Maurizio Piscopo intervista Pierpaolo Petta, fisarmonicista e compositore

La fisarmonica è stata utilizzata oltre che nella musica folk e al tango, anche in ambiti insospettabili come il rock, il jazz e la musica classica. La fisarmonica viene studiata nei conservatori dove è stata istituita la cattedra di insegnamento della fisarmonica, inserita nei programmi ministeriali italiani solo nel 1993. I musicisti che suonano la fisarmonica hanno gli occhi puliti e con la loro musica abbracciano il mondo. E’ il caso di Pierpaolo Petta che con la fisarmonica ha stabilito un’armonia perfetta. Il sipario era chiuso, in teatro ero da solo e ho ascoltato la sua voce di poeta:

“Sono un sognatore, vivo in un sogno. Vorrei continuare a sognare e vorrei continuare a vivere questo sogno. Sognare fa bene alla vita e fa superare tutte le difficoltà. E vorrei anche continuare a sorridere, perché sorridere, credo sia il modo migliore per affrontare la vita.”

Con queste nobili parole si è presentato in teatro Pierpaolo Petta, compositore e raffinato musicista che ho avuto il piacere di incontrare più volte in questi anni.

A Pierpaolo mi lega la passione per la fisarmonica nostra compagna di vita, la musica dei barbieri e il sorridere ogni giorno alle difficoltà della vita malgrado tutto. Con Pierpaolo viaggeremo all’interno del mantice di una fisarmonica per scoprire i segreti di questo strumento che continua a incantare il mondo.

L’Intervista

D: Chi ha inventato la fisarmonica? 

R: Dare un nome risulta molto difficile. Ci sono molti antenati che nel tempo si sono evoluti arrivando allo strumento di oggi che ha poco più di 100 anni. Nel 1500 il genio assoluto di Leonardo Da Vinci aveva disegnato un esemplare di fisarmonica, da lui chiamato “organo portativo con tastiera verticale a mantice”. Se guardiamo il disegno ci accorgiamo che somiglia tantissimo alla fisarmonica. Nel 1818 il viennese Anton Häkel aveva ideato lo strumento che brevetterà nel 1821 ed al quale darà il nome di Physharmonika e che risulta essere il primo precursore sia dal punto di vista organologico che da quello puramente musicale/espressivo. Proprio dagli anni ‘20 fino alla fine dell’800 inizia la letteratura per lo strumento, specialmente grazie al compositore viennese Karl Georg Lickl (1801-1877) (Alessandro Mugnoz, I precursori della fisarmonica contemporanea, Ephemeria, Macerata, 2022). Altri esempi illustri di compositori “colti” sono Franz Shubert, che nel 1827 scrive Schlachtlied “Canto di battaglia” per doppio coro maschile ed accompagnamento di pianoforte e physharmonica, così come Giuseppe Verdi (1813-1901) nelle opere Giovanna d’Arco del 1845 e Simon Boccanegra del 1857, e Errico Petrella (1813-1877) nell’opera Contessa d’Amalfi del 1864. Nel 1829 sempre a Vienna Cyrill Demian brevetta l’Accordion, strumento sempre più vicino alla fisarmonica odierna, infatti questa volta c’è una tastiera cantabile ed una di accompagnamento. Ricordando fra gli inventori della fisarmonica Häkel e Demian rendiamo onore a questi straordinari personaggi.

D: Quando hai imparato a suonare questo strumento? 

R: Da bambino ho intrapreso gli studi di pianoforte con Maria Benfante allora diplomanda in pianoforte, a Piana degli Albanesi, paese in provincia di Palermo dove sono cresciuto. Ero molto musicale ma nello studio classico del pianoforte che per forza di cose si suona da soli a casa, non trovavo gli stimoli giusti. Dopo qualche anno mi avvicino ai locali musicanti di Piana degli Albanesi, a loro ho dedicato il volume La musica popolare di Piana degli Albanesi (Arti grafiche Abbate, Cinisi Terrasini, 2021), e vengo in contatto con la musica popolare e con gli strumenti cosiddetti popolari. Da subito mostro uno spiccato talento musicale destreggiandomi con disinvoltura al mandolino, al violino, alla chitarra ed allo strumento che mia madre mi suggeriva sempre di suonare, appunto la fisarmonica.

Voglia di Meraviglia – Stress di Pierpaolo Petta

D: Come eri da bambino, cosa ti attraeva della musica? 

R: Premetto che sono il più piccolo di tre fratelli, i quali da piccolino mi portavano sempre con loro. Mi viene spesso in mente una scena che rappresenta insieme alle su menzionate lezioni di pianoforte il mio battesimo alla musica. Nel periodo di carnevale, a Piana degli Albanesi, si aprivano le sale da ballo e mio fratello Rosario, il maggiore dei due, era fra i giovani organizzatori che si adoperavano a questa piacevole iniziativa. Ricordo che mi portava con sé, e mi faceva godere quella festa meravigliosa. Il corso principale era un via vai di gente in maschera. Dalle sale arrivava la musica dei gruppi che suonavano dal vivo e dei giradischi e risuonavano per tutta la sera con il repertorio della musica da ballo. Dentro le sale, le coppie che danzavano sembravano volare al suono delle mazurche, delle tarantelle, delle polche e dei ritmi tipici della balera. Dai tetti dei locali circoli ricreativi, trasformati per l’occasione in balere, scendevano le stelle filanti, i muri erano addobbati di festoni carnevaleschi, mentre le luci colorate, spesso si accendevano e si spegnevano a ritmo con la musica. Ricordo, che rimanevo estasiato dalla musica, dai colori e da tutta l’atmosfera che si creava. Ero piccolino ma ricordo perfettamente che molto spesso mi mettevo a danzare con le amiche di mio fratello. Dopo poco tempo conoscevo tutte le musiche a memoria e tantissime volte mi trovavo a cantare insieme al giradischi. Una sera, credo di avere avuto al massimo nove anni, mi avvicina un gruppo di ragazzi e chiedono se volessi cantare con loro nel gruppo corale Shqiponjat (gruppo di musica popolare di Piana), sarei stato la loro mascotte. E così ricordo i primi concerti nelle comunità arbëreshe della Calabria, come indimenticabile rimane la prima esibizione a Giarre (Catania). Questo è stato il mio battesimo alla musica.

D: Che bambino sei stato? 

R: Un bambino come tanti. Ricordo quando per il giorno dei morti i miei (ufficialmente il dono era da parte della nonna paterna Pietra) mi regalarono un pianofortino giocattolo che mia madre custodisce ancora oggi. Il pianofortino era intonato e da subito dimostrai uno spiccato orecchio musicale. Per lo più copiavo mio fratello Giorgio che era molto più bravo di me, era uno stimolo continuo. Dopodichè mio fratello comprò una tastiera elettronica, la ricordo ancora, la Farfisa Syntorchestra 4, uno dei pochi strumenti elettronici che non mi stancò subito. Ecco ho parlato di mio fratello Giorgio e della sua straordinaria bravura? Questo fa capire che bambino sono stato. Un bambino caparbio e con una volontà di ferro. Ricordo che mentre suonavo, da piccolino, chiudevo gli occhi e viaggiavo con la mente, altre volte facevo finta di suonare e sognavo ad occhi aperti. Forse sono stato proprio un bambino sognatore.

D: Secondo te i bambini di oggi sono felici? 

R: Noi adulti cerchiamo in tutti i modi di renderli felici. Non gli facciamo mancare nulla, a volte forse diamo anche il superfluo. Molte volte ho sentito questa frase dalle persone più grandi di me: una volta avevamo poco o niente ma eravamo felici. Beh forse la felicità è da ricercare in fondo al cuore più che nei beni materiali. Dovremmo renderci conto proprio di questo.

D: Sei un fisarmonicista, un compositore, un arrangiatore. Cosa rappresenta per te la fisarmonica? 

R: Mi viene da fare un profondo respiro. Sai perché? Perché la fisarmonica in qualche modo, è diventata un prolungamento della mia persona. Molte volte mi dicono di diventare un tutt’uno con lei. Mi fa molto piacere sentirmelo dire anche perché lo penso anch’io. Grazie a lei riesco ad esprimere delle emozioni che arrivano senza nessun filtro.

D: Perché sono sempre meno i suonatori di fisarmonica? 

R: Al riguardo mi sento di affermare che al contrario ultimamente sono assolutamente aumentati. Merito di chi fa ascoltare questo strumento e lo fa conoscere, perchè l’euforia che ti trasmette è dirompente. La cosa che accomuna tutti i musicisti ed ancora di più chi suona la fisarmonica, secondo me, è la luce che emanano i loro occhi, allegri e festosi già dalle prime note.

D: Quante fisarmoniche hai avuto e a quale ti senti più legato? 

R: Attualmente non so quante ne ho avute e quante ne ho, credo una ventina e ad ognuna di loro mi lega una storia. Un giorno mi piacerebbe raccontare tutte queste storie. Quella a cui mi sento più legato? Tolta la mia Ballone Burine total black straordinaria, strumento che mi accompagna in tutti i miei concerti, ho pensato a lungo quale scegliere e quale storia raccontare, ma non ci sono riuscito, sinceramente le sento tutte importanti, tutte legate a me da un filo invisibile ma molto forte. Piuttosto ti racconto la storia di un mandolino a cui sono legatissimo appartenuto a Pietro Salerno (Piana degli Albanesi, 1929 – Piana degli Albanesi, 2004), musicante di Piana degli Albanesi. Pietro Salerno era una figura molto particolare, artista molto eccentrico e singolare, amava vestirsi di scialli e plaid al posto dei tradizionali vestiti che noi tutti indossiamo. Aveva studiato latino e greco, era stato insegnante a scuola per un periodo della sua vita, poi aveva fatto il Capostazione per le Ferrovie Italiane e si dilettava a suonare la chitarra ed il mandolino e soprattutto in quest’ultimo, era un esecutore straordinario ed appassionato. Da piccolino, quando suonavo con il gruppo dei Menestrelli di Piana, nome che si era dato ai musicanti del luogo, ricordo che Pietro, mentre suonava, spesso piangeva per l’emozione. Chissà cosa gli passava per la sua testa in quello sguardo che si perdeva all’orizzonte. Negli ultimi anni della sua vita, aveva deciso di non suonare più e così un pomeriggio, mi diede appuntamento nel bar della piazza centrale e mi regalò il suo prezioso mandolino. Il ricordo di questo dono, di questo passaggio di consegne ideale, è qualcosa che mi fa emozionare sempre e che ho voluto raccontarti.

Milongón di Pierpaolo Petta

D: Tu e i direttori d’orchestra… 

R: Con il direttore d’orchestra si deve instaurare un rapporto di assoluta fiducia dal primo istante. Il direttore deve essere il ponte fra il solista e l’orchestra ed in questo senso è l’anello di unione fra le parti. Ho avuto la fortuna di essere diretto da maestri di grande esperienza seppure in alcuni casi molto giovani, da maestri che hanno un carisma molto spiccato e riescono a cogliere le sfumature della mia musica.

D: Tu e i tuoi bambini… 

R: Credo siano la musica più bella che io abbia mai scritto. Fino ad oggi non sono mai riuscito a dedicare loro una musica. Tanto è grande quello che provo per loro che quando penso di scrivere un brano per loro, vengo letteralmente risucchiato da un vortice e mi blocco. Cerco di dedicargli più tempo possibile anche se non è semplice essere sempre presente. Entrambi stanno studiando musica, violoncello e violino e dire che sono felice è riduttivo, ma spero di lasciarli sempre liberi di seguire le loro inclinazioni. Spero soltanto che qualsiasi cosa decidano di fare la facciano con assoluto impegno e tanto amore.

D: Riavvolgendo il nastro della tua vita avresti rifatto il musicista avresti suonato la fisarmonica?

R: Non lo so, non è facile sapere quale binario avrei percorso. So solo che qualsiasi cosa faccio, riesco a farla con grande amore. Una cosa la so con certezza. La fisarmonica mi ha dato la possibilità di girare il mondo e quello che ritengo ancora più importante, mi ha dato la possibilità di conoscere tantissime persone. Conoscere e potersi confrontare con molte persone credo sia la ricchezza più grande che possa esistere. Confrontarmi con il prossimo è qualcosa che mi fa crescere continuamente.

D: Se potessi parlare alla tua fisarmonica, quali segreti le sveleresti? 

R: Ti dico la verità, con la mia fisarmonica ci parlo regolarmente. Capita spessissimo di dirle rieccoci quando la prendo dalla custodia o di dirle adesso riposati quando la ripongo nella custodia dopo un concerto. E lei mi risponde a modo suo, col suo modo di suonare che non è sempre lo stesso. Ci sono giorni in cui il suo suono mi sembra rotondo ed altri in cui mi sembra spigolosissimo. Giorni in cui mi piace come la sto suonando e giorni no. Forse una cosa che non le ho mai detto è grazie, grazie per quello che mi ha fatto diventare e grazie per le emozioni che riesco a trasmettere al pubblico grazie proprio a lei.

D: Le musiche dei barbieri in Sicilia e a Piana degli albanesi… 

R: Hanno segnato la mia infanzia e fanno parte del mio bagaglio. Sono state un grande impulso e mi hanno fatto scoprire il vero amore per la musica, suonare per amore di farlo. Ero poco più che ragazzo e tantissime volte ho suonato con loro fino all’alba facendo serenate in giro per il paese. Devo dire che ho avuto la fortuna di conoscere e far parte di una realtà meravigliosa, ed ho pubblicato il libro “La musica popolare di Piana degli Albanesi” proprio per rendere omaggio a questi personaggi straordinari. Il repertorio è fatto di Valzer, Mazurche, Polche, Tanghi, Tarantelle e Fox Trot mi ha dato la capacità di destreggiarmi con disinvoltura nelle più disparate tonalità musicali e la conoscenza dei rapporti dei gradi armonici. In più, la possibilità di sviluppare a dismisura l’orecchio musicale e conoscere un repertorio vastissimo di brani musicali. Quando ci chiedevano quanti brani avessimo in repertorio rispondevamo che con la giusta ricompensa avremmo potuto suonare per giorni interi a memoria e senza ripetere mai due volte lo stesso brano.

D: E’ vero che i fisarmonicisti sono considerati benefattori dell’umanità?

R: Dove c’è una fisarmonica c’è festa. In questo senso assolutamente si, i fisarmonicisti creano subito un ambiente sereno ed allegro. Ricordo con grande gioia quando suonavo alle serate di carnevale e vedevo le persone ballare allegramente. Nei veglioni si suonava senza sosta fino all’alba, arrivavi alla fine della serata sfinito, ma felice di avere reso le persone soddisfatte. Mi piace menzionare quello che ha raccontato Hermeto Pascoal in un’intervista. La grande responsabilità che ricopre il fisarmonicista quando suona per far divertire le persone. Raccontava il musicista brasiliano: “…stavo suonando da una giornata intera ed ero sfinito. Quando mi fermai pensando che la serata poteva concludersi, venne un omone che, con un coltello mi tagliò la fisarmonica in due. Evidentemente voleva ancora ballare…”.

D: Chi salverà il mondo: la bellezza, la musica, il cinema o la letteratura? 

R: Il mondo è meraviglioso e noi purtroppo facciamo di tutto per farlo apparire diverso. Il compito della musica come quello di tutte le arti è quello di migliorarlo e di donare bellezza. L’arte riesce a portare fuori tutto il bene del cuore.

D: Qual è la città che ti ha regalato maggiori emozioni nei tuoi concerti in giro per il mondo? 

R: Devo dire che ho incontrato tante persone speciali nei miei interminabili giri e questo è avvenuto nei posti più diversi. Non è facile scegliere un luogo rispetto ad un altro per il semplice fatto che in tutti i posti dove ho suonato, sono sempre capitate delle cose che hanno reso magica l’esperienza. Che sia stata New York o il minuscolo paese di provincia, porto nel cuore tante emozioni straordinarie.

D: Ti ho visto suonare al carcere dell’Ucciardone in un Natale di alcuni anni fa, tra i detenuti… 

R: Devo dire che suonare dentro il carcere è stata l’esperienza più forte di tutte. Mi è capitato tante volte e poter regalare momenti di spensieratezza in un luogo di dolore è qualcosa di importante ed emozionante. Ho impresso nella mente la prima volta che mi è arrivata la richiesta di tenere un concerto dentro un carcere. Appena ho realizzato il concerto mi è venuta una sensazione strana, un pugno nello stomaco che mi ha fatto mancare l’aria. Devo dire che sono esperienze forti che ti danno tanto dal punto di vista umano. Poter regalare un attimo di libertà, seppur mentale, è una sensazione veramente bella. Mi piace ricordare anche la prima volta che tenni un concerto nel carcere minorile del Malaspina. Mi chiedevo cosa potessi suonare per attirare l’attenzione dei ragazzi, cosa potessi eseguire per catturare anche per pochi istanti il loro interesse. Ricordo che chiusi gli occhi ed iniziai a suonare un brano di Astor Piazzolla, ma lo feci così per istinto. Dopo un poco aprii gli occhi e mi accorsi che i ragazzi erano completamente attratti dalla musica e avevano gli occhi lucidi e trasognanti. Fu così per tutto il concerto. Mi dissero che non avevano mai ascoltato qualcosa di così bello. Alla fine mi riempirono di domande e di complimenti. Credo sia stata una delle esperienze più belle della mia vita in luoghi lontani dal normale palcoscenico.

D: Cosa pensi dello stile musette della fisarmonica? 

R: Ho ascoltato tanta musica francese e sono stato sempre affascinato da alcune canzoni che rappresentano la storia stessa della fisarmonica. Ricordo, che studiando meglio alcuni brani di Edith Piaf, rimasi folgorato dal suono e dal fraseggio del grande Marcel Azzola che è uno dei maggiori esponenti della fisarmonica francese. In generale se si parla di Francia viene subito in mente la fisarmonica e i suoi valzer musette. In questo c’è da fare un grosso plauso alla cultura francese che è riuscita ad esprimersi al meglio ed a far diventare un genere, bandiera nazionale. In questa maniera credo che la fisarmonica si esprima nel migliore dei modi e quando il musette diventa Jazz in quello che è diventato il New Musette, credo che il suono della fisarmonica sia qualcosa di insostituibile.

D: C’è qualcosa che non hai mai realizzato e vorresti che si avverasse? 

R: Ho ascoltato le mie musiche protagoniste i tanti concerti, sottofondo in altre occasioni, dal teatro alla televisione. Beh vorrei un giorno sentirle colonna sonora in un film.

D: Cosa ti aspetti dal 2025, quali sono i tuoi progetti per il futuro? 

R: Già dall’inizio si è presentato come un anno di grande cambiamento. Ci sono tanti progetti e tanti sogni in cassetto ed in cantiere, ma dei progetti futuri preferisco parlarne molto in sordina, meglio commentare le cose che già si sono fatte. Di sicuro non mancherà l’entusiasmo e l’amore in tutte le cose che faccio.

Biografia 

Pierpaolo Petta è un fisarmonicista e compositore italiano di origini arbëreshe ed è nato a Palermo nel 1978. Vive tra la città di Piana degli Albanesi e la città di Palermo alle quali è fortemente legato. Si diploma al Conservatorio V. Bellini di Palermo in Contrabbasso e Musica Jazz con il massimo dei voti e consegue anche i compimenti di Composizione. Si appassiona alla fisarmonica da giovanissimo e tiene corsi di perfezionamento Jazz con Frank Marocco, chiamato il Charlie Parker della fisarmonica. È leader di progetti che vanno dal Solo ai gruppi, con i quali ha svolto innumerevoli concerti in diversi paesi del mondo. Si è esibito in palcoscenici quali il Teatro antico di Taormina, il Teatro Massimo di Palermo, il Teatro Politeama di Palermo, il Teatro Comunale di Bologna, in Albania, America, Germania, Israele, Macedonia, Malta, Romania.  Ha collaborato con importanti artisti della scena nazionale ed internazionale. Ne citiamo alcuni: Nicola Piovani, Antonella Ruggiero, Inva Mula, Olen Cesari, Franco Scaldati, Sergio Vespertino, Gabriele Coen, Paolo Romano ShaOne. Ha all’attivo numerose produzioni discografiche sia da leader che da side, ed ha pubblicato due testi: La Fisarmonica nel Jazz e La musica popolare di Piana degli Albanesi.

Di Maurizio Piscopo

Giuseppe Maurizio Piscopo (Favara 1953), maestro elementare, compositore e musicista, ha collaborato con Radio Rai Sicilia e attualmente scrive per diverse testate, tra le quali Ripost, Sicilia ON Press e Malgrado tutto. Ha pubblicato, tra gli altri, Musica dai saloni (Casa Museo Palazzolo Acreide, 2008), Merica Merica. Viaggio verso il nuovo mondo, con Salvatore Ferlita e le foto di Angelo Pitrone (Salvatore Sciascia Editore, 2015), Le avventure di Lino Panno (Qanat Edizioni, 2017), La maestra portava carbone, con Salvatore Ferlita (Torri del Vento, 2018), Il vecchio che rubava i bambini (Aulino Editore, 2019), finalista al Premio Racalmare, Raccontare Sciascia, con Angelo Campanella (Navarra Editore, 2021), Vitti ’na crozza. La storia e la musica dei fratelli Li Causi, con Antonio Zarcone (Lilit Books, 2021). Nel 2022 ha ricevuto il premio “Un Maestro per la vita”.