Da RiPost Ritratti: registi del nostro tempo Maurizio Piscopo incontra Emma Cecala
Ho conosciuto Emma Cecala, (di cui ho sentito parlare ai Cantieri culturali della Zisa in un incontro sui nuovi Autori del Cinema in Sicilia, con Ivan Scinardo), al Palazzo del poeta di Rosa Di Stefano, per la presentazione del suo cortometraggio “Manco Morto” prodotto da Arancia Cinema. Confesso, che ci tenevo molto ad incontrarla e questa occasione non me la sono lasciata scappare. Durante la proiezione del cortometraggio il pubblico è stato molto attento ed ha gradito ogni scena, qualcuno alla fine chiesto a gran voce, rivediamolo un’altra volta…Emma ha molte passioni, il cinema, la lettura, i viaggi. Il suo autore preferito è Alessandro Baricco con Oceano mare. Ha diversi colori ma predilige il verde. Il regista che ama molto è Peppuccio Tornatore che spera di incontrare entro l’anno. Tra i film più amati della regista c’è la Scomparsa di Patò di Rocco Mortelliti, tratto da una splendida storia di Andrea Camilleri. Ma andiamo a conoscere Emma da vicino. Sono certo che sentiremo parlare di lei negli anni a venire …
D: Quando nasce la tua passione per il cinematografo?
R: Quella per il cinema è una passione innata e come tale è presente al di fuori di ogni acquisizione dell’esperienza. Non ho contezza di quando sia nata realmente, ma so che dentro me, l’amore per il cinema è sempre esistito.
D: Qual è il primo incontro con la Settima Arte, il primo film che hai visto al cinema?
R: La settima arte mi ha affascinata sin da bambina, quando vedevo mio padre guardare i film in bianco e nero, di Alberto Sordi e di Totò. Il primo film che ho visto al cinema è stato Titanic di James Cameron. Avevo 17 anni e finalmente mio padre (gelosissimo della primogenita) mi diede il permesso di poter uscire una sera per recarmi nel paese limitrofo, provvisto di sala cinematografica!
D: Cosa rappresenta il cinema nella tua vita?
R: Il cinema, più di ogni altra arte, ha la capacità e la responsabilità di riassumere nella sua forma espressiva una pluralità di altre forme artistiche: immagini, musica, narrazione, colore, suono. A queste si aggiungono il sentimento, la realtà e la fantasia. Per me, cinema vuol dire evasione da una realtà che mi delude e dove posso mettere tutta la fantasia e il sentimento che desidero.
D: Il tuo nome è Emma, come Emma Dante. Cosa pensi del cinema indipendente e di quello di Emma Dante in particolare?
R: Il cinema indipendente gioca un ruolo cruciale nell’offrire prospettive creative e storie uniche al di fuori dei canoni mainstream. Spesso caratterizzato da budget più limitati e una maggiore libertà artistica, il cinema indipendente consente ai registi di esplorare temi innovativi e di affrontare argomenti di nicchia. Questa diversità contribuisce in modo significativo all’arricchimento dell’industria cinematografica nel suo complesso, offrendo al pubblico una gamma più ampia di esperienze cinematografiche. Emma Dante è nota per il suo contributo al cinema indipendente. I suoi film spesso esplorano temi complessi legati alla società italiana contemporanea e sono apprezzati per l’approccio unico e audace. Io penso che gli stili di regia e narrazione di Emma Dante possono risultare complessi o impegnativi per alcuni spettatori. Alcuni potrebbero trovare il suo approccio artistico e narrativo più sperimentale e meno accessibile rispetto a certi canoni cinematografici più tradizionali. Tuttavia, queste opinioni sono soggettive, e ciò che alcuni possono percepire come negativo, altri potrebbero considerarlo una caratteristica distintiva e stimolante.
D: Chi sono i tuoi registi di riferimento?
R: Senza ombra di dubbio Pietro Germi e Giuseppe Tornatore. Il primo, genovese ma grande amante della Sicilia, il secondo siciliano doc. Entrambi sono riusciti a dare alla loro arte un valore universale e per me sono simbolo di intelligenza culturale e di creatività artistica.
D: Quanta Sicilia c’è nel tuo cinema?
R: Diceva Leonardo Sciascia, che “il cinema si interessa della Sicilia, perché la Sicilia è cinema”. Per me, il legame con la mia terra è imprescindibile e lo dimostro già in fase di scrittura, laddove utilizzo il nostro patrimonio linguistico e contestualmente immagino quali attori siciliani potrebbero personificare i personaggi che creo.
D: Il cortometraggio (non documentario) “Manco Morto” dura 15 minuti, risulta molto simpatico.
R: Il pubblico l’ha apprezzato molto, ottima fotografia, gli attori sono molto affiatati, sono tutti bravissimi comprese le comparse e la banda del paese. Spiccano Antonio Pandolfo che nella veste del parroco è insuperabile e Stefania Blandeburgo. Ci sono momenti in cui la mente mi ha fatto ritornare indietro nel tempo, ai film di Pietro Germi: Divorzio all’italiana e Sedotta e abbandonata…
Il reparto fotografia è stato gestito dal DOP Gero Cordaro con gli operatori di macchina Toni Giacalone e Gabriele Gumina, che con i mezzi modesti (da cinema indipendente) a loro disposizione, hanno davvero fatto miracoli! Gli attori professionisti Antonio Pandolfo, Stefania Blandeburgo, Giuseppe Battiloro ecc. sono tutti bravissimi, ma sicuramente è stata fondamentale la presenza delle figurazioni e comparse del luogo, tra cui alcuni membri della banda musicale “Giuseppe Verdi” di Ciminna (Pa), luogo dove sono avvenute interamente le riprese del cortometraggio. Pietro Germi è uno dei miei registi preferiti, e i suoi film che ritengo siano patrimonio dell’Umanità sono proprio “Divorzio all’Italiana” e “Sedotta e abbandonata” per cui è inevitabile averli presi a modello.
D: Quali difficoltà hai incontrato per girare il tuo cortometraggio?
R: Manco Morto è un’opera corale e la difficoltà maggiore è stata quella in un primo momento di reperire (considerato il basso budget) gli attori, le figurazioni e le comparse e poi aver dovuto dirigere tutta questa quantità di persone in soli tre giorni.
D: Quale importanza dai alla scrittura del film, alla musica e alla fotografia?
R: Alfred Hitchcock diceva che “per una buona riuscita di un film, sono importanti tre cose: la sceneggiatura, la sceneggiatura e la sceneggiatura”. Io penso che prima il soggetto e poi la sceneggiatura siano fondamentali. Le tecniche di ripresa si possono studiare e imparare con l’esperienza, ma saper scrivere una bella storia lo ritengo un compito più arduo. Relativamente la musica, anche questa, per me ha un ruolo fondamentale. Non nascondo di aver ascoltato durante la fase di scrittura alcune musiche di Morricone. Ho fortemente voluto in questo progetto una giovane compositrice siciliana Maria Chiara Casà, che ha fatto un lavoro eccellente e con la quale spero poter avere di nuovo la possibilità di collaborare.
D: Qual è la grandezza del film Il Gattopardo di Luchino Visconti?
R: La grandezza dell’opera “Il Gattopardo” di Luchino Visconti risiede nella sua profondità narrativa, la complessità dei personaggi e la maestria nella rappresentazione di temi universali come il cambiamento sociale e la caduta di vecchi ordini. È un capolavoro cinematografico che affronta in modo magistrale le sfumature della società e della storia italiana ma con un focus su quella siciliana, attraverso la storia della famiglia aristocratica dei Salina. Visconti rappresenta il conflitto tra tradizione e modernità, riflettendo sulle dinamiche sociali e politiche dell’epoca, ma sempre attuali !
D: Cosa pensi dei registi del neorealismo?
R: I registi del neorealismo italiano, come Vittorio De Sica, Roberto Rossellini e Cesare Zavattini, hanno contribuito in modo significativo alla storia del cinema. La loro enfasi sulla rappresentazione realistica della vita quotidiana, l’uso di attori non professionisti e la scelta di location autentiche hanno influenzato profondamente il cinema mondiale. Il neorealismo si distingue per il suo impegno sociale, la critica delle disuguaglianze e la rappresentazione sincera delle persone comuni. Considero il neorealismo una corrente cinematografica fondamentale che ha lasciato un impatto duraturo nella produzione cinematografica.
D: Quali sono i tuoi progetti per il futuro e quale sarà il tuo prossimo film?
R: Purtroppo (o per fortuna), ho delle “visioni” e da queste traggo i miei lavori. Dalla “visione” di una famiglia che cerca un defunto è nato QuarantacinqueQuindiciVentiquattro, dalla visione di un funerale, è nato Manco Morto. In entrambi i casi, non sapevo cosa si dicessero i personaggi, ma quelle visioni mi hanno ossessionato finchè non ho potuto costruire intorno a loro una storia. Anche adesso ho una visione, ma è ancora in una fase embrionale, per cui ancora troppo presto per parlarne!
Biografia di Emma Cecala
Nata a Caccamo (Palermo) classe 1980 si laurea in Discipline dell’Arte, della Musica e dello Spettacolo nel 2004 con il massimo dei voti. Nel 2020 frequenta un corso di regia cinematografica e matura esperienza sul set con Daniele Ciprì e diventa collaboratrice personale di Aurelio Grimaldi. Viene selezionata tra i dieci giovani talenti del sud Italia da formare nel campo della produzione cinematografica: progetto Creative Media Unione Europea. “QuarantacinqueQuindiciVentiquattro” è il suo primo cortometraggio. Nel cast Stefania Brandeburgo, Toti e Totino. “MancoMorto” il suo secondo lavoro prodotto da Arancia Cinema, vede la partecipazione di Antonio Pandolfo, Marco Manera, Stefania Blandeburgo.