di Anna Lisa Maugeri
Siciliabuona.Prima della Strage di Ciaculli, i governi italiani avevano sempre rimandato una presa di posizione, negando fortemente l’esistenza della mafia in Sicilia. Questa è la strage dimenticata, che spense le vite di 7 uomini dello Stato, definiti inizialmente vittime del dovere, ai tempi in cui non si voleva neanche pronunciare la parola “mafia”. Un massacro che costrinse finalmente lo Stato Italiano a muoversi e ad agire, dando il via alla prima Commissione Parlamentare Antimafia.
30 giugno 1963
Era la mattina del 30 giugno 1963. Una telefonata anonima alla questura di Palermo avvertiva della presenza sospetta di una Alfa Romeo Giulietta abbandonata nei pressi di Ciaculli.
Da alcuni mesi si assisteva a numerosi delitti di stampo mafioso a colpi di autobombe, kalashnikov, agguati e inseguimenti per le strade, nelle piazze: era la prima guerra di mafia, che non risparmiava la vita a qualche innocente passante, vittime della logica sanguinaria mafiosa.
Quella stessa notte, poche ore prima, un’altra Giulietta era esplosa a Villabate, a pochi chilometri da Ciaculli. L’auto bomba di Villabate era indirizzata al boss Giovanni Di Peri, piazzata difronte all’autorimessa di sua proprietà. L’esplosione aveva fatto crollare il primo piano dello stabile uccidendo Pietro Cannizzaro, custode del garage, e Giuseppe Tesauro, fornaio.
Con la consapevolezza che poteva trattarsi dell’ennesima autobomba, arrivarono sul posto polizia e carabinieri: il maresciallo di Pubblica Sicurezza Silvio Corrao, il maresciallo Capo dei Carabinieri Calogero Vaccaro, gli appuntati Eugenio Altomare e Marino Fardelli, il carabiniere Mario Malausa, il maresciallo dell’esercito Pasquale Nuccio ed il soldato Giorgio Ciacci. Dopo aver ispezionato l’auto, viene rinvenuto al suo interno un ordigno realizzato con una bombola a gas.
Dopo il disinnesco dell’ordigno effettuato dagli artificieri, sembrava non ci fosse più nulla da temere. Per proseguire nell’ispezione, il carabiniere Malausa aprì il bagagliaio dell’autovettura innescando l’esplosione del tritolo che era stato ben celato al suo interno.
Nessuno dei presenti si salvò. In quella calda mattina di fine giugno una nuvola di fumo si elevava verso il cielo segnalando la terribile fine di 7 uomini e della prima guerra di mafia nel palermitano.
Gli affari dei clan
Una guerra iniziata per una partita di eroina che dall’Egitto doveva essere consegnata in America. Uniti nell’affare, i fratelli La Barbera e la famiglia Greco, seguirono tutte le fasi. Quando il carico arrivò senza intoppi a Brooklyn, ecco l’amara sorpresa per gli acquirenti d’oltre oceano: il quantitativo di droga era inferiore a quello pattuito e già pagato.
Fu quella la miccia che accese la feroce guerra fra le due famiglie palermitane. Si sa, quando cominciano le ammazzatine, una pallottola tira l’altra, alla morte di un componente della famiglia mafiosa, corrispose la morte del familiare del clan opposto, e così via, a chi resiste di più, fino a quando uno dei due clan non riesce a prevalere sull’altro e a pigliarsi il controllo su tutto.
Ma dopo la strage di Ciaculli, i clan dovettero darsi una calmata: avevano destato troppo clamore con quell’autobomba. Un’azione criminale del genere colpiva lo Stato attraverso l’uccisione dei suoi uomini, non poteva passare inosservata come tutte le altre ammazzatine comuni fra delinquenti. Lo Stato reagì per la prima volta istituendo il primo Pool Antimafia, e questo le cosce mafiose non lo avevano previsto.
Arresti e processi
Gli arresti e i processi che seguirono portarono a 346 condanne, di esse furono 19 gli ergastoli, mentre 114 le assoluzioni. La conclusione del processo riaccese la guerriglia di mafia: la stessa sera della sentenza, venne ucciso Antonino Ciulla mentre rientrava a casa per festeggiare la sentenza che, assolvendolo, gli aveva risparmiato il carcere, ma che gli costò la vita per mano della mafia.
Il processo è stato riaperto più volte negli anni a seguire. Vent’anni dopo, il collaboratore di giustizia Buscetta, accuserà Michele Cavataio di essere stato il responsabile di quella strage e di altre compiute con autobombe in quel periodo. Col passare degli anni, quel massacro a Ciaculli è stato dimenticato e si ha come la sensazione che non si sia mai arrivati ad una verità certa, ai mandanti e a conoscere chi fossero i veri destinatari.
La strage di Ciaculli costrinse l’Italia intera a smetterla di voltarsi dall’altra parte ad ogni delitto di mafia che si consumavano in Sicilia. Intanto, in quegli anni, la mafia siciliana si era già spostata dal sud verso il nord Italia, organizzandosi silenziosamente e creando il suo nuovo tessuto sociale ed economico a cominciare dalla Lombardia, dove trovò terreno fertile.