Ho conosciuto Bruno Di Chiara in una giornata indimenticabile a Polizzi Generosa, per la master class sul cinema d’Autore organizzata dal comune di Polizzi Generosa da Gandolfo Li Brizzi, con due grandi Maestri del cinema internazionale Martin Scorsese e Giuseppe Tornatore. Il primo a parlarmi di Bruno Di Chiara un attore poliedrico e versatile di cui sentiremo parlare molto negli anni a venire è stato il regista Rosario Neri. Ricordo che quella mattina siamo stati travolti da una folla appassionata del grande Cinema. La vera passione, la più grande di Bruno Di Chiara, è la musica. A Bruno piace suonare molti strumenti. Ascoltare ogni tipo di musica capirne origine, provenienza, processo creativo e gustarne il gusto fino a renderla sublime fino al cuore. Un’altra sua grande passione è quella di mettere le olive in salamoia, dell’ulivo che ha cresciuto, e infine il saper attendere il giusto tempo per poterle assaporare. Ne ha molte altre ma magari ne parlerà un’altra volta… Ma andiamo a conoscere Bruno da vicino.
D: Che cosa c’è nella valigia dell’attore e nella tua in particolare?
R: La valigia di un attore è come uno scrigno pieno di segreti e di storie. Ogni oggetto racchiude un’emozione, un ricordo, un personaggio interpretato. Nella mia, in particolare, non mancano mai un libro di poesie, per trovare l’ispirazione, una cassa bluetooth, un kazoo, dei taccuini ed una penna, una armonica diatonica per sentirmi a casa anche quando vivo lontano. Mutande e calzini. Una chitarra la recupero nei posti in cui mi trovo ma sempre felice di riabbracciare la mia una volta tornato casa, posizione sempre favorevole rispetto all’isola in cui mi trovo. In valigia non devono mancare sogni e piccoli talismani che mi accompagnano in ogni viaggio, dentro e fuori dal palcoscenico dal set.
D: Cosa si può dire sul mestiere dell’attore?
R: Il palcoscenico attende, silenzioso e carico di promesse mentre la passione per la recitazione brucia dentro, alimentata da studio e dedizione. Rinunce, sacrifici, conquiste: un percorso lungo e tortuoso, ma ricco di soddisfazioni. Ogni passo, anche il più difficile, ha contribuito a plasmare la persona che sono oggi.
D: Qual è la funzione dell’attore nei difficili tempi che viviamo?
R: La funzione importante dell’attore in ogni tempo, non solo ai giorni nostri, è quella di fare da tramite tra membri della stessa famiglia che si avviano, attraverso il fare attento del tramite, ad incontrare se stessi, le proprie paure e le proprie gioie, i propri dolori e le proprie conquiste.
D: Ci sono delle attese nel lavoro dell’attore?
R: È un mestiere fatto di attese. Sono più i momenti dediti alla ricerca dello stesso che quelli in cui si sta sul set o in teatro a vestire altre vite. Per questo bisogna imparare ad attendere e non diventare vittima dell’attesa stessa.
D: In che modo?
R: Riempiendo quel tempo per nutrire il proprio cammino, alimentare la propria persona intellettualmente e culturalmente, ascoltando la vitalità delle proprie mani per ritornare alla concretezza della vita. Così potrà tenersi a bada ogni frustrazione derivata dall’attesa che a volte potrà rivelarsi snervante. L’attesa di un ruolo può essere snervante, un banco di prova per la pazienza e la fiducia in sé stessi. Ma è proprio in quell’attesa che si coltiva l’arte, si affinano le emozioni. Ogni esperienza, anche quella apparentemente vuota, diventa un tassello prezioso nel mosaico di un attore. In questi giorni di attesa ho fatto delle conserve di olive in salamoia, alternando alla lettura di un paio di sceneggiature e preparandomi per dei provini importanti. Guardo i barattoli con le olive dentro e il cuore rallenta, imparo l’attesa e ne sento già il sapore seduto ad un tavolo con dei buoni amici. Ma il mestiere dell’attore è anche saper stare sul set, immersi in un mondo immaginario. Interpretare un personaggio, esplorando sfaccettature diverse dell’animo umano. Vedere il mondo sotto altri punti di vista, aprendosi a nuove prospettive. Ascoltarsi ed ascoltare. Mettersi nei panni degli altri, sviluppando empatia e comprensione. Un viaggio affascinante nella vita, attraverso la finzione, ma mai fingendo fino in fondo.
D: E’ vero che la magia del teatro dura solo un attimo?
R: Anche a teatro mi debbo fare carico di una grande responsabilità. Con umiltà e dedizione, mi impegno a dare vita a personaggi autentici e storie toccanti. In ogni ruolo cerco la verità, per offrire a chi è presente uno specchio sul mondo che ci circonda. Attraverso le emozioni del teatro, possiamo insieme riflettere e aspirare a una realtà migliore. Il palcoscenico è uno spazio di condivisione, dove l’arte diventa strumento di crescita collettiva.
D: Quante sono le vite di un attore?
R: Calarsi in altre vite, provare emozioni diverse, raccontare storie con il corpo e la voce: questo è il mestiere dell’attore. Un lavoro fatto di studio, dedizione e costante ricerca, che regala momenti di pura magia. Sul palcoscenico o sullo schermo, l’attore ha il potere di emozionare, far riflettere e, talvolta, anche di cambiare il punto di vista. Un’arte antica e in continua evoluzione, che affascina e seduce il pubblico di ogni epoca.
D: Non stavamo parlando delle tue olive in salamoia?
R: Spero presto di farvele assaggiare le mie olive.
D: Quando inizia la passione per la recitazione?
R: Da bambino impersonavo ogni personaggio interessante incontrato sul mio cammino. Da adolescente ho continuato. E poi d’adulto ho trovati i luoghi, i maestri e la motivazione giusta per poterlo fare davvero. Il tutto sempre accompagnato dal ritmo, dalla musica.
D: Chi sono i tuoi attori, scrittori e registi di riferimento?
R: Gli attori sono tanti e vari, dai più conosciuti a livello mondiale, ai nostri italiani fino ad anche i meno conosciuti incontrati per caso da spettatore una sera in uno spettacolo per pochi intimi,
scenografia povera al Teatro Argot a Trastevere. Ogni attore che vedo in azione diventa, per forza di cose, un riferimento su ciò che voglio o non voglio fare.
D: L’attore finge, interpreta, ammalia, si nasconde, in quale ruolo ritrova sé stesso?
R: Mentre prepara delle conserve di olive. Mentre canta ad occhi chiusi abbracciato al suo strumento.
D: Qualcuno ha scritto che la vita è un palcoscenico e ognuno interpreta il suo personaggio, sei d’accordo?
R: Si.
D: Hai lavorato con Emma Dante cosa hai appreso da questa regista immensa?
R: Ho imparato a camminare. Ad ascoltare il ritmo dei miei passi. A vivere la vita tenendo a mente sempre l’arrivo della messa in scena finale. A viaggiare tenendo sempre a mente Itaca. A trovare la strada per tornare a casa. A fare il viaggio dei viaggi insieme al pubblico, stando su uno spazio quadrato nero prima vuoto poi riempito di persone, costumi, personaggi, luce, vita e poesia.
D: Cosa preferisci fra cinema e teatro?
R: Penso alle parole di Garcìa Màrquez in “L’Amore ai tempi del colera”. A modo suo, ci ricorda che il cuore ha molte stanze. Mi piace l’idea di trovare un posto nel mio cuore per entrambi, cinema e teatro, consapevole del fatto che quando un giorno ci sarà un blackout energetico sulla Terra, dovuto al nostro sovrautilizzo, resteranno un tamburo a cornice, un flauto, una chitarra, una fisarmonica, e pure un mandolino che non può mancare mai.
D: Puoi consigliare tre film o serie tv da vedere ai lettori di Sicilia Buona ?
R: “Roma città aperta” di Rossellini; “Still life” di Uberto Pasolini; “Il Cacciatore” di Michael Cimino.
D: Cosa pensi del neorealismo?
R: Il cinema neorealista ha segnato un’epoca importante nella storia del cinema italiano. Le sue storie di vita quotidiana, spesso crude e realistiche, hanno affascinato il pubblico di tutto il mondo. Attraverso uno stile sobrio e diretto, i registi di questa corrente hanno saputo raccontare le difficoltà e le speranze dell’Italia del dopoguerra. La forza di queste pellicole risiede nella loro autenticità e nella capacità di dare voce alle persone comuni. Ancora oggi, il cinema neorealista continua a emozionare e a far riflettere il pubblico di tutto il mondo.
D: E del cinema di Federico Fellini cosa pensi?
R: Amo il suo stile onirico e surreale. Cinema rivoluzionario, autentico e ancora oggi per fortuna fonte di ispirazione per molti registi del nostro tempo. Come lui amava definirsi: “Un artigiano che non ha niente da dire ma che sa bene come dirlo”.
D: Se avessi la possibilità di dirigere un film quale vorresti dirigere?
R: “Koyaanisqatsi” di Godfrey Reggio.
D: Qual è il maggiore difetto dei registi italiani e il maggior pregio secondo te?
R: Il maggior difetto la paura di rischiare andando contro le leggi del mercato, affidando i ruoli sempre ai più famosi. Il maggior pregio quello di osare buttandosi a trovarne degli altri talentuosi ma un pò meno conosciuti.
D: Con chi vorresti lavorare nel nuovo anno appena iniziato?
R: Con Martin Scorsese, Emma Dante, Marta Savina e alcuni altri registi che tengo per me.
D: Raccontami del recente PREMIO DI CEFALÙ.
R: Stavo scrivendo di me e di ciò che mi attraversa, seduto su una panca a Villa Panphili. Ricevo una mail inoltratami dal mio amico regista Alessio Genovese. Una mail da Premiere film, la
distribuzione del corto “Sciatu Meo” di Genovese, in cui vesto i panni di Peppe, che al Festival del cinema di Cefalù, nella persona di Mario Macaluso, fondatore e presidente che ringrazio, decidono di premiarmi come Miglior Attore Protagonista con annesso giudizio di lode per la mia interpretazione nel corto. Confesso, che improvvisamente la felicità si è impossessata di ogni centimetro della mia epidermide. Ho sentito un brivido che è partito dall’Africa, ha attraversato il Mare, è passato dalle Madonie ed è arrivato a villa Panphili che ad un tratto è diventata più verde di sempre. Dura sempre poco la felicità ma mi fa piacere condividerla con voi. Dura molto di più l’attesa, ma è proprio quando qualcuno, come Argo per Odisseo, ci riconosce che riprendiamo il senso del nostro battere e levare in questo cammino chiamato vita. Allora ha senso imparare ad attendere e presto le olive saranno pronte per essere gustate.
La motivazione del premio:
«Di Chiara riesce a incarnare con straordinaria autenticità e delicatezza le emozioni profonde di un uomo che, attraverso i ricordi, si riconnette con la sua terra, la sua infanzia, e l’essenza stessa della sua identità siciliana. Con una recitazione misurata e densa di sfumature, Di Chiara porta sullo schermo un personaggio che vive il passato e il presente con un coinvolgimento emotivo travolgente. Attraverso il suo sguardo e le sue espressioni, ogni frammento di ricordo sembra prendere vita, invitando lo spettatore a compiere insieme a lui un viaggio intimo e nostalgico in quei luoghi che definiscono l’anima di Peppe: la casa a strapiombo sugli scogli e l’ultimo lembo di terra siciliana che segna il confine tra Europa e mare aperto. La Giuria riconosce in Bruno Di Chiara un interprete capace di trasmettere le più profonde emozioni senza mai eccedere, con una padronanza che valorizza al meglio il linguaggio del cinema».
D: Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
R: Sarò presto sul grande schermo, con due film: “Indelebile” di Simone Valentini e “Acqua Fresca” di Marianna Sciveres e in tv, in uno degli episodi della prossima stagione di Makari. Mi vedrete insieme ad alcuni detenuti del carcere Ucciardone di Palermo, nel cortometraggio “Siamo a’mmare” di A. Genovese, presentato al MedFilm Festival a Roma, in prospettiva della realizzazione del lungometraggio, attualmente in via di sviluppo. A teatro presto novità.
Biografia
Bruno Di Chiara, classe 1988, nativo di Castellana Sicula, si trasferisce a Palermo per gli studi universitari dove avviene l’incontro con il Teatro. Tutto ha inizio con la partecipazione a uno stage tenuto da Dario Fo e Franca Rame, a cui fa seguito una lunga collaborazione con Roberta Torre. L’incontro decisivo è con Emma Dante alla Scuola delle Arti e dei Mestieri dello Spettacolo del Teatro Biondo, dove studia e si forma per tre anni, dal 2014 al 2016. La scuola produce “Odissea a/r”, per la regia di Emma Dante, in cui Di Chiara interpreta il protagonista, Odisseo, scrivendo il testo e la musica di “Rapimi la porta”, in tournèe in Italia nel 2017. Già nel 2016 aveva avuto la prima apparizione in TV, nei panni del giovane dottore assistente di Navarra, nella fiction “La mafia uccide solo d’estate”, di Pif. Nel 2018 interpreta Achille in “Troilo vs Cressida” di Ricci e Forte. Sempre nel 2018 l’interpretazione di Filippo Caruana, nell’episodio La giostra degli scambi del Commissario Montalbano. Sempre per la Rai, interpreta l’Avvocato Pitti nella serie TV “Il Cacciatore”. Nello stesso anno interpreta Happy Loman in “Morte di un commesso viaggiatore” di Arthur Miller, regia di Francesco Scianna. Debutta sul grande schermo, nel film Le sorelle Macaluso, di Emma Dante, nel ruolo di Marco, fidanzato di Pinuccia. Nel 2019 debutta al Teatro Greco di Siracusa con “Elena” di Euripide per la regia di Davide Livermore, spettacolo record assoluto di incassi. Nello stesso anno è il protagonista di “Pina”, film per la regia di Julia Shuvchinskaya, per il quale viene premiato come migliore attore al Pigneto Film Festival. Dedica il 2020 alle riprese della serie televisiva che racconta la storia de L’ORA, il famoso quotidiano di Palermo, per la regia di Piero Messina, nella quale è tra i protagonisti, nei panni di Salvo Licata, accanto(fra gli altri) a Claudio Santamaria. È il protagonista del cortometraggio Sciatu meo, con musiche originali, composte da Roy Paci, per la regia di Alessio Genovese, in giro per i maggiori Festival del cinema d’Europa. Ultimo debutto in teatro “La Lupa”, diretto da Donatella Finocchiaro, nei panni di Nanni Lasca, con tantissimi sold out, in vari teatri italiani. A luglio 2023, è stato membro della giuria corti di Ortigia Film Festival. Sarà presto sul grande schermo, con due film: “Indelebile” di Simone Valentini e “Acqua Fresca” di Marianna Sciveres e in tv, in uno degli episodi della prossima stagione di Makari. Presto lo vedremo protagonista, insieme ad alcuni detenuti del carcere Ucciardone di Palermo, nel cortometraggio “Siamo a’mmare” di A.Genovese, presentato al MedFilm Festivala Roma, in prospettiva della realizzazione del lungometraggio, attualmente in via di sviluppo.