di SIMONA ZETA
Silvia era un’eroina. Era questo che pensava tra sé e sé mentre era seduta sulla poltrona di una carrozza di seconda classe.
Si sentiva tale poiché affrontava tutti i giorni le sue difficoltà. Tutti i santissimi giorni! E lo faceva da sola, anche se lei la “compagnia” ce l’aveva. Giurò amore ad un uomo che la conquistò con la sua semplicità, le sue attenzioni, ma quell’uomo ad un tratto cessò di esistere. Forse non era mai esistito, o forse furono complici il passare degli anni che, dicono, portino i rapporti alla monotonia se non si è bravi. Forse loro non lo erano stati.
Ma Silvia sentiva tanta rabbia dentro perché in quegli anni fece di tutto per salvare quel rapporto, ma anche lì si trovò da sola a percorrere una strada a senso unico. Si sentiva una fallita, si vedeva imprigionata in una vita che non le apparteneva.
«Scusa, il posto è occupato?», chiese un ragazzo indicando la poltrona accanto a lei, interrompendo bruscamente i suoi pensieri.
«Eh? Quale posto? Ah, sì! Il posto è libero!», rispose Silvia come svegliata da un sogno… o da un incubo.
«Ah, bene! Allora mi accomodo, se non ti dispiace! Mi presento, sono Lorenzo!».
Lorenzo aveva uno di quei volti “accoglienti”, di quei visi che ti fanno sentire a casa, che ti sembra di conoscere da sempre. Quei sorrisi gentili abbatterono istantaneamente la corazza di Silvia, facendole abbandonare immediatamente i cattivi pensieri e l’ansia.
«S-Silvia, mi chiamo Silvia!», balbettò. I due, sorridendo, si strinsero la mano.
Silvia guardava il paesaggio che scorreva dal finestrino. A un tratto apparve un signore, sembrava ubriaco. Con goffaggine e presunzione si sedette in una di quelle poltrone, come se quel posto gli appartenesse. Blaterava qualcosa sulla crudeltà della vita. Minacciava di volerla fare finita. Lorenzo osservava in silenzio, Silvia invece non ci pensò due volte, ed intervenne.
«Perché vuoi farla finita?»
«Perché non dovrei? Tutti i giorni a lavorare per una miseria, mia moglie che mi ha cacciato di casa, mio figlio che non mi parla più! La vita fa schifo!».
«Amico mio, la vita è fatta di ostacoli da superare. Dobbiamo essere grati per quello che abbiamo e conquistarci quello che vogliamo! Hai mai detto alla tua famiglia che la ami?»
«Io… Non credo…»
«E come fanno a sapere quanto sono importanti per te se tu non glielo dici?»
«Io… Ma tu chi sei? Cosa ne sai di me?!», si difese l’uomo sentendosi toccare nel profondo.
«Assolutamente nulla – sorrise Silvia – ma credo che è così che dovrebbero andare le cose!».
L’uomo andò via farfugliando qualcosa che loro non riuscirono a capire. Silvia e Lorenzo si scambiarono uno sguardo di complicità e scoppiarono a ridere. Poi si guardarono negli occhi, lo sguardo di Lorenzo cambiò, era amorevole e pieno di ammirazione:
«Ho visto cosa hai fatto!»
«Quando?», replicò Silvia.
«Ora! Hai cercato di aiutare quell’uomo! E lo hai fatto per il piacere di farlo! In casi come questi penso che ancora esista del buono in questo mondo marcio!».
Silvia arrossì e abbassò lo sguardo, si sentì denudata da quell’estraneo che sembrava riuscire a vedere oltre quella corazza da dura che si era costruita negli anni.
Iniziarono a parlare, a raccontarsi. Aprirono il loro cuore l’uno all’altra, mostrando le proprie paure, le proprie debolezze. Spesso l’uno completava le frasi all’altra. Più Lorenzo parlava e più Silvia veniva rapita da quello straniero che forse aveva conosciuto in una vita passata.
«Lo bacio! Che me ne importa?», disse tra sé.
Silvia era una “pura”, benché fosse una persona molto passionale, non ha mai concepito i tradimenti, così ha sempre evitato di trovarsi in situazioni in cui avrebbe dovuto mettere un “freno a mano”.
Ma quell’incontro non lo aveva programmato! Iniziò a pensare alla sua esistenza che non la soddisfaceva più, pensava al suo compagno di vita che aveva messo tutti i mezzi per retrocedere a “compagno di casa”. Ma sentiva ancora di voler vivere un’emozione, un attimo che sarebbe valso un’eternità!
«Cos’è l’immortalità per te? – esordì Silvia con fare deciso – Per me è vivere un’emozione che ti porterai per tutta la vita! E’ regalare qualcosa di te a qualcuno, e se dopo anni pensando a me ti verrà un sorriso, beh… mi avrai reso immortale!».
Lorenzo la guardò colpito, sembrava quasi che lei conoscesse bene i suoi pensieri. Amava la sua passionalità e la sua purezza che trapelava da quei suoi occhi scuri e profondi. A tratti si sentiva quasi risucchiato da essi. La trovava bella e sensuale mentre parlava con quel fare deciso, ma anche tenera e buffa nella sua spontaneità. Ma ancora di più si sentì spiazzato da quella sua bellezza interiore che esplodeva con prepotenza, suo malgrado.
«Sai… – continuò Silvia abbassando lo sguardo – io non sto più bene con il mio compagno. E’ una brava persona, ma credo che non voglia più stare con me…».
Lorenzo la guardò con tenerezza e la lasciò continuare.
«Non ho mai tradito, ma non per convenzione. Si dice “non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te”, così io non lo faccio. Però mi pongo un quesito: per antonomasia tradire è scorretto, ma in questo caso cosa lo è davvero, tradire e vivere un’emozione che potrebbe salvarti la vita o non tradire per rispettare chi non ti rispetta e continuare a morire lentamente?».
Silvia alzò lo sguardo di botto verso Lorenzo, il quale rimase a guardarla senza dire una parola. «Rispondimi!», ordinò disperata.
«Il tuo cuore, Silvia… Ascolta il tuo cuore», disse Lorenzo indicandole il petto. Il finestrino era abbassato, il vento scompigliava i capelli che fuoriuscivano dal berretto di Silvia.
C’era freddo in quel pomeriggio d’autunno, ma lei sentiva caldo. Tra poco sarebbe arrivata alla sua fermata, non avrebbe avuto molto tempo. Si chiedeva se era il caso di scendere o no da quel “treno”, se quella fosse davvero “la sua fermata”. Lei rimase ancora un po’ a guardarlo senza dire una parola, mentre il suo volto era illuminato dalle luci della città.
Lo guardava e gli sorrideva. «Quanto sei bella quando sorridi», si lasciò scappare Lorenzo senza staccarle gli occhi da quel viso che avrebbe voluto imprimere nella mente. Ecco che in lontananza iniziarono a intravedersi le luci della stazione. Era la sua fermata, tra poco Silvia avrebbe rimesso “i piedi per terra”.
Ecco che sentì un tuffo al cuore, non avrebbe avuto più altro tempo, prendere o lasciare! «Oh, credo che sia la tua fermata! Incredibile, non mi ero accorto del tempo che è passato! Ti accompagno alla porta», esordì Lorenzo.
Silvia annuì come un condannato a morte che sa di dover andare al patibolo. I ragazzi lasciarono quello scompartimento che ospitò tutti i loro segreti e le loro risate. Il treno si fermò, Lorenzo le diede un bacio in guancia: «E’ meglio che vada…» disse con lo sguardo pieno di malinconia.
Silvia non riuscì più a controllare le sue emozioni, così esplose: «Aspetta! – disse trattenendolo da un braccio – Io non lo so cos’è giusto o no, so solo di voler vivere un attimo che valga un’eternità!», fece un passo verso di lui, si mise in punta di piedi, prese nelle sue mani il viso di quello sconosciuto che forse conosceva bene, chiuse gli occhi e gli rubò un bacio!
Le porte del treno si aprirono, lei scappò via, e col cuore in gola, si girò verso di lui e disse sorridendo: «Ciao straniero! Oggi ti ho reso immortale!».
E finalmente, dopo anni, Silvia risentì la vita.
SIMONA ZETA nasce a Catania, terra di Bellini e altri grandi artisti come Franco Battiato. La passione per la scrittura l’accompagna sin da quando era solo una bambina, sin da allora, infatti, si dilettava a scrivere pensieri e poesie. Dall’anima un po’ dannata e turbolenta, ha sempre usato la scrittura per dare sfogo alle sue emozioni, la penna le permette di dare “voce” ai suoi sentimenti. Proprio per questo motivo scriverà e pubblicherà “Ritrovarmi” edito da Bonfirraro Editore, un romanzo dai tratti autobiografici che le permetterà di mettere nero su bianco tutte le sue battaglie, vittorie e sconfitte.