In una Palermo rinascimentale vibrante di vita, fede e commerci, un piccolo gesto di beneficenza può raccontare l’intera essenza di un’epoca. Giuseppe Pitrè, il celebre folklorista siciliano, ci consegna una lente preziosa attraverso cui osservare un mondo dove religione, economia e simbolismo sociale si intrecciavano con una forza straordinaria.
È il XVI secolo, e le strade di Palermo risuonano di canti, processioni e scambi commerciali. In questo contesto, la congregazione dei bottegai, cuore pulsante dell’economia cittadina, compie un gesto tanto concreto quanto profondamente simbolico: destinare trenta onze d’oro a una giovane orfana, la “zitella pericolosa”.
L’antica congregazione dei bottegai in Palermo, alla quale erano affiliati i venditori di frutta, di legumi, ecc., scelse a suoi protettori i Tre Re; né poteva fare migliore scelta, poiché solo nella festa de’ re magi e nel Natale che la prepara si ha maggiore spaccio di frutta secche d’inverno. Ora l’articolo 6 de’ Capitoli della congregazione, approvati dal Senato di Palermo nell’anno 1578, inculcava che appunto in questo giorno fosse fatta opera di beneficenza con un legato di onze 30 ad una «cita (ragazza) la quale habbia di essere di anni sedici conpliti orfana la più bella et pericolosa, chi sia figlia di botegaio della detta congregattione, et habbia di uxiri alli primi vespiri in la vigilia della detta festa et il giorno alla missa cantata.» Questa zitella doveva essere scelta dal Console e dai Consiglieri quindici giorni innanzi la festa durante una visita che essi erano tenuti a fare “di tutte quelle citelle che potranno quello anno concorrere“. (Giuseppe Pitrè)
Una cifra che vale una vita
Trenta onze non erano una somma qualunque. Erano il corrispettivo di anni di lavoro di un artigiano, il capitale necessario per comprare un terreno o costruire una casa. Convertita al valore attuale, quella cifra potrebbe equivalere a circa 6.000 euro, ma il suo potere d’acquisto nella Palermo del XVI secolo era incommensurabilmente più alto. Questa generosità, ritualizzata in occasione dell’Epifania, non si limitava a risolvere una difficoltà economica; trasformava la vita di una giovane donna e, al tempo stesso, riaffermava il ruolo centrale della congregazione come pilastro morale ed economico della società.
La “zitella pericolosa”: fascino e contraddizioni
Ma chi era questa “zitella pericolosa”? In un’epoca in cui le parole portavano con sé mondi di significati, il termine “zitella” indicava una giovane nubile, vista come il simbolo della purezza e del potenziale sociale femminile. “Pericolosa” non alludeva a minacce moderne, ma al potere magnetico della bellezza, capace di ammaliare e turbare gli equilibri di una società fortemente patriarcale. Questa giovane, scelta tra le orfane dei bottegai, non era solo una destinataria di carità. Era un’icona vivente, la cui grazia e vulnerabilità si fondevano in una rappresentazione quasi mistica del ruolo della donna.
Fede, potere e comunità
L’assegnazione delle trenta onze avveniva durante la festa dell’Epifania, una delle celebrazioni più sentite dell’epoca. I Tre Re Magi, simbolo di generosità e giustizia, ispiravano non solo il gesto di beneficenza, ma anche il suo significato più profondo: rafforzare i legami tra la congregazione, la comunità e la fede cristiana. La cerimonia, con messe cantate e processioni, trasformava un atto economico in un rito collettivo, in cui il sacro e il profano si intrecciavano in un insieme di significati.
Il valore eterno delle tradizioni
Le feste religiose, come quelle organizzate dalla congregazione dei bottegai, non erano solo momenti di fede. Erano eventi che definivano la vita cittadina, intrecciando legami tra le persone, rafforzando gerarchie sociali e creando spazi di inclusione per i più vulnerabili. La figura della “zitella pericolosa” incarna tutto questo: un simbolo di fragilità e forza, un riflesso di bellezza e virtù, un dono che rifletteva la potenza della comunità.
Oggi, questa storia ci parla ancora. Ci ricorda che dietro ogni gesto di beneficenza, dietro ogni tradizione, c’è un mondo di significati che sfida il tempo. Palermo, con le sue luci e ombre, continua a raccontarci chi siamo stati e, forse, chi potremmo ancora essere.