Il Piccolo Aviatore è il titolo di un libro di Andrea Scanzi dedicato a Gilles Villeneuve, che oggi ricordiamo a quarantadue anni dalla sua scomparsa, avvenuta durante le qualifiche del Gran Premio del Belgio di Formula 1.
L’aviatore era il soprannome che gli fu attribuito, perché con le macchine che guidava il pilota canadese spesso volò davvero, non solo metaforicamente, ma nonostante ciò resta il pilota più amato dai tifosi della Ferrari insieme a Michael Schumacher.
Ma se il pilota tedesco ha conquistato il cuore dei tifosi (escluso l’autore di queste righe) grazie alle sue innumerevoli vittorie, diverso – e per questo più profondo e duraturo – è il legame che Gilles ha saputo stabilire con i “fedeli” del Cavallino Rampante.
Definire Villeneuve soltanto un pilota è riduttivo. Come nella figura mitologica del centauro cavallo e cavaliere sono un tutt’uno, così era per Gilles e la macchina. Appena arrivato a Maranello era diventato il beniamino sia dello stesso Enzo Ferrari che dei tifosi, per la sua guida appassionata e spettacolare, per la sua bravura, per tutto ciò che di impossibile sapeva compiere.
Era sempre determinato, senza mai essere aggressivo o scorretto. Ne diede la prova suprema nel leggendario duello con René Arnoux, negli ultimi due giri del Gran Premio di Francia del 1979. Gilles era secondo (e così si classificò alla fine della gara), quando fu superato dalla Renault di Arnoux, più potente della Ferrari perché la macchina francese aveva il turbo. Nonostante la differenza di prestazioni, Gilles non si diede per vinto e ingaggiò con l’avversario una lotta fatta di sorpassi e controsorpassi, che avrebbe potuto concludersi con un disastro, se entrambi i piloti non avessero tenuto un comportamento impeccabile. Nessuno dei due fece nulla per ostacolare l’avversario e nessuno dei due ebbe sbavature nella guida. Ne abbiamo visti tanti di cambi di traiettoria di un pilota che subisce un sorpasso, anche piccoli e involontari, ma quei due non si spostarono di un millimetro dalla propria, come se fossero stati soli in pista.
Molti anni dopo, in un’intervista, Arnoux ricordò così quella battaglia: «Una lotta dura e pura tra due piloti amici e anche consapevoli della correttezza dell’altro. Sapevamo che entrambi potevamo azzardare perché potevamo contare sul senso di sportività d’entrambi, è stato questo a rendere bello, bellissimo il tutto».
Un’altra delle imprese che contribuirono a infiammare il cuore degli appassionati fu la sfida di accelerazione con un caccia F-104 dell’Aeronautica Militare, svoltasi nel 1981 presso la base di Istrana, in Veneto, dove Gilles con la sua monoposto fu più veloce dell’aereo.
La sua attività in formula 1 durò poco più di cinque anni, e la sua irruenza, non ancora tenuta sotto controllo nei primi due anni, causò alcuni incidenti. Poi gliene rimasero solo tre da vivere, ma furono sufficienti a creare la sua leggenda, pur avendo vinto solo sei gran premi in tutto.
È possibile, come si è letto, che intendesse lasciare la Ferrari, ma il destino volle che il suo nome restasse per sempre legato alla scuderia. Ciao Gilles, grazie per le emozioni che ci hai regalato.