Foto di mariagarzon da PixabayFoto di mariagarzon da Pixabay

di CAlessandro Mauceri

Il legame che esiste tra cattiva alimentazione, inquinamento ambientale e presenza di sostanze tossiche nell’acqua è noto. Specie nei bambini.

Il problema della scelta degli alimenti giusti e salutari comincia subito dopo la nascita. L’articolo 24 della Convenzione dei Diritti del Fanciullo parla esplicitamente del diritto alla salute. A confermarlo uno studio dell’UNICEF dal titolo “Settimana dell’allattamento” presentato in occasione della Settimana mondiale dell’allattamento.

La ricerca ha dimostrato che l’allattamento materno potrebbe salvare ogni anno 820.000 vite. Dai dati scaturiti durante la World Breastfeeding Week, la Settimana mondiale dell’allattamento, è emerso che l’allattamento al seno è indispensabile non solo per il sostentamento del neonato ma anche per il benessere dell’intero pianeta. A ricordarlo anche il Presidente dell’UNICEF Italia, Francesco Samengo, che ha presentato un programma denominato “Insieme per l’allattamento”, realizzato in collaborazione con 30 ospedali e 7 comunità (ASL) su tutto il territorio italiano.  

Il problema delle microplastiche è ormai sulle prime pagine dei giornali.

Pochi sanno che i bambini allattati artificialmente possono ingerire ogni giorno più di un milione di pezzi di microplastica.

A confermarlo un gruppo di ricercatori di AMBER, il SFI Research Center for Advanced Materials and Bioengineering Research, TrinityHaus e le scuole di ingegneria e chimica del Trinity College di Dublino, in Irlanda, che hanno esaminato il tasso di rilascio di microplastica in 10 tipi di biberon in polipropilene, la plastica più comunemente usata per i contenitori per alimenti.

Dall’analisi, condotta seguendo le indicazioni ufficiali fornite dall’Organizzazione Mondiale della Sanità sulla sterilizzazione e sulle condizioni di preparazione delle formule, il team è emerso che le bottiglie rilasciano tra 1,3 e 16,2 milioni di microparticelle di plastica per litro.

“Quando abbiamo visto questi risultati in laboratorio abbiamo immediatamente riconosciuto il potenziale impatto che potrebbero avere” ha dichiarato John Boland, di AMBER, CRANN e Trinity’s School of Chemistry.

A confermarlo anche il professor Liwen Xiao, della TrinityHaus: “Il nostro studio indica che l’uso quotidiano di prodotti in plastica è un’importante fonte di rilascio di microplastiche, il che significa che le vie di esposizione sono molto più vicine a noi di quanto si pensasse in precedenza”.

Ma non è la plastica l’unico problema dell’allattamento artificiale dei neonati.

Uno studio condotto negli Stati Uniti d’America, ha dimostrato che i bambini che vivono in case che dipendono da pozzi privati ​​per l’acqua potabile hanno il 25% di probabilità in più di accumulare alti livelli di piombo nel sangue.

Nel 2014, a Flint, in Michigan, USA, nelle forniture di acqua potabile della città erano state rilevate elevate quantità di piombo, un metallo pesante che non ha odore ed è invisibile ad occhio nudo, è un sospetto cancerogeno e altamente tossico per il cervello e il sistema nervoso, così come per la maggior parte degli altri organi.

Da allora, i livelli di questo metallo nelle acque che viaggiano nelle condotte idriche pubbliche è regolamentato e controllato. Ma non quelle dei pozzi privati, che forniscono acqua potabile a 42,5 milioni di americani. Qui i contaminanti pericolosi possono finire nella catena alimentare. E i primi ad esserne colpiti sono proprio i bambini alimentati con il latte in polvere.

Uno studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences ha rilevato l’esposizione al piombo nei bambini delle famiglie che si servono di pozzi privati: in Nord Carolina, la presenza di elevati livelli di piombo era mediamente del 20% più alte rispetto ai bambini con servizio idrico pubblico.

“I rischi sono particolarmente alti per i bambini nelle famiglie a basso reddito e nei quartieri afroamericani che rimangono esclusi dall’accesso al vicino servizio idrico municipale – un retaggio di pratiche di zonizzazione discriminatorie”, ha dichiarato Jackie MacDonald Gibson, della Indian University School of Public Health.

Secondo il CDC non esiste un livello di piombo sicuro e l’esposizione infantile. Le conseguenze dell’assunzione di questo metallo vanno da un ridotto QI, all’ADHD, all’insuccesso scolastico fino a comportamenti violenti.  

Tutto a causa di un uso smodato e molte volte ingiustificato del latte artificiale.

La stessa OMS, l’Organizzazione mondiale della sanità, ha ribadito più volte che la pratica dell’allattamento al seno esclusivo nei primi sei mesi potrebbe salvare molte vite umane.

Invece, tante donne vengono condizionate e convinte a utilizzare precocemente latte artificiale. In tutto il mondo, le aziende produttrici di sostituti artificiali del latte materno esercitano forti pressioni sui genitori. A volte anche a rischio di violare il Codice internazionale per la commercializzazione del latte artificiale (adottato dall’Oms nel 1981 per regolamentare la promozione da parte delle aziende produttrici di alimenti per l’infanzia, latte per neonati e alimenti simili).

UNICEF e OMS hanno chiesto ai governi un impegno concreto e azioni mirate come investire nell’assistenza qualificata all’allattamento per ogni donna, formare il personale qualificato, ma prima di tutto per proteggere gli operatori sanitari da “influenze esterne”. Come quelle delle industrie di alimenti per l’infanzia pronte a fare di tutto per accaparrarsi nuovi clienti. A volte prima ancora della loro nascita.

C.Alessandro Mauceri

Di CAlessandro Mauceri

C. ALESSANDRO MAUCERI, giornalista, da decenni si occupa di problematiche legate all’ambiente, allo sviluppo sostenibile e all’internazionalizzazione, ma anche di fenomeni sociali e geopolitici che interessano principalmente i minori ed i bambini. Tra i lavori più recenti “La condizione dei bambini dell’Africa sub-sahariana tra sfruttamento delle risorse naturali e degrado sociale” inserito in “Africa: scenari attuali e sfide future”, ed. ASRIE, “Guerra all’acqua” ed. Rosenberg & Sellier e “Lavoro minorile in Eurasia”, ed. ASRIE.

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