RiPOST. Intervista di Maurizio Piscopo
Ho conosciuto Margherita Rimi al Museo Archeologico di Agrigento nel giorno del mio compleanno, per la presentazione del libro di Salvatore Ferlita “Se non diventerete come bambini”. Aver conosciuta la dottoressa Rimi lo considero uno degli incontri più belli del 2023.
Della dottoressa mi avevano parlato con entusiasmo Antonio Patti e Salvatore Indelicato. Ascoltare la sua voce, la sua competenza e l’amore per i bambini è una grande lezione di vita un incoraggiamento a continuare in questo mondo difficile e talvolta crudele soprattutto con i bambini. Il poeta Giovanni Pascoli ci aveva abituati che dentro di noi si accampa un fanciullino. Eppure l’infanzia è un terremoto e i bambini pagano un prezzo altissimo per le cattiverie e agli errori degli adulti.
Mi ha colpito molto una frase di Margherita Rimi “parlare con i bambini è un’arte”! Nelle poesie e negli scritti della Rimi ho trovato tanto dolore e tanta partecipazione. Desidero iniziare questa intervista con due poesie dell’autrice che porterò sempre con me: “Come si cresce” e “Il Dio dei bambini”.
Come si cresce
Mia madre portava la salvia nella borsa
le preghiere del Rosario
– Non lasciate troppo liberi i bambini
si possono fare male –
Come si cresce per diventare grandi?
La misura si segna sul muro
le ferite sulle ginocchia
la storia su questo quaderno.
Il Dio dei bambini
Dicono che esiste un Dio dei bambini
Sono sicura che esiste.
Il Dio dei bambini
che non cancella le loro parole
che non dice che sono
bugie:
I
Sono arrivati hanno ucciso mio padre
e mia madre
hanno portato via mia sorella
Hanno bruciato tutte le case
Sono arrivati
hanno tolto i bambini alle madri
II
-Perché siete andati nelle case
dei bambini
Perché avete appoggiato i gomiti sul pane
Perché avete abbandonato le leggi
delle madri
Avete fatto il male
Più che avete potuto-
III
Dio dei bambini se esisti ti racconto una storia
la più brutta storia
Di quello che ho visto
posso farti un disegno
Di quello che hanno fatto i grandi
Una bambola che parla
Sono stata venduta ai bordelli
bambina
senza il mio nome
Bambina
senza più il mio nome.
Nel preziosissimo libro “Il popolo dei bambini” (Marietti), Margherita Rimi scrive: “Il mondo dei bambini è da conoscere meglio, da imparare. Gli adulti non riescono a riconoscere la delicatezza, la ricchezza di questo mondo nel quale occorre entrare in punta di piedi”. Questo libro è un viaggio nella medicina, nella letteratura, nei sentimenti in un mondo a misura di bambino. Da consigliare nelle scuole di ogni ordine e grado e soprattutto a tutte le maestre. Ma andiamo a conoscere Margherita Rimi da vicino.
RiPOST. Margherita Rimi. Intervista di Maurizio Piscopo
D: Che cos’è la “civiltà dell’infanzia”, qual è il suo segreto più grande?
R: La civiltà dell’infanzia è un’acquisizione della nostra cultura e rappresentata da tutto quello che l’adulto ha costruito per i piccoli, dall’istruzione alla medicina pediatrica, dalla psicologia dell’infanzia ai Tribunali per i Minorenni, alla letteratura, alle biblioteche, alle leggi per la tutela dei minori. Dunque comprende tutte le iniziative promosse nel contesto familiare e sociale, sanitario, e anche nel campo politico e legislativo, culturale ed educativo, e che pongono una speciale attenzione al bambino e ne favoriscono al meglio la tutela, il rispetto, lo sviluppo della personalità. Non sempre, però, quello che è stato creato e pensato dagli adulti per i bambini è stato utile a loro: pensiamo ad alcuni modelli educativi che non hanno fatto il bene dei bambini, anzi hanno causato danni. Perciò noi abbiamo introdotto il concetto di “civiltà dei bambini”. Per “civiltà dei bambini” intendiamo tutto quelle peculiarità di cui essi sono portatori: il gioco, il patrimonio di linguaggio/lingua, di pensiero, di corpo, di disegni e scritti vari nei loro straordinari sviluppi, ma anche nelle malattie. I piccoli sono dunque portatori di una civiltà che noi dobbiamo comprendere meglio e non interpretare con i nostri modelli di adulti. È da loro, dalle loro specifiche peculiarità, che bisogna partire per conoscerli meglio, per conoscere meglio il loro mondo e agire nel creare condizioni che sempre più si confacciano ai loro bisogni, alla loro tutela, al loro stesso essere al mondo. Dobbiamo pensare, immaginare e costruire non solo per loro, ma soprattutto con loro.
D: I bambini richiamano la primavera, senza di loro l’umanità si estinguerebbe. Loro rappresentano la potenzialità, l’utopia del cambiamento.
R: Bambini e bambine richiamano la primavera perché rappresentano la fioritura di una nuova vita nata dall’amore; sono anche il segno del rinnovamento delle generazioni future e il prosieguo della vita stessa. Sulla loro vita si immagina e si progetta il futuro di ogni famiglia, la continuazione della società umana. Sono il sogno, l’utopia di un futuro migliore, se noi sapremo riconoscerli.
D: Lei ha scritto che i bambini sono: “Il popolo del gioco perché il gioco è l’emblema dell’identità dei piccoli”.
R: Tutti i bambini del mondo giocano. Il gioco è un’attitudine connaturata e identitaria del bambino. Bambine e bambini di nazionalità diversa, se si incontrano, sanno stare insieme giocando, facendo a meno anche della lingua parlata. Il gioco è un’attività incantatrice e anche in parte misteriosa, soprattutto per la scienza, è una vera e propria specifica caratteristica identificabile dei piccoli. Il gioco è per loro una vera e propria “lingua universale” non verbale. Nessun adulto è capace di giocare come giocano i bambini. Attraverso il gioco, il popolo dei bambini è capace di portare una carica umana innovativa, di impulso alla libertà, un potenziale di creatività e fantasia, di domande, una forza di pensiero e affettività, di sensibilità unica, e divergente da quella degli adulti. Il gioco è una forma di arte. Il personaggio di Pinocchio incarna questa vitalità di bambini e bambine di ogni tempo. Winnicott nel suo libro Gioco e realtà (Armando editore, 2006) afferma che la psicoanalisi deve tanto ai bambini proprio per il gioco che sono capaci di creare e ricreare. Se noi adulti riuscissimo a conservare lo spirito e la sapienza del gioco infantile e la fede nel bambino o nella bambina che siamo stati, questo potrebbe trasformarci in donne e uomini più sensibili e creativi, liberi, e più autentici. Capaci di provare meraviglia e stupore di fronte alle cose della vita. E la società migliorerebbe in tutti i suoi aspetti.
D: “Un tempo gli alberi avevano gli occhi”.
R: “Un tempo gli alberi avevano occhi” (Donzelli, 2004) è il titolo di un libro di poesie di Ana Blandiana, poetessa rumena, tratto da una delle sue poesie. Mi ha colpito perché ha saputo rendere lo sguardo giocoso e immaginativo dei bambini: gli alberi con gli occhi, alberi che guardano, quello che succede nel bosco che il bambino vede e che l’adulto non riesce più a vedere. Stupore e fantasia. Quando l’ho letta ho pensato ai bambini e alle bambine che seguo nel servizio di Neuropsichiatria infantile e che disegnano cose dove, nella realtà, per noi adulti non si trovano, che assegnano e associano parole ricreando il mondo con la loro visione fantastica. Questa è una peculiarità dei piccoli. E noi spesso, invece di entrare nel loro mondo, e partecipare al loro gioco fantasioso, li correggiamo. Pensiamo che sia un’alterazione della realtà invece è la loro realtà, la loro creazione, il loro gioco. Bambine e bambini ci ricordano che il pensiero è anche una facoltà immaginativa e non solo logica.
D: È ancora attuale il pensiero di Maria Montessori? Perché il suo pensiero non è stato valorizzato pienamente dalla scuola pubblica?
Il pensiero di Maria Montessori è attuale, lo dimostrano le numerose scuole ispirate al suo metodo e sparse in tutto il mondo. Negli ultimi anni sono stati pubblicati anche diversi libri sia sulla sua vita, sia sul suo metodo educativo e didattico. In effetti le sono state rivolte delle critiche, talvolta anche strumentali, a mio parere. Ma il suo pensiero è molto complesso, ricco di suggerimenti e i suoi metodi, descritti con grande semplicità e chiarezza nei suoi libri, sono stati attuati nelle Case dei bambini da lei stessa ideate. L’importanza della Montessori sta nell’avere pensato al bambino come una creatura compiuta che possiede in sé stessa tutto il potenziale per svilupparsi e divenire un essere umano adulto. È necessario, però, accompagnarlo in questo processo con una metodologia didattico-pedagogica nuova. Nella sua Casa dei bambini la Montessori attuò proprio una pedagogia che lasciava libero il bambino di agire e operare in un contesto ben strutturato con materiali specifici: la mobilia a sua misura, materiale didattico-educativo specifico per promuovere l’esperienza sensoriale, la manipolazione, il movimento e l’apprendimento. Tutto ciò favorisce la libertà dei piccoli e l’espressione di tutte le loro migliori energie: «Aiutami a farlo da solo», così scrive nel libro Il segreto dell’infanzia (Garzanti, 1992). In questa frase vi è la sintesi della relazione tra il bambino e la maestra. L’insegnante, grazie alla Montessori, assume un ruolo nuovo: seguire il bambino con rispetto e senza le costrizioni della vecchia pedagogia.
In effetti l’Italia dovrebbe fare ancora di più per questa grande donna e scienziata, sia nelle università che nelle scuole.
D: Quando si incontreranno i grandi con il popolo dei bambini, come dovrebbe svilupparsi la civiltà dell’infanzia, quante cose potrebbero apprendere gli adulti se solo ascoltassero i bambini?
R: A bambine e bambini si devono rispetto, attenzioni e cure, per l’umanità delicata e speciale che rappresentano e per la civiltà di cui sono portatori. Bisogna comprenderli non solo con la mente ma soprattutto con il cuore. Invece l’incontro dell’adulto con il bambino è troppo spesso caratterizzato dalla tendenza a sopraffarlo, a condizionarlo e squalificalo. Alcuni genitori tendono ad imporsi anche a torto con i propri figli, oppure ad accontentarli in modo eccessivo e diseducativo. L’idea distorta che ancora permane è quella che il bambino debba essere “corretto” per diventare grande o, al contrario, che si debba lasciare libero tanto da concedergli tutto. Questo è il disconoscimento dell’infanzia. È necessario, invece, comprendere che bambini e bambine abitano un corpo che è diverso da quello dell’adulto; sono abitati da uno spirito di conoscenza, di fantasia e movimento, di stupore per il mondo. Hanno una grande fiducia e dipendenza dall’adulto. Ascoltare le loro parole, la loro lingua, osservare i loro comportamenti, i giochi, i disegni ci porta in un mondo unico e ricco di sentimenti, di pensiero e fantasia, di particolare sensibilità e delicatezza. Questo potrebbe essere un luogo d’incontro. A volte si resta stupiti per le loro domande dirette e disarmanti o per le loro riflessioni che ci mettono in difficoltà e che talvolta assumono un vero e proprio significato filosofico. Così come per i loro artistici e delicati disegni dove portano parte del loro mondo, fatto anche di paure e dolore. Parlare con i bambini è un’arte.
D: Il popolo dei bambini è stato il più oppresso e perseguitato dell’umanità. Cosa hanno lasciato i bambini vittime innocenti della follia dell’Olocausto? Ad Auschwitz qualcuno ha scritto : “Qui non ci sono i bambini”, ma i bambini c’erano.
R: La storia dell’infanzia è piena di violenza. Il popolo dei bambini è stato il popolo più perseguitato, quello più maltrattato e torturato nella storia dell’umanità, quello che ha subito e subisce ancora oggi violenze e crimini di ogni genere in molti Paesi e, per certi aspetti, anche in tutto l’Occidente, nonostante la tutela di tante nuove leggi. Crimini del passato e del presente, pensiamo all’Olocausto, ai bambini kamikaze, utilizzati in azioni terroristiche come bombe umane, alla prostituzione minorile, alle spose bambine, ai bambini soldato. Si pensi ai regimi del passato e del presente sotto i quali tanti bambini vengono addestrati ed esposti, sin da piccoli, alla violenza e all’odio, “educati” esclusivamente con le armi. Questo rappresenta la distruttività e la disumanizzazione del bambino, da parte degli adulti, un violento sradicamento di tutte le peculiarità dell’infanzia. Una dissacrazione. Bambini e bambine: un popolo emblema e monito di tutta la sofferenza dell’umanità, della spietata crudeltà dell’essere umano. Del male.
D: Chi sono i bambini per lei, quali problemi hanno? Sono felici i bambini di oggi?
R: I bambini sono creature belle, leali. Come i bambini di ogni tempo hanno le loro difficoltà, le loro gioie e tristezze: crescere implica anche una fatica, paure, dolore da affrontare. Gli adulti devono accompagnarli nella loro crescita comprendendo i loro bisogni, prendendosi cura di loro sul piano fisico, affettivo ed educativo. E per fare ciò occorre dedicare loro del tempo, e sapere che cos’è un bambino. Ma alcune famiglie non sono adeguatamente preparate a questo: alcune vanno di fretta per gli impegni di lavoro, altre sono in una condizione di svantaggio sociale e culturale, altre ancora economico. Il sistema del mercato e l’iper-capitalismo non tengono conto dei piccoli, se non come consumatori. La politica ha trascurato il problema educativo che negli ultimi anni sta assumendo dimensioni enormi. Il disagio adolescenziale esploso ne è un effetto. I bambini non devono essere lasciati “soli”: se affrontano il mondo con la sicurezza e la protezione degli adulti, ad iniziare dai genitori, possono divenire degli adulti migliori.
D: Che cosa non hanno capito gli adulti dei bambini? Una volta i bambini giocavano per le strada. Tutto questo era molto importante.
R: Il mondo degli adulti e il mondo dei bambini sono due mondi distinti, «due forme di vita assai diverse» addirittura in contrasto, sostiene Maria Montessori (Il segreto dell’infanzia, Garzanti, 1992). I bambini sono portati naturalmente al gioco, all’ immaginazione, all’ osservazione e alla scoperta di ciò che li circonda e a farsene un’idea, perciò fanno domande, vogliono fare esperienza; gli adulti è necessario che li accompagnino in questo processo di conoscenza. E noi adulti spesso li fermiamo, per paura che si facciano male, perché abbiamo poco tempo per seguirli, perché li vogliamo come li immaginiamo. Alcuni genitori a volte non guardano il bambino con occhi e mente libera, cercando cioè di capire chi è il loro figlio, chi è questa nuova creatura, quali attitudini sta sviluppando. Hanno un altro figlio nella loro mente, un figlio ideale, che non corrisponde al figlio reale. La conseguenza è che proiettano su di lui/lei come vorrebbero che fosse. Dall’altra parte il bambino sentirà di non essere accettato per quello che è, e si preoccuperà di accontentare i genitori, di farli felici. Ma lui perderà la capacità di sviluppare parti del proprio vero Sé, e acquisirà parti di un falso Sé, come scrive Winnicott in “Sviluppo affettivo e ambiente” (Armando, 1970). Se questo modello relazionale tra genitore e bambino è persistente e perseverante diviene il terreno per lo sviluppo di patologie psichiche anche gravi. I bambini che non giocano più per strada perdono tanto della loro capacità di giocare, di esplorare, di creare relazioni e di autonomia. Ma qui si pone un grande problema: gli spazi esterni nel tempo sono cambiati prevalentemente a misura dell’adulto e non a misura dei bambini, per i quali, questi ultimi, sono divenuti pericolosi e invivibili. È anche qui che i grandi non hanno capito i piccoli. Non hanno saputo progettare, nel cambiamento dell’architettura urbana, spazi che tengano conto di bambini e bambine. Della civiltà dei bambini. Qualcosa in più ha fatto la scuola, ma sempre poco.
D: In un residence della Palermo bene i condomini hanno cancellato gli spazi per i bambini scegliendo il posteggio delle auto.
R: Hanno fatto male. È un atto di sopraffazione e di mancanza di rispetto verso i piccoli. È un altro cattivo esempio degli adulti, che pensano a se stessi e mettono in secondo piano i bisogni dei bambini, come se giocare, per i bambini, sia un semplice vezzo o qualcosa di facoltativo o inutile. Invece il gioco, come ho già scritto sopra, è un’attività essenziale, vitale per la crescita, per lo sviluppo psico-fisico e relazionale. È una facoltà conoscitiva e immaginativa. Gli adulti in questo caso dimostrano la mancanza di sensibilità e di conoscenza del mondo dell’infanzia, di quella civiltà dei bambini di cui parliamo, chiusi nel loro mondo “adultocentrico”. Ma ciò pone anche un serio problema di riprogettazione architettonica degli spazi urbani.
D: È ancora attuale il libro di Pinocchio?
R: È un capolavoro straordinario e attualissimo, tra i più letti e amati nel mondo. Collodi ha voluto raccontare l’avventura dell’infanzia, la possibilità di vivere l’esperienza e la meraviglia della crescita di un bambino-burattino. Il bene e il male. Il burattino è la potenza della fantasia, della creatività, della curiosità, l’ingenua purezza del bambino, che impara a conoscere il mondo con tutti i rischi che esso comporta: come bruciarsi i piedi o finire tra i ladri, avere fame, paura o rischiare la morte. In quel burattino si concentrano le esperienze di tanti bambini, e si rispecchiano i tanti bambini del mondo. Pinocchio è l’infanzia e questa non può essere ingabbiata nel conformismo borghese, come dice Daniela Marcheschi (Il naso corto, EDB, 2016).
D: Dove nasce la violenza?
R: La violenza nasce dagli adulti. Si può costatare quanto la guerra, ancora oggi, sia presente nel mondo e quanti interessi ci siano dietro ogni conflitto, a iniziare dalla industria delle armi, e ai vari interessi economici e di sfruttamento degli esseri umani e del territorio. Nelle guerre i bambini pagano un prezzo alto, subiscono gravi danni fisici e psicologici. Poi vi è la violenza a scopo di sfruttamento e di profitto, come per esempio i bambini costretti a lavorare nelle miniere o nelle fabbriche, che mettono a rischio la loro integrità fisica e morale. E, ancora, lo sfruttamento di bambine e bambine a scopo sessuale. Sembrerebbe di parlare di crudeltà di altri tempi e invece sono fatti presenti, oggi, nel 2023.
D: Neil Postman ha ipotizzato la scomparsa dell’infanzia. Uccidendo l’infanzia si uccide tutta l’umanità?
R: Postman ipotizza la scomparsa dell’infanzia (“La scomparsa dell’infanzia. Ecologia delle età della vita”, Armando, 2005): sostiene, come già Gianni Rodari, che si stia sempre più accorciando la distanza tra adulti e bambini a causa dei nuovi mezzi di comunicazione di massa. Questi hanno favorito una commistione tra aspetti della vita dei piccoli e quella dei grandi. Gli adulti, uomini e donne, sempre più narcisisti e immaturi, e sempre meno propensi ad assumersi responsabilità; e i bambini sono sempre più spinti verso l’adultizzazione e una sessualizzazione precoce, con la perdita delle loro peculiarità infantili e l’acquisizione di caratteristiche pseudo-età adulta: la cancellazione dell’infanzia. Un «disastro sociale», secondo Postman.
D: “I bambini hanno una fiducia smisurata nei grandi e i grandi spesso la tradiscono, tradendo così una legge umana”: La civiltà dei bambini è travolta dalla ferocia degli adulti.
R: Sì, è proprio così, i piccoli per natura si fidano e sono leali con i genitori, e in genere con i grandi. Ci sono ferocia e violenza di una parte del mondo degli adulti, che si esprimono con lo sfruttamento, le guerre, la fame e malnutrizione, il profitto, i regimi. Questo in primis è un tradimento verso le bambine e bambini, verso il futuro. Tradiscono la civiltà dei bambini. Tradiscono anche se stessi. La civiltà umana.
D: Quali sono le conseguenze dell’abuso nei confronti di un bambino?
R: Gli abusi e i maltrattamenti sui bambini hanno conseguenze molto gravi. Creano danni, spesso irreparabili, allo sviluppo fisico e psichico. È stato anche dimostrato, da ultime ricerche scientifiche, che danneggiano il cervello dal punto di vista neurochimico, fisiologico e funzionale. Si stanno studiando anche i danni genetici, principalmente sui metameri. In particolare l’abuso sessuale è un atto criminale, è la causa di un trauma che lederà per sempre il bambino nel corpo e nella psiche. Ne scrivo nel mio libro di poesia “Le voci dei bambini” (Mursia, 2019). È un grave tradimento alla fiducia del bambino, è una violazione della sua integrità, della sua sacralità. Inoltre quel bambino divenuto adulto potrà avere disturbi psichici come depressione,nevrosi, psicosi o addirittura comportamenti suicidari; cadere nell’alcolismo e nella tossicodipendenza; avere anche problemi della sfera somatica e sessuale. Un’atra cosa che va detta e contro la quale bisogna combattere, è la pedofilia.
Esiste una ideologia pedofila, una perversa ideologia che promuove la normalizzazione dei rapporti sessuali tra adulti e bambini. Pensiero maligno e distorto, perché qualsiasi atto sessuale con un minore causa un danno. Qualsiasi atto sessuale con un minore è un crimine. Perciò se conosciamo meglio i bambini, la loro civiltà, saremo degli adulti più attenti e consapevoli.
La letteratura e l’arte, oltre che la scienza medica e psichiatrica, la pedagogia, la giurisprudenza, la politica, devono occuparsi di queste tematiche.
D: Ciaula prigioniero nelle grotte virtuali di internet è convinto che il mondo reale sia tutto lì. I bambini e le problematiche della rete?
R: È interessante il suo paragone tra le grotte della miniera e internet, tra Ciaula e un ragazzino di oggi che utilizza i vari strumenti digitali. Possiamo immaginare un Ciaula digitale? Sì, con un po’ di libertà interpretativa. La vita online e quella reale non è la stessa, così come quella dentro la miniera non è la stessa di quella che sta fuori di essa. Fuori c’è la scoperta di Ciaula della luna. Penso che l’uso di internet da parte dei bambini e degli adolescenti ponga un problema non solo tecnologico, ma anche pedagogico ed etico in tema di sicurezza in rete. Dalla cronaca abbiamo appreso tanti casi di minori che sono rimasti vittime di reati come il cyberbullismo e la pedopornografia, l’adescamento, per citare solo alcuni fenomeni di grave rischio; anche l’emulazione di giochi pericolosi ha causato tante vittime. Ci sono diverse misure oggi esistenti per proteggere i bambini che fruiscono della rete, tra questi il parental control , cioè un filtro per contenuti inappropriati. Gli esperti stanno cercando di perfezionare anche la normativa. Ma il ruolo dei genitori, della scuola, degli adulti è insostituibile, rispetto anche alle tecnologie. È il primo filtro che si interpone tra i minori e la rete. Ecco perché ho precisato sopra che vi è anche un problema pedagogico ed etico, e non solo tecnologico. È fondamentale il dialogo tra adulti e bambini, tra adulti e adolescenti, essi non vanno lasciati soli. Qui, è utile ribadire, che l’uso delle nuove tecnologie è utile ai piccoli se adeguato ai loro bisogni, può essere da stimolo per allargare le loro conoscenze. Ma, ritornando a Ciaula: l’esperienza del mondo reale va preservata.
D: Don Chisciotte alla fine è un romanzo sul gioco?
R: Possiamo paragonarlo in una forma estrema al gioco simbolico: riesce a dirci di una realtà alla quale Don Chisciotte non si conforma, legato com’è alla sua fede cavalleresca, agli ideali. Don Chisciottte è leale, animato dalla purezza d’animo, vuole aiutare i bisognosi. Potrebbe essere uno dei sogni dell’infanzia, giocato in letteratura.
D: Quali sono i suoi progetti per il futuro?
R. I progetti sono diversi, ma per realizzarli sono necessari ancora studio, disciplina e dedizione. A breve scadenza penso a un libro di poesia.
Biografia
Margherita Rimi poetessa, medico e neuropsichiatra infantile svolge da anni in Sicilia un’intensa attività per la cura e la tutela dell’infanzia e dell’adolescenza. Per il suo impegno civile e la sua opera poetica ha ricevuto nel 2017 il Premio Piersanti Mattarella e un riconoscimento da Unicef Italia nel 2016. Tra le sue pubblicazioni: “Era farsi, Autoantologia” 1974-2011 (Marsilio 2012), “Nomi di cosa- Nomi di persona” (Marsilio 2015), “La civiltà dei bambini. Undici poesie inedite e una intervista” (Libreria Ticinum 2015), “Una lingua non basta. Contributi su poesia e infanzia” (People&Humanities 2018), “Le voci dei bambini” (Mursia 2019); “Il popolo dei bambini” (Marietti1820, 2021).