“CTA, 104 in FM stereo, non stop music”.
La sequenza casuale di musiche della libreria di iTunes si fermò su un brano che non è musicale ma parlato, la registrazione di una trasmissione di CTA 104, storica seguitissima emittente catanese. Francesco smise di picchiare sulla tastiera del Mac e rimase ad ascoltare, sperimentando ancora una volta quanto sia forte il potere evocativo dei nostri sensi, quanto basti poco per richiamare il ricordo di persone, luoghi, situazioni, che abbiamo messo da parte.
Per Proust fu il profumo della petite madeleine, per Marius, ne I Miserabili, fu il fastidioso odore di un tabacco di infima qualità, che “gli fece rivedere un mondo intero”, grazie a “quel misterioso aiutante della memoria che è l’odorato”, come lo chiama Hugo nel suo capolavoro.
A Francesco l’aiuto venne dalla sigla di quella vecchia trasmissione, che risvegliò gli echi dormienti delle caverne della memoria, riportandolo indietro al 1972.
Come da un vecchio 33 giri risentì Lucio chiedere “Che ne sai di un bambino che rubava” e poi lo splendido attacco con la chitarra de La Canzone Del Sole, e ancora Jesahel, Montagne Verdi, Piazza Grande, dell’altro Lucio, Pensiero dei Pooh e altri brani che compongono la colonna sonora dei ventenni degli anni Settanta.
Poi a parlare fu il suo amico (e inconsapevole coautore di questo articolo) Roberto, che in quegli anni gloriosi conduceva una trasmissione pomeridiana nella quale, oltre a mandare ottima musica interloquiva con gli ascoltatori. Quel giorno aveva chiesto ai ragazzi delle superiori di raccontare cosa facevano durante la ricreazione e arrivarono messaggi con le cose più stravaganti
Francesco ricordava benissimo il seguito, ma lasciamo, com’è giusto, la parola a Roberto.
“A parte le varie storie sulla ricreazione, qua cambiamo di classe, cambiamo di status e ci trasferiamo alla università.
L’amico Francesco mi suggerisce di rievocare cosa succedeva nella sala di lettura della facoltà di Scienze Politiche. Cosa succedeva? Altro che le storie che ho letto poco fa, che riferivano cosa accade tuttora durante le ricreazioni. Lì le ricreazioni erano perpetue, naturalmente, perché uno va a una lezione o due, poi restano tre o quattro ore e cosa si fa? Si bivacca. Alla facoltà di Scienze Politiche si bivaccava, era un luogo ottimo tra l’altro, estremamente cordiale, un luogo molto caldo, molte macchinette del caffè, c’erano poltrone comodissime. Uno che non aveva nulla da fare poteva andare in facoltà e poteva trovare sicuramente un amico col quale scambiare qualche chiacchiera. Però, nella sala di lettura accadevano le cose più incredibili e in fondo anche divertenti a pensarci adesso.
C’erano gruppi di studio sulla parolaccia, con delle vere analisi, poiché si studiava sociologia e la parolaccia molte volte non è un modo di dire soltanto ma segue alcune istanze, alcuni modi di pensare, manifesta repressioni e cose di questo genere.
Poi tornei di carte, a questi ho assistito con i miei occhi, tornei di scala 40, tornei di briscola, briscola in cinque che fu molto praticata a quell’epoca e questo è un fatto molto positivo, perché serviva a svegliare le intelligenze delle persone.
Ma in questo bivacco, la cosa più bella qual era? Che mentre alcuni giocavano a carte o facevano gruppi di studio c’erano altri che in realtà studiavano. Una di questi a un certo punto, nella confusione, si alzava, schizzava in piedi sul tavolo sbatteva il pugno e urlava “cribbio colleghi, qua si studia”. E subito si aveva una nuova parola, una nuova parolaccia su cui studiare. Tutto questo avveniva veramente alla facoltà di Scienze Politiche la quale, grazie a questo è risultata poi un vasto centro di aggregazione per molti giovani che venivano anche dai licei e passavano dalla facoltà giusto per il diletto di vedere le follie che facevano queste persone.”
A onor del vero bisogna dire che la maggior parte degli studenti, oltre a “bivaccare” in sala di lettura studiava e molti di loro sono diventati importanti manager, docenti universitari, funzionari dello Stato. Qualcuno è diventato un discreto scrittore e appassionato storico della Seconda Guerra Mondiale.
Anche Francesco spesso partecipava a quei dibattiti e fu proprio in sala di lettura che la mattina del 28 gennaio del ’72 apprese una notizia che lo rese felice: la vittoria al Rally di Montecarlo della Lancia Fulvia HF, guidata da Sandro Munari e Mario Mannucci.
A una vittoria della Fulvia nel rally più duro e prestigioso non ci si pensava se non a livello onirico e proprio perché inattesa fu ancora più entusiasmante. Una vittoria epica di tutto lo sport italiano, che non è esagerato paragonare all’altrettanto epico 4-3 di un anno e mezzo prima allo stadio Azteca.
Di Salvatore Azzuppardi Zappalà e Roberto X 1
*Roberto – valente criticologo (cioè critico letterario e sociologo) nonché grandissimo esperto di musica rock – non ama mettersi in mostra e l’autore ne rispetta la volontà citandolo solo per nome.
