Conosco Paolo Navarra da alcuni anni e sono felice di averlo incontrato per la sua semplicità e simpatia. Il 18 aprile del 2023 è stato pubblicato il libro La vita è un alfabeto con l’editore Navarra, illustrato splendidamente da Tiziana Viola-Massa. Quel giorno ho provato una delle più grandi emozioni della mia vita. Molti mi ponevano la stessa domanda: chi ha curato la grafica del libro, che continua a incantare grandi e piccini in ogni città italiana. Onestamente non sapevo come rispondere. Mi sono informato e ho scoperto che il libro era stato impaginato e coordinato da Paolo Navarra, che dal 2018 cura quasi tutte le copertine dell’editore Navarra. L’ho voluto conoscere di persona e sono stato così contento che alla via dei librai ho desiderato una foto con lui per incorniciarla. Paolo è un attento osservatore della natura e delle cose del mondo, ti accoglie sempre con un sorriso. Nel tempo libero lontano dal lavoro e dai ritmi quotidiani, ama ritagliarsi degli spazi tutti per se e per la sua famiglia, immerso nella tranquillità di ciò che più lo rigenera: la cura del suo giardino, la compagnia dei suoi tre cani che adora e l’abbraccio silenzioso della natura. Adora il silenzio e il ritmo lento di queste attività, che gli permettono di ritrovare il suo equilibrio. Andiamo a conoscerlo da vicino.
L’intervista
D: Quando inizia la tua passione per l’arte, la fotografia, la grafica e per i libri?
R: In realtà la mia prima passione è stata la musica. Fin da piccolo, sono stato affascinato dai suoni e dal modo in cui una melodia riesce a comunicare emozioni in modo così diretto e universale. La musica mi ha aperto la strada all’arte, insegnandomi quanto sia potente l’espressione creativa. Ho subìto sin da adolescente il fascino della canzone d’autore italiana e francese. Da lì in poi il mio viaggio musicale è stato sempre attraversato da musiche e suoni provenienti da ogni parte del mondo. Nei primi anni ’80 questa grande passione mi ha portato alla formazione delle prime esperienze musicali sia come musicista che come organizzatore di eventi. Col tempo, questa sensibilità musicale si è trasformata in curiosità per altre forme artistiche: ho iniziato ad appassionarmi alla fotografia, alla grafica e infine al mondo dei libri, che considero veri e propri scrigni di storie e idee. Oggi, lavorando per Navarra Editore, sento di essere riuscito a fondere queste passioni. La grafica e il design editoriale, l’ideazione del merchandising e l’organizzazione di eventi mi permettono di dare forma alle idee, come fossero una sinfonia visiva, dove gli incontri, le immagini e le parole si uniscono per raccontare storie in modo armonico e coinvolgente. È proprio questo percorso trasversale, iniziato con la musica, che mi ha portato a vivere il mio lavoro come una continua esplorazione creativa. Lavorare per una casa editrice è per me un modo per mettere insieme queste passioni, cercando sempre di raccontare idee e visioni con un linguaggio visivo che sia autentico e originale.
D: Come si diventa un grafico editoriale e un professionista della creatività?
R: Non credo esisti una formula per diventare un creativo. Ognuno ha il proprio percorso e ciò che alla fine fa davvero la differenza rimane l’esperienza sul campo. Sono adesso molti anni che lavoro nel settore editoriale, ricoprendo diversi ruoli e svolgendo una varietà di mansioni. Credo di avere imparato tantissimo dai feedback ricevuti e dalle esigenze diverse di ogni progetto: ogni lavoro è una lezione e un’opportunità per migliorarsi. La creatività cresce e si affina anche attraverso gli errori e le revisioni. Per questo, credo che il lavoro per un grafico o per un creativo multidisciplinare, come amo definirmi, non sia solo una questione di abilità tecnica, ma soprattutto di sensibilità, adattabilità e di una visione autentica che si arricchisce nel tempo.
D: Un regista scrive un film, il direttore della fotografia lo realizza, lo scrittore scrive un libro e il grafico ne fa un’opera d’arte?
R: Mi piace pensare al grafico come a un mediatore visivo tra l’opera e il pubblico. Il lavoro del grafico editoriale non è trasformare un libro in qualcos’altro, ma esaltare ciò che lo rende unico, traducendo in immagini l’anima del testo. Così come un direttore della fotografia valorizza la visione del regista, il grafico ha il compito di interpretare e potenziare il messaggio dell’autore attraverso una veste grafica che sia in sintonia con il contenuto. Personalmente, cerco sempre la semplicità e l’autenticità, evitando di aggiungere sovrastrutture inutili. Per me, un buon design editoriale è quello che colpisce senza essere invasivo, che attira lo sguardo ma lascia spazio alle parole. Il mio obiettivo è creare un equilibrio visivo che renda il libro un’opera completa, ma che sia anche fedele alla sua essenza.
D: Da chi hai imparato quella che sarebbe diventata la tua professione?
R: Credo che l’avere sviluppato una visione d’insieme del settore editoriale mi abbia dato accesso ad una comprensione approfondita dei processi e delle esigenze del mondo editoriale. Non ho seguito un percorso tradizionale per la mia formazione, e forse è proprio questo che dà al mio lavoro un’impronta personale. Ogni passo in questo cammino mi ha insegnato qualcosa di diverso: la musica mi ha dato il senso del ritmo e dell’armonia, fondamentali anche nel design; altre forme d’arte mi hanno insegnato il valore delle immagini e dei simboli. La grafica, per me, è diventata un modo naturale di interpretare il mio senso artistico, una ulteriore forma di espressione che unisce tutto ciò che ho appreso e vissuto. Ho imparato sul campo, sperimentando e osservando, lasciandomi guidare da una curiosità che non si è mai fermata. È un percorso personale che si arricchisce ogni giorno, e ogni progetto, anche fuori dall’ambito della grafica, è un’occasione per esplorare nuovi modi di comunicare.
D: Come si fa a scegliere la copertina di un libro, quale lavoro c’è dietro?
R: La scelta della copertina è un processo creativo e strategico che nel nostro caso coinvolge l’intero gruppo editoriale. Solitamente l’idea nasce dal lavoro di squadra consultando l’editore, l’editor e naturalmente l’autore. Tutti collaborano per trovare la giusta chiave visiva. L’obiettivo è cogliere l’anima del libro e tradurla in un’immagine che sia capace di parlare al pubblico a cui è destinato. La copertina non è solo un’immagine, ma il primo punto di contatto tra il libro e il lettore, e per questo deve essere evocativa e in sintonia con il contenuto. Per questo, dopo avere elaborato una sintesi grafica del progetto, ogni elemento viene scelto con cura: colori, fonte e immagini devono creare un equilibrio che rappresenti al meglio il libro e sia in grado di attirare chi vi si rispecchia. È un lavoro di dettagli, e ogni scelta è guidata dal desiderio di far emergere l’essenza dell’opera.
D: Qual è il segreto del successo di un libro?
R: Credo che il segreto del successo di un libro, soprattutto per una piccola casa editrice, sia racchiuso nella costruzione di un’identità chiara della propria linea editoriale e nella formazione di un pubblico fedele, un ‘lettore ideale’ che possa rispecchiarsi nei valori e nello spirito della casa editrice. Personalmente ritengo sia importante avere autori che abbiano una visione affine a quella dell’editore, autori che siano non solo talentuosi, ma anche pronti a impegnarsi attivamente per il proprio libro. La disponibilità dell’autore a promuovere la propria opera è un valore aggiunto essenziale. Ogni presentazione, ogni incontro con i lettori diventa un’opportunità per creare connessioni, e questo può fare la differenza. Quando un libro trova il suo pubblico, quando è letto e discusso, quando crea dialogo, ha già raggiunto il suo successo.
D: Quali rapporti ha il grafico con il tipografo?
R: Nel mio caso un rapporto fondamentale e continuativo. Ho accumulato anni di esperienza nel settore della pubblicità e ho ricoperto la direzione editoriale di un quotidiano locale per un decennio. Durante questo tempo, ho sempre cercato di instaurare un legame solido e duraturo con le tipografie con cui ho avuto il privilegio di collaborare. Quella con le tipografie è una collaborazione basata sulla precisione e sul rispetto delle competenze di ciascuno, in cui l’obiettivo comune è un risultato finale che soddisfi pienamente le aspettative dell’editore.
D: Qual è la forza di un libro e il potere di una fotografia?
R: La forza di un libro risiede nella sua capacità di trasportarci in mondi nuovi, di farci vivere esperienze diverse e di farci riflettere su temi complessi. Le parole hanno il potere di evocare immagini, emozioni e pensieri, creando un legame intimo tra autore e lettore. Un libro può rimanere con noi per tutta la vita, influenzando le nostre idee e le nostre scelte, e questo è il suo grande potere: la capacità di farci sentire e pensare in modo profondo. La fotografia invece ha il potere di comunicare senza parole, di suscitare reazioni istantanee e di farci vedere il mondo da nuove prospettive. Un’immagine può raccontare storie complesse e generare emozioni forti, spesso in modi che le parole non riescono a esprimere.
D: Cosa pensi della Tv di oggi. Molti credono di avere il cinema in casa solo perché hanno acquistato una Tv di 100 pollici, in realtà sono più soli di prima e sono inconsapevoli “prigionieri” di programmi scadenti e insensati…
R: Penso che la televisione di oggi, pur avendo la possibilità di portare il cinema nelle nostre case con schermi di grandi dimensioni, abbia contribuito a creare una sorta di illusione. Molti si sentono ‘in casa al cinema’, ma in realtà questo non sostituisce l’esperienza autentica di andare al cinema, al teatro o partecipare a eventi culturali dal vivo. La qualità dei contenuti televisivi può essere discutibile, e spesso ci troviamo intrappolati in programmi scadenti e insensati, che non arricchiscono né stimolano il nostro pensiero. Credo che ci sia un bisogno reale di tornare alla vita vera, di riconnetterci con il mondo che ci circonda. Partecipare a incontri letterari, spettacoli teatrali, concerti o semplicemente trascorrere tempo con amici e familiari può offrirci un senso di appartenenza e connessione che il consumo passivo dei media non può fornire. Dobbiamo ricordarci dell’importanza delle interazioni autentiche e della partecipazione attiva nella vita culturale e sociale. Solo così possiamo riappropriarci del nostro tempo e delle nostre emozioni, trovando un equilibrio tra il mondo digitale e quello reale.
D: Il tuo rapporto con il cinema: chi sono i tuoi registi di riferimento e qual è l’ultimo film che hai visto?
R: Per me, il cinema è la forma artistica più completa che esista. Riesce a coniugare tutte le arti e le maestranze: dalla scrittura degli sceneggiatori, alla creatività dei costumisti, passando per la musica dei compositori e il lavoro dei fotografi. Ogni aspetto contribuisce a creare un’opera che può toccare profondamente le emozioni delle persone. Ancora oggi, quando vado al cinema, rivivo la magia di quel rito collettivo che mi affascinava da bambino. L’oscurità della sala, il grande schermo che si illumina e la tensione dell’attesa creano un’atmosfera unica, che rende ogni visione speciale. Questo senso di meraviglia è qualcosa che non è mai diminuita nel tempo. La mia particolare predilezione va al neorealismo e ai registi che hanno segnato quell’epoca, capaci di raccontare storie autentiche con uno sguardo profondo sulla realtà. Tra i registi italiani che adoro Giuseppe Tornatore, Pupi Avati e non ultimo Gabriele Salvatores, per la sua grande capacità di mescolare il fantastico con il reale. L’ultimo film che ho visto in sala è stato Parthenope di Paolo Sorrentino. Ho trovato la sua regia e la sua visione artistica straordinaria, mi ha colpito profondamente.
D: Qual è il maggiore difetto dei siciliani?
R: Credo che uno dei maggiori difetti dei siciliani sia la gelosia. Gelosia che si manifesta in vari ambiti della vita: nel lavoro, nella formazione e nelle relazioni personali. Questa gelosia può diventare un ostacolo alla crescita, sia individuale che collettiva. Invece di sostenere i successi altrui, si tende a confrontarsi e a temere la competizione, il che crea un clima di sfiducia e tensione. Questa mentalità, alimentata da un senso di rivalità, può ostacolare la collaborazione e il supporto reciproco, che sono fondamentali per il progresso. In un contesto come il nostro in cui il favore e le raccomandazioni sembrano avere la precedenza, spesso ci si dimentica del valore della meritocrazia e del lavoro onesto.
D: Cosa avresti fatto nella vita se non avessi lavorato nel campo editoriale?
R: Se non avessi lavorato nel settore editoriale, probabilmente avrei seguito un percorso nel mondo della moda. Ho sempre avuto una passione profonda per i tessuti, l’abbigliamento e il design. Anche la moda, per me, rappresenta un modo per esprimere la creatività e raccontare storie attraverso forme, colori e materiali. Mi affascina il processo di creazione di un capo di abbigliamento, dalla scelta dei tessuti alla progettazione dei dettagli, fino a come tutto questo possa riflettere la personalità di chi lo indossa. Credo che, come nel design grafico, anche nella moda ci sia una forte componente di comunicazione visiva: ogni collezione può trasmettere un messaggio, evocare emozioni e creare connessioni con le persone. Sono certo che lavorare in questo settore mi avrebbe permesso di esplorare altre dimensioni della creatività, mantenendo comunque quel legame con il design e l’estetica che amo. In ogni caso, sia nella grafica che nella moda, credo che la bellezza e l’originalità siano essenziali per dare vita a progetti che colpiscano e ispirino.
D: Il mestiere del grafico di Albe Steiner è un testo molto interessante, scritto per l’inaugurazione dell’anno accademico alla Società Umanitaria 1973-74 in cui si ribadisce una volta ancora come compito della scuola sia formare “grafici non più educati come artefici delle Arti, non più indirizzati al progetto ispirato ‘al bel pezzo’ come il pittore di cavalletto, non più come il designer che attraverso il bell’oggetto conforta la società ammalata, non più come uomo elegante, mondano, sorridente, scettico, egoista, narcisista, amante dei formalismi, ma grafici che sentano responsabilmente il valore della comunicazione visiva come mezzo che contribuisce a cambiare in meglio le cose peggiori”. Puoi commentare questo testo?
R: Il brano di Albe Steiner rappresenta una dichiarazione forte e chiara sulla funzione sociale del grafico e sull’evoluzione della professione. In un’epoca in cui la comunicazione visiva è onnipresente, il messaggio di Steiner è più attuale che mai. È cruciale che i grafici (ma anche i creativi e i pubblicitari) non si limitino a lavorare per il ‘bello’ e l’estetico, ma che riconoscano il potere dei loro progetti di influenzare pensieri, comportamenti e percezioni. La grafica, come forma di comunicazione, ha il potenziale di affrontare questioni sociali, culturali e politiche, e i grafici possono utilizzare le loro competenze per dare voce a chi non ce l’ha, per educare e per stimolare il cambiamento.
D: Quali sono i tuoi desideri per il futuro?
R: Guardando al futuro, il mio principale obiettivo è quello di mantenere sempre viva la mia passione e il mio entusiasmo per la vita. Vorrei riprendere in mano alcuni vecchi progetti artistici che ho accantonato nel tempo. Inoltre, sono motivato a continuare a costruire spazi di aggregazione dedicati alla crescita personale, all’arte e della cultura. Credo fermamente nell’importanza di creare comunità in cui le persone possano condividere idee, esperienze e passioni, contribuendo così a creare un ambiente stimolante e arricchente.
Ho raggiunto una fase della vita in cui sono pienamente consapevole del valore di ogni momento e sento il desiderio di sfruttare al meglio il tempo che ho. Vorrei passare il mio tempo libero a leggere e ascoltare tutto ciò che non ho ancora avuto modo di esplorare, ampliando le mie conoscenze e le mie esperienze. In fin dei conti auspico che il mio futuro sia ancora un viaggio di continua scoperta e crescita, in cui continuare a coltivare le mie passioni e contribuire a creare un mondo migliore attraverso l’arte e la cultura.
Biografia
Paolo Navarra, classe 68, è un creativo poliedrico e operatore culturale con una lunga carriera nell’editoria, nella grafica e nella promozione artistica. Figlio del Belice, a cui rimane profondamente legato, Paolo cresce a Petrosino, in provincia di Trapani, dopo che il terremoto del 1968 costringe la sua famiglia a trasferirsi.
Sin da giovane coltiva la passione per la musica. Dalla metà degli anni Ottanta, infatti ha animato la scena musicale del territorio, partecipando sia come musicista che come organizzatore di eventi. Ha prodotto album e scritto canzoni – partecipando alle selezioni per prestigiosi eventi come il Premio Ciampi e il Premio Lunezia – e ha ideato negli anni Novanta Rockarossa, un raduno rock ancora oggi ricordato come uno degli eventi memorabili della provincia di Trapani. Tra le tante iniziative musicali, ha anche curato la produzione artistica di Focu Ardenti, l’album del cantastorie Nonò Salamone, contribuendo con questo progetto alla valorizzazione della musica siciliana. L’arte e la cultura rappresentano il filo conduttore della sua vita. È coautore della fiaba musicale La magia della realtà, pubblicata nel 2004 da Navarra Editore, un progetto corale che ha coinvolto oltre 40 artisti marsalesi. L’opera, ispirata ai miti e ai luoghi storici della città di Marsala, è stata rappresentata da scuole e compagnie locali, offrendo al pubblico un viaggio poetico attraverso l’identità e la memoria del territorio lilybetano.
Nel 2015 come fondatore e codirettore artistico del teatro Baluardo Velasco a Marsala, ha reso questo spazio teatrale un punto di riferimento culturale della città di Marsala, accogliendo artisti di grande prestigio come Eugenio Finardi, Giancarlo Giannini, Claudio Lolli e tanti altri. All’interno del teatro, oltre agli spettacoli, si sono organizzati corsi di teatro e fotografia, contribuendo alla formazione artistica dei giovani del territorio e rendendo per molti anni il Baluardo Velasco un luogo di incontro e crescita culturale per la comunità. Nel campo editoriale, dal 2005 e per un decennio è stato direttore editoriale del quotidiano Marsala C’è, tra le prime testate free press siciliane. Dal 2018 lavora con Navarra Editore come Account Manager, occupandosi di eventi culturali, grafica e ideazione del merchandising. Dal 2021 è ideatore e codirettore artistico del festival Il Mare colore dei libri, e continua a promuovere la cultura e la creatività con passione e professionalità.