoso Grand Hotel, il cinema Fulgor, il CastelSismondo, il cieco di Cantarel con la sua struggente fisarmonica, la Gradisca, personaggi ricchi di fantasia e di sentimento che fanno parte delle storie universali della settima arte.
Un ritratto inedito del Maestro. Un libro da leggere e da far leggere, da tenere nella biblioteca di casa come uno scrigno prezioso. Federico Fellini è stato un Maestro del Cinema, un autore unico e irripetibile, tra i più grandi della storia della settima arte, dotato di uno stile onirico, surreale e ricco di quel tocco personale che l’ha distinto facendolo apprezzare ed amare in ogni parte del mondo. I suoi film (ne ha girati 19, dal 1950 al 1990), sono capolavori assoluti, che non soltanto hanno creato un immaginario ancora vivo per una parte di noi, ma sono anche diventati sinonimo della nostra cultura. Fellini definiva sé stesso: “Un artigiano che non ha niente da dire, ma sa come dirlo”. È stato uno scrittore straordinario. Il cinema di Federico Fellini ha portato nel mondo un linguaggio nuovo, con dei capolavori epici, con i sogni di una Roma piena di feste e di strade eleganti come via Veneto. Oggi quella Roma non esiste più. Ma anche quel modo di far cinema resta inarrivabile…
Andiamo a conoscere da vicino Stefania Parmeggiani, giornalista e scrittrice. Il suo colore preferito è il rosso, il libro preferito è “Rayuela. Il gioco del mondo” di Julio Cortázar. Lei ama molto fare delle lunghe camminate in città, in campagna e in spiaggia. Tra le città a cui si sente legata di più per motivi diversi ci sono Roma, Rimini, Riccione dove è cresciuta, e poi Urbino e Palermo. I film che ama sono innumerevoli, ma i suoi preferiti sono Amarcord e La dolce Vita. Stefania Parmeggiani con il libro Fellini, Rimini e il sogno arricchisce la storia della città simbolo della riviera romagnola e del Cinema del Maestro, trent’anni dopo la sua scomparsa…
D: Quando inizia la sua passione per la scrittura?
R: Da bambina ero affascinata dalle storie. Uno dei miei posti preferiti era un grande tendone bianco che veniva montato ogni estate a pochi metri dalla spiaggia, nel parco della villa che Mussolini aveva costruito a Riccione e che al tempo era solo una casa abbandonata. Sotto quel tendone c’erano decine di banchi con centinaia di libri. Mia nonna mi permetteva di scegliere quello che volevo. Non suggeriva, mi lasciava libera di saltare da una storia all’altra finché un giorno mi ha chiesto se anche io, da grande, volessi scrivere. Le ho detto sì d’istinto. È finita che è successo veramente.
D: Il suo libro Fellini, Rimini e il Sogno è scritto benissimo. E’ una sorta di viaggio poetico- sentimentale illustrato da immagini certe volte tristi come il grattacielo di Rimini, certe volte sognanti con i suoi personaggi, altre volte fantasiose come il ponte del diavolo. Quando è nata l’idea di scriverlo?
R: Il libro nasce da un reportage sulla Rimini di Fellini che scrissi per Robinson, l’inserto culturale di Repubblica, in occasione del centenario della nascita del regista. Mentre ripercorrevo le vie della sua infanzia e adolescenza, oltre alle immagini dei film, mi venivano incontro altre storie. Rimini è un’antica città romana e questo significa che sotto i suoi piedi ci sono più di due millenni di vita. Ero di fronte a due labirinti. Da una parte la memoria, i sogni e l’arte di Fellini. Dall’altra Rimini. Ho pensato di attraversarli entrambi, utilizzandoli come se fossero uno lo specchio dell’altra. Ed ecco il libro.
D: Può commentare questa frase: Il posto più bello in cui sono stato è dentro un libro!
R: Un libro è un luogo senza confini: annulla le distanze sia temporali che geografiche, ti trascina in mondi immaginari, ti fa vivere le vite di altri e ti mostra qualcosa di te stesso, a volte suggerendoti parole e pensieri che non pensavi di avere. Certo, può essere anche un brutto libro ma a quel punto basta chiuderlo per ritornare alla realtà. Diciamo che tra tutti i possibili viaggi è quello che può portarti più lontano e al minor costo possibile.
D: Dov’è Fellini?
R: Mi piace immaginarlo nel Teatro 5 di Cinecittà perché quando gli domandavano in quale città sognasse di vivere lui non rispondeva Londra, Parigi o Roma. Diceva che il suo posto ideale era quel gigantesco hangar, un palcoscenico di tremila metri quadrati con una piscina interna di 400 metri quadrati, una scatola dei sogni dove infilava dentro tutto, dal profilo del Rex alle vasche del Canal Grande. E poi Rimini, nella suite 315 del Grand Hotel che continuava a solleticare la sua fantasia come – sono parole sue – certi scalcinati teatrini che usano sempre lo stesso scenario.
D: Con questo libro lei invita a vistare una città sorprendente, una macchina dei sogni, proprio come il cinema di Fellini che a Rimini, cinquant’anni fa, dedicò il suo capolavoro Amarcord”…
R: E’ un invito che ha solo un’avvertenza: partire dal Molo di Levante. Non solo perché il regista amava passeggiare sul porto, gli occhi fissi sull’Adriatico per placare le inquietudini e cercare il mistero, ma anche perché visitare la città inseguendo il fantasma di Fellini è un esercizio di fantasia, reso più facile dalla presenza del mare. Bisogna chiudere gli occhi e prendersi il tempo che serve per dimenticare Rimini, qualunque sia l’immagine che il visitatore ha di lei.
D: Partendo dagli scritti di Federico Fellini e dalle testimonianze di chi lo ha conosciuto, ogni luogo racconta una storia: il bambino stregato dal circo e il ragazzo che a diciannove anni prende un treno per Roma diretto al suo destino, la Gradisca, il matto del borgo, la poesia di Tonino Guerra, l’amore di Paolo e Francesca, le bombe della guerra, il sogno del turismo. Una passeggiata tra i ricordi, i sogni e le bugie di Fellini, sospesi tra la città reale e quella immaginaria. Come ha sviluppato questa sua ricerca?
R: Mi sono fatta guidare dai libri e dagli archivi dei giornali. La bibliografia di Fellini è sterminata, centinaia e centinaia di titoli in tutte le lingue. Io ho scelto quelli che più si concentravano sulla città, partendo dai testi di chi lo ha conosciuto e dai suoi scritti, uno in particolare: Il mio paese, pubblicato nel 1967 per l’editore Cappelli, un affresco straordinario che di fatto anticipa Amarcord. Gli archivi dei giornali sono altri preziosi alleati. Non solo quelli dei quotidiani nazionali, ma anche e soprattutto quelli delle testate locali che hanno rubriche dedicate ai luoghi, alle storie e ai personaggi che ci hanno preceduti.
D: Rimini è la macchina dei sogni del cinema del grande Maestro. Cosa rappresenta per lei questa città e cosa rimane della Rimini raccontata da Fellini?
R: Lo ha detto lei: una macchina dei sogni. Non solo per il cinema di Fellini, ma anche per chi, come me, è nato in questa città ed è cresciuto in Riviera, incontrando il mondo nelle sue strade, vedendo ogni notte sbucare dalle sue strade migliaia di ragazzi di ogni nazionalità. La Rimini del regista però non esiste più, è stata distrutta dalle bombe della seconda guerra mondiale. Esiste la città della memoria e quella del sogno, esiste la Rimini felliniana.
D: Secondo lei il Maestro era cattolico? E’ vero che aveva paura della morte e non ha realizzato il film Il viaggio di G. Mastorna per non rispecchiarsi e non rivivere certe emozioni?
R: Aveva ricevuto una educazione cattolica, aveva bisogno di credere ed era attratto dal trascendente. Poi questa sua spiritualità la portava anche su territori non esattamente ortodossi, a contatto con sensitivi e veggenti. Il Viaggio di G. Mastorna è stato segnato da superstizioni, vicissitudini con i produttori e anche dalla paura di morire: è lui a dirlo tra le righe de Il mio paese, quando parte dai giorni del suo ricovero in clinica.
D: Cosa rimane del Grand Hotel di Rimini descritto nel libro con grande maestria facendo rivivere Amarcord simbolo di vita seducente, raffinata e proibita…
R: Il Grand Hotel è ancora lì, intatto e seducente come ai tempi di Fellini. Ed è anche monumento nazionale, quindi chiunque lo può visitare.
D: Mi ha colpito molto la descrizione del farmacista-filosofo Camillo Duprè per la promozione dei suoi prodotti sui ventagli. Sembra una storia dei nostri giorni…
R: Le cronache lo tramandano come un uomo geniale, visionario e pragmatico. Aveva capito che la pubblicità era l’anima del commercio e per promuovere i suoi prodotti, finte acque termali, preparati per ogni tipo di disturbo, oli e intrugli più o meno miracolosi, ha utilizzato un oggetto molto in voga all’inizio del ‘900: i ventagli delle signore.
D: Rimini è la città del piacere, Rimini è il cuore di un mondo antico, una città di carta, di sogni e di illusioni, è la città che vive solo d’inverno… Cosa è Rimini per i turisti?
R: Dipende dal tipo di turisti. Per la maggioranza, quelli che riempiono gli alberghi e le spiagge, è la cartolina delle estati italiane. Ma c’è anche chi la sceglie per la sua storia: ha uno dei ponti romani meglio conservati al mondo, l’Arco di Augusto, la Domus del Chirurgo, il Tempio Malatestiano con la prima facciata del Rinascimento Italiano, i dipinti di Giotto e Piero della Francesca… Adesso poi, con il Fellini Museum, è a diritto una città del cinema.
D: Può commentare una frase di Tonino Guerra: “ Con il film Amarcord viene restituita l’infanzia al mondo”…
R: Amarcord non racconta solo l’infanzia del regista. È un film che parte dal dato biografico per arrivare all’universale. La generazione di Fellini e Guerra era nata in un mondo in larga parte contadino ma dopo la guerra aveva vissuto gli anni del boom economico e dell’industrializzazione. Aveva guadagnato molto, ma perso altrettanto e Amarcord glielo restituiva. Poi c’è un altro mistero: quel film ha il sapore del tempo perduto anche per chi è cresciuto in un’altra epoca o in un altro angolo del mondo. Com’è possibile? Credo sia la magia dell’arte, la capacità di raccontare un sentimento rendendolo universale.
D: E ancora: “Occorre interrogare i poeti, ascoltarli con devozione e amarli per conoscere quello che il mondo patisce”…
R: I poeti sono tali perché hanno una sensibilità che gli permette di arrivare là dove noi, impegnati a sporcarci le mani con le cose del mondo, non riusciamo ad arrivare.
D: Lei ha scritto poeticamente: “La neve a Rimini è un dramma, la cui gelida bellezza viene compresa solo dai bambini e dai poeti. Insomma, tutta la magia che solo le anime pure vedono quando scende la neve”. Sembra di riascoltare la voce di Fellini sul set di un film…
R: O quella di Tonino Guerra che alla neve ha dedicato versi bellissimi.
D: Poche volte la televisione ha trasmesso Ginger e Fred, film strepitoso sul futuro delle tv private e sui guasti che hanno provocato nella società italiana, un minuto di programma e un tempo infinito di pubblicità senza regole, che calpesta di continuo i diritti degli spettatori. Fellini sosteneva:” non si può interrompere un’emozione”. Lei che ne pensa?
R: Aveva ragione e oggi siamo andati ben oltre: siamo bombardati dalle immagini, circondati dal rumore, facciamo sempre più fatica a concentrarci e a mantenere l’attenzione. Adesso le pubblicità ci piombano addosso ogni secondo, selezionate dagli algoritmi in base alle nostre scelte di navigazione. Non interrompono solo un’emozione, anticipano e falsificano i desideri.
D: La vita non è un film ma un sogno!
R: Sul quale, non sempre ma spesso, abbiamo il potere di decidere.
D: Il 6 agosto del 1944 un barbiere di Forlì, (i barbieri sanno mantenere i segreti), fa una spiata ai soldati tedeschi e Mario Capelli, Luigi Nicolò e Adelio Pagliarini vengono impiccati e il barbiere è costretto a scappare. Nel libro si incrocia la storia italiana della grande guerra e non solo…
R: La grande storia è passata da Rimini più volte. Ricordiamo Giulio Cesare che dopo avere passato in armi il Rubicone parlò alle truppe in quella che oggi si chiama piazza Tre Martiri, la corazzata che la bombardò nella Grande Guerra appena dopo la dichiarazione di ostilità all’impero austro-ungarico e poi, naturalmente, la seconda guerra mondiale dove ha subito centinaia di bombardamenti.
D: Cosa salverà il mondo? La bellezza, i bambini, la letteratura, il Cinema d’Autore?
R: Il mondo lo salveranno i bambini perché sono il futuro, ma perché possano farlo è necessario che riconoscano la bellezza. E la letteratura, il cinema, la musica e l’arte sono degli ottimi mezzi per farlo.
D: Se potesse incontrare Fellini cosa gli direbbe?
R: Grazie. E poi, al costo di farlo arrabbiare, gli chiederei come hanno fatto inutilmente decine di giornalisti: ci vuole spiegare cosa significa il latte di rinoceronte?.
D: Il Maestro diceva sempre: “Noi abbiamo due vite, una ad occhi aperti ed una ad occhi chiusi…”
R: E forse dovremmo dare più attenzione a quella che viviamo ad occhi chiusi.
D: Come ha scoperto la casa editrice Zolfo di Milano che ha pubblicato dei libri veramente strepitosi e di grande interesse nazionale?
R: Proprio attraverso i suoi libri. Zolfo ha una bellissima collana e un “diavolo” di editore, Lillo Garlisi, che ha anche un altro marchio, Laurana, con il quale ha pubblicato Ferrovie del Messico di Gian Marco Griffi, la sorpresa più bella della letteratura italiana degli ultimi anni.
D: Quali sono i suoi progetti per il futuro?
R: Sono una giornalista: i miei progetti professionali restano ancorati al desiderio di fare questo lavoro il più seriamente possibile, al meglio delle mie possibilità. Se poi incontrerò qualche storia che merita di essere raccontata aldilà della gabbia dei giornali, con una formula diversa, ci proverò.
STEFANIA PARMEGGIANI – Biografia
Stefania Parmeggiani, nata a Rimini nel 1977, è giornalista di “Repubblica” e del “Venerdì”. In occasione del centenario della nascita di Federico Fellini, ha raccontato i luoghi dell’infanzia e i personaggi resi immortali dal regista sullo speciale di Robinson a lui dedicato. Con il suo precedente libro, La notte di Silvia, ( Castelvecchi 2015), è stata finalista al Premio Rapallo.